Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21317 del 20/10/2016
Cassazione civile sez. lav., 20/10/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 20/10/2016), n.21317
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24529-2010 proposto da:
O.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
FRANCESCO DE SANCTIS 4, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
TENCHINI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
GIOVANNI ERNESTO PRUNEDDU, VALERIA ATZERI, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso
l’Avvocatura entrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati GIUSEPPINA GIANNICO, CLEMENTINA PULLI e MAURO RICCI, giusta
delega in atti;
– resistente –
e contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, C.F. (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 409/2009 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,
depositata il 09/10/2009 R.G.N. 432/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
06/07/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;
udito l’Avvocato ANTONELLA PATTERI per delega orale Avvocato
GIUSEPPINA GIANNICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza 409/2009, depositata il 9.10.2009, la Corte d’Appello di Cagliari accoglieva il gravame proposto dall’INPS nei confronti di O.A. ed in parziale riforma della sentenza di prime cure liquidava le spese del giudizio di primo grado, vertente in materia di indennità di accompagnamento, riducendole ad Euro 1.144,12 di cui 677,00 per diritti, 340,00 per onorari e 127,12; dichiarava invece compensate tra le parti le spese del primo giudizio. A sostegno della decisione – che confermava nel resto – il giudice d’appello respingeva preliminarmente l’eccezione di nullità dell’appello sollevata dall’appellata per violazione dell’art. 434 c.p.c. in relazione alla dedotta omessa esposizione da parte dell’INPS dei motivi specifici di impugnazione. Nel merito affermava che il corretto scaglione tariffario, il valore delle controversie aventi ad oggetto prestazioni assistenziali deve effettuarsi ai sensi dell’art. 13 c.p.c., comma 1 trattandosi di prestazioni che partecipano della natura delle prestazioni alimentari (come ritenuto da un risalente orientamento della di legittimità). Per contro non poteva condividersi il più recente orientamento di legittimità secondo cui il valore di dette cause andrebbe determinato ai sensi dell’art. 13 c.p.c., comma 2 argomentandosi sulla base del carattere assicurativo della prestazione o per la sua assimilabilità della stessa ad una rendita vitalizia.
Avverso detta sentenza O.A. ha proposto ricorso per cassazione affidando le proprie censure a due motivi corredati da quesito di diritto. L’INPS ha depositato procura in calce al ricorso notificato.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 e 12 c.p.c., dell’art. 12 preleggi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) laddove la sentenza d’appello aveva affermato che ai fini del corretto scaglione tariffario, il valore delle controversie aventi ad oggetto prestazioni assistenziali dovesse effettuarsi ai sensi dell’art. 13 c.p.c., comma 1 trattandosi di prestazioni che partecipano della natura delle prestazioni alimentari e non invece ai sensi dell’art. 13 c.p.c., comma 2 in quanto prestazioni assimilate ad una rendita vitalizia oppure a quelle assicurative.
Il motivo è infondato. Il criterio per determinare il valore della causa quanto ai giudizi relativi a prestazioni alimentari ed a rendite è distintamente previsto dall’art. 13 c.p.c. rispettivamente ai commi 1 e 2. Nel comma 1 si prevede che nelle cause per le prestazioni alimentari periodiche se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni. Il comma 2 prevede che nelle cause relative a rendite perpetue, se il titolo è controverso, il valore si determina cumulando venti annualità; nelle cause relative a rendite temporanee o vitalizie, cumulando le annualità domandate fino a un massimo di dieci.
Il contrasto di giurisprudenza insorto sulla questione posta con il ricorso è stato risolto dalla Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 10455 del 21 maggio 2015 che ha affermato il seguente principio di diritto: “ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali va applicato il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, per cui, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni”. Avendo la corte d’appello correttamente fatto applicazione dell’art. 13 citato, comma 1 il motivo si rivela infondato.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c. ed erronea motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) in relazione alla reiezione dell’eccezione di nullità dell’appello formulata dalla ricorrente per mancanza assoluta di specifici motivi.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza in quanto omette di trascrivere il contenuto integrale dell’atto di appello. Ed è comunque infondato alla stregua delle corrette osservazioni contenute in sentenza da cui emerge che contrariamente all’assunto dell’appellato, l’INPS avesse indicato le ragioni poste a fondamento della dedotta eccessività della liquidazione delle spese formulata dal primo giudice “facendo riferimento ai minimi tariffari previsti per le singole voci dei diritti e degli onorari riportate in apposita nota spese conteggiate sullo scaglione tra i 5200,00 Euro ed i 25.900,00 Euro (in luogo di quello tra i 25.900,01 Euro e di 51.700 Euro applicato dal tribunale) applicabile in ragione del valore della controversia, calcolato ai sensi dell’art. 13 c.p.c., comma 1 ovvero del numero delle annualità domandate”.
3. Il ricorso va quindi rigettato. Sussistono giustificati motivi (in considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nel contesto del progressivo assetto del diritto vivente) per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2016