Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21318 del 05/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 05/10/2020, (ud. 20/07/2020, dep. 05/10/2020), n.21318

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24512-2015 proposto da:

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO LUIGI ANTONELLI

10, presso lo studio dell’avvocato ANDREA COSTANZO, rappresentata e

difesa dall’avvocato MASSIMILIANO MARINELLI;

– ricorrente –

nonchè contro

S.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1408/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 08/10/2014, R.G.N. 474/2012.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Con sentenza n. 1408 depositata l’8.10.2014 la Corte di Appello di Messina, in riforma della pronuncia del Tribunale di Patti, ha accolto il ricorso proposto da S.S. nei confronti di Enel Distribuzione s.p.a. (anche quale mandataria di Enel s.p.a.) per il ricalcolo dell’indennità di anzianità maturata dal 16.5.1968 (data di assunzione) sino al 31.5.1982 (data di introduzione, in forza della L. n. 297 del 1982, del nuovo istituto del trattamento di fine rapporto), con conseguente condanna della società a considerare, nella base di computo della suddetta indennità, la prestazione lavorativa straordinaria resa in modo continuativo, l’indennità di guida, il premio di produzione;

2. la Corte ha respinto l’eccezione di inammissibilità della domanda sollevata dalla società sulla base di una transazione liberatoria sottoscritta dal S. in data 18.10.2000 (prima della risoluzione consensuale del rapporto intervenuta il 31.3.2001), rilevando che le espressioni riportate nella transazione erano di una tale genericità ed indeterminatezza che non consentivano di verificarne le modalità di computo e di ritenere intervenuta una valida rinuncia dei diritti pretesi e che il prospetto di calcolo dell’indennità di anzianità sottoscritto nel 1984 conteneva solamente l’importo globale spettante, nè poteva ritenersi intervenuta alcuna prescrizione a fronte dell’istanza conciliativa proposta entro il quinquennio decorrente dalla cessazione del rapporto di lavoro;

3. avverso tale sentenza la società Enel Distribuzione s.p.a. ha domandato la cassazione della sentenza per cinque motivi; il S. è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2943,2945 e 2948 c.c., artt. 115,410,410 bis e 412 c.p.c., la L. n. 297 del 1982, art. 2, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo, la Corte distrettuale, trascurato che il tentativo di conciliazione era stato inoltrato dal lavoratore solamente all’Ufficio provinciale del lavoro (e non al datore di lavoro) e dunque non era idoneo ad interrompere la prescrizione, che il prospetto di calcolo dell’indennità di anzianità sottoscritto nell’aprile 1984 dal S. conteneva le singole voci che avevano concorso a determinarne la base di calcolo, che, infine, la prescrizione doveva ritenersi decorrere in costanza del rapporto di lavoro a fronte della pacifica ammissibilità dell’azione di accertamento dell’entità del trattamento di fine rapporto maturato;

2. con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2113,1362 e 1365 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dovendo interpretarsi, la dichiarazione rilasciata dal lavoratore in data 18.10.2000 (rilasciata a seguito di una complessiva regolamentazione consensuale concernente la cessazione anticipata ed incentivata del rapporto di lavoro), quale atto abdicativo dei suoi diritti, emergendo dal tenore letterale della dichiarazione l’intento di rinunciare ad ulteriori liquidazioni dell’indennità di anzianità maturata sino al 31.5.1982;

3. con il terzo motivo si deduce omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo, la Corte distrettuale, omesso di pronunciarsi sull’eccezione di compensazione (di Euro 51.645,69) sollevata dalla società in relazione alla complessità dell’accordo transattivo stipulato tra le parti all’atto dell’esodo incentivato;

4. con il quarto motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo delta controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo, la Corte distrettuale, omesso di pronunciarsi sull’eccezione di assorbimento sollevata dalla società tra le mensilità aggiuntive riconosciute in sede di dimissioni (calcolata ai sensi dell’art. 43 del contratto collettivo in vigore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, ma, effettivamente, non spettante al S. e suscettibile di ripetizione) e la quota di indennità di anzianità maturata dal S., essendo stato riconosciuto – al lavoratore – una somma di gran lunga superiore a quella derivante dall’applicazione dei criteri di cui agli artt. 2120 e 2121 c.c.;

5. con il quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2120,2121 e 2697 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dovendo considerarsi, come emerge dai prospetti paga, che il S. non prestava in via continuativa lavoro straordinario, rilevandosi apprezzabili intervalli di tempo tra le prestazioni lavorative effettuate oltre l’orario ordinario di lavoro, con conseguente impossibilità di computare tale voce nell’ambito dell’indennità di anzianità; del pari, non possono calcolarsi nè l’indennità di guida (rectius indennità prevista dall’art. 31, comma 5, del contratto collettivo) nè il premio di produzione, essendo, l’una, non ricompresa tra gli emolumenti tassativamente previsti per il calcolo dell’indennità di anzianità e, l’altra, già considerata ai fini della liquidazione della suddetta indennità;

6. il primo motivo – pur volendo tralasciare i profili di inammissibilità per violazione del principio di specificità dei motivi (per mancata trascrizione del contenuto della richiesta all’ufficio provinciale del lavoro e del prospetto dei conteggi – è infondato, posto che la prescrizione del diritto ad ottenere il pagamento del trattamento di fine rapporto decorre dalla cessazione del rapporto e non va confusa col diritto, maturante anche nel corso del rapporto stesso, ad accertare la quota temporaneamente maturata: l’uno ha per oggetto una condanna (necessariamente preceduta dall'”accertamento” di cui all’art. 2909 c.c.) mentre l’altro ha per oggetto un mero accertamento;

7. la diversità di contenuto e maturazione temporale dei due diritti soggettivi comporta il diverso regime della prescrizione, senza che la diversità possa essere esclusa dalla loro connessione, data dalla parziale comunanza di elementi costitutivi (Cass. n. 8191 del 2006; conformi: Cass. n. 21239 del 2007; Cass. n. 9695 del 2009; Cass. n. 3894 del 2010; Cass. n. 16845 del 2017);

8. poichè nella specie l’azione fatta valere dal S. era quella di condanna al pagamento di somme a titolo di TFR il motivo deve essere respinto;

9. il secondo motivo di ricorso è inammissibile: occorre premettere che l’interpretazione di un atto negoziale è riservata all’esclusiva competenza del giudice del merito (da ultimo Cass. n. 8586 del 2015; in precedenza, ex multis, cfr. Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006), con una operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto (tra le tante, Cass. n. 9070 del 2013) ed il sindacato nel giudizio di cassazione è limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente (ex plurimis, Cass. n. 4851 del 2009;Cass. n. 3187 del 2009; Cass. n. 15339 del 2008; Cass. n. 11756 del 2006; Cass. n. 6724 del 2003; Cass. n. 17427 del 2003);

10. sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia del vizio di motivazione esigono una specifica indicazione – ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni della obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000);

11. il motivo è inammissibile perchè, al di là del richiamo formale delle disposizioni normative nell’ambito della rubrica, non individua la regola di ermeneutica contrattuale violata dal giudice del merito e conseguentemente non indica le ragioni per le quali da detta regola quest’ultimo si sarebbe discostato, limitandosi a rivendicare un’alternativa interpretazione plausibile più favorevole perchè ritiene che l’atto sottoscritto dal lavoratore esprimerebbe una consapevole volontà abdicativa del diritto poi rivendicato in giudizio;

12. ma per sottrarsi al sindacato di legittimità quella data dal giudice al testo negoziale non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. n. 9120 del 2015; Cass. n. 10044 del 2010; Cass. n. 15604 del 2007; Cass. n. 4178 del 2007; Cass. n. 10131 del 2006);

13. il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono inammissibili in quanto delle eccezioni di compensazione e di assorbimento avanzate dalla società non vi è alcuna traccia nella sentenza impugnata, nè la società ricorrente indica in alcun modo se, con quale atto e in che termini la questione stessa sia stata eventualmente riproposta in grado di appello;

14. il terzo motivo è altresì inammissibile in quanto nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte del giudice di appello, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (Cass. Sez. U., n. 17931 del 24/07/2013); nessun riferimento, nemmeno larvato, alla nullità della sentenza impugnata è contenuto nel motivo in esame, il quale si limita ad illustrare la natura di atto transattivo complesso dell’accordo intervenuto tra le parti;

15. il quinto motivo di ricorso è inammissibile in quanto, nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge contenuto nella rubrica del motivo di ricorso, tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti;

16. al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicchè le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito (vedi, tra le tante: Cass. nn. 9043 e 21486 del 2011; Cass. n. 20731 del 2007; Cass. n. 18214 del 2006), considerato altresì i più ristretti limiti del vizio di motivazione introdotti dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, che va circoscritto al “minimo costituzionale”, ossia al controllo sulla esistenza (sotto il profilo della assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta)”;

17. nessuno di tali vizi ricorre nel caso in esame e la motivazione non è assente o meramente apparente, nè gli argomenti addotti a giustificazione dell’apprezzamento fattuale risultano manifestamente illogici o contraddittori, avendo la Corte distrettuale rilevato che dall’analisi delle buste paga emergeva l’erogazione con continuità degli emolumenti per lavoro straordinario nonchè dell’indennità di guida e del premio di produzione;

18. in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.;

19. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 20 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2020

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