Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21313 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. II, 14/10/2011, (ud. 08/07/2011, dep. 14/10/2011), n.21313

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27449/2009 proposto da:

COMUNE STIGNANO (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTTAVIANO 32, presso lo studio

dell’avvocato CARDUCCIO Francesco, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 496/2003 del TRIBUNALE di LOCRI sezione

distaccata di S1DERNO, depositata 23/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2011 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato CARNUCCIO Francesco, difensore del ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1) Il Tribunale di Locri con sentenza del 23 ottobre 2008 rigettava l’appello proposto dal comune di Stignano avverso C.A., per la riforma della sentenza resa l’8 novembre 2006 dal giudice di pace di Stilo, con la quale era stata accolta l’opposizione proposta dalla opponente in relazione a sanzione amministrativa per violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8.

Rilevava che era stata indebitamente omessa la contestazione immediata dell’infrazione, obbligatoria ex art. 201 C.d.S., con la giustificazione – ritenuta insufficiente – dell’uso di apparecchiatura autovelox, gestita direttamente da organi di polizia, perchè il veicolo era a distanza dal posto di accertamento o comunque per l’impossibilità di fermarlo in tempo utile. Affermava che l’omissione è possibile sulle strade extraurbane, come quella de qua (SS (OMISSIS)), solo se preventivamente individuate con decreto prefettizio.

Rilevava inoltre che l’appellante non aveva provato l’esistenza del certificato di omologazione dell’apparecchio Velomatic 512, il quale non poteva pertanto costituire valida fonte di prova della trasgressione.

Riteneva, infine, sussistente la denunciata incompetenza della Polizia Municipale del Comune di Stignano, in quanto enti proprietari della strada ove è stata accertata la violazione sono la Provincia di Reggio Calabria e l’ANAS. 2) Il comune di Stignano ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 30 novembre 2009, imperniato su sei motivi. L’opponente non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso è stato in un primo tempo avviato alla trattazione in camera di consiglio, sulla base di relazione ex art. 380 bis fois cod. proc. civ.; indi, con ordinanza interlocutoria n. 6271 del 2011, ne è stato disposto il rinvio all’udienza pubblica, essendosi ravvisata l’esigenza di approfondire la questione della competenza della polizia municipale in ordine alla elevazione del verbale di contestazione su strada extraurbana statale ricadente nel territorio comunale.

Il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3) Con il primo motivo, il Comune deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, nonchè violazione degli artt. 142, 200 e 201 C.d.S., affermando che la disposizione dell’art. 4 del citato D.L., non preclude la possibilità per gli agenti di polizia di procedere a rilevazione delle violazioni del limite di velocità a mezzo di apparecchiature elettroniche tutte le volte in cui, non rientrando la strada tra quelle espressamente previste dalla citata disposizione e non essendo la strada stessa inclusa dal Prefetto nell’elenco delle strade in cui possono essere utilizzate dette apparecchiature, queste siano utilizzate direttamente dagli agenti stessi, i quali devono procedere a contestazione immediata salvo il caso in cui ciò non sia possibile ai sensi dell’art. 201 C.d.S., e dell’art. 384 relativo reg. esec.;

evenienza, questa, che si era verificata nel caso di specie, come esposto in narrativa.

Il Comune formula il seguente quesito di diritto:

“Dica la Corte Suprema che gli agenti di polizia in servizio sulle strade per le quali non è applicabile la speciale disciplina di cui al D.L. n. 121 del 2002, art. 4, convertito in L. n. 168 del 2002 (per l’assenza del decreto prefettizio ex art. 4, comma 2, cit.) possono parimenti procedere al rilevamento della velocità tenuta dai conducenti gli autoveicoli a mezzo apparecchiature elettroniche (autovelox) dagli stessi (agenti) direttamente gestite (se pur con l’obbligo della immediata contestazione della velocità vietata, salvo però le eccezioni espressamente previste dall’art. 201 cit.

codice ed esemplificate dall’art. 384 reg. att.)”.

3.1) Connesso al primo è il secondo motivo, con cui si chiede alla Corte di stabilire “che nel caso di accertamento della violazione dei limiti di velocità a mezzo autovelox (art. 142 C.d.S.), da parte degli agenti di polizia che direttamente gestiscono l’apparecchiatura elettronica, è consentita la contestazione differita dell’infrazione quando si verificano le situazioni di impossibilità contemplate dall’art. 201, comma 1 bis (lett. e); e ciò pur con l’obbligo della specificazione a verbale delle ostative ragioni, che se riconducibili a quelle tipizzate dall’art. 384 (lett. e) del regolamento divengono insindacabili”.

3.2) Entrambi i motivi sono manifestamente fondati, trovando applicazione il principio reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui “il disposto del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4 – che indica, per le strade extraurbane secondarie e per le strade urbane di scorrimento, i criteri di individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione immediata, può costituire motivo d’intralcio per la circolazione o di pericolo per le persone, situazioni ritenute sussistenti a priori per le autostrade e per le strade extraurbane principali – evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 C.d.S. (limiti di velocità e sorpasso), tra l’altro, anche in funzione del comma 4 del medesimo art. 4, con il quale si esclude tout court l’obbligo della contestazione immediata. Ne consegue che la norma del predetto art. 4 non pone una generalizzata esclusione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201 C.d.S., comma 1 bis” (Cass., n. 376 del 2008; Cass., n. 1889 del 2008).

Ed inoltre va rilevato che, a fronte dell’affermata possibilità di rilevamento da parte degli agenti di polizia che direttamente gestiscono l’apparecchiatura elettronica, nel caso non si sia proceduto alla contestazione immediata nei confronti del trasgressore, l’indicazione nel verbale di una ragione che renda ammissibile la contestazione differita dell’infrazione, comporta “ipso facto” la legittimità del verbale medesimo e della conseguente irrogazione della sanzione, senza che sussista alcun margine da parte del giudice di apprezzare nel concreto le scelte organizzative compiute dall’amministrazione ai fini dell’espletamento del servizio (Cass. 19032/08; 24355/06).

4) Inammissibile è invece il terzo motivo, con il quale viene dedotta ultrapetizione (violazione dell’art. 112 e 345 c.p.c.) in relazione alla inammissibilità della introduzione in sede di appello di nuovi motivi di opposizione.

Il quesito formulato è però del tutto astratto, poichè non indica quali siano le domande nuove proposte in sede di appello, nè ha un aggancio alla fattispecie autoindividuante (cioè tale da far comprendere in re ipsa quale sia l’errore specifico addebitato al giudice di merito). In proposito dall’insegnamento delle Sezioni Unite si desume che a norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ., è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sulla riconducibilità del tipo della controversia alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (cfr. SU 6420/08; 11210/08). Il quesito deve consistere infatti in una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità (Cass. 26020/08).

5) Quarto e quinto motivo, relativi all’omologazione dell’apparecchiatura utilizzata, denunciano rispettivamente: a) violazione dell’art. 142 C.d.S. e violazione e falsa applicazione dell’art. 345 reg. esec., nonchè del D.M. Lavori Pubblici 27 novembre 1989, n. 2971; b) vizi di motivazione in ordine alla ritenuta mancanza del certificato di omologazione.

La manifesta fondatezza del quarto motivo, che assorbe l’altra censura, risulta da un ormai consolidato orientamento di questa Corte.

Il Comune chiede con il ricorso di ribadire che ai fini della sussistenza del requisito della omologazione dell’apparecchiatura elettronica utilizzata per la rilevazione della velocità e la contestazione dell’infrazione, osserva il ricorrente, ciò che rileva è che il modello di apparecchiatura sia omologato e non anche la singola specifica apparecchiatura in concreto usata.

Premesso che dalla sentenza impugnata risulta che nel caso di specie, lo stesso verbale di accertamento dava atto dell’esistenza di un decreto ministeriale di omologazione del tipo di apparecchiatura utilizzata, la Corte di Cassazione ha da tempo chiarito che la necessità di omologazione dell’apparecchiatura di rilevazione automatica, ai fini della validità del relativo accertamento, va riferita al singolo modello e non al singolo esemplare, come si desume, sul piano logico e letterale, dal D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345, comma 2, così come modificato dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610, art. 197, secondo cui non ciascun esemplare ma le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici (Cass. n. 29333 del 2008, ed ivi precedenti richiamati); il termine di validità dell’omologazione da parte dei competenti organi ministeriali attiene non ad un arco di tempo durante il quale l’apparecchiatura può essere validamente utilizzata ed oltre il quale tale utilizzazione non è più legittima – dacchè tale operatività, una volta omologato il modello, dipende soltanto dalla permanente funzionalità della singola apparecchiatura – ma ad un arco di tempo durante il quale le apparecchiature di quel modello possono continuare ad essere commercializzate dal costruttore (Cass., n. 29333 del 2006, cit.; Cass., n. 9950 del 2007); – in tema di rilevazione dell’inosservanza dei limiti di velocità dei veicoli a mezzo di apparecchiature elettroniche, nè il codice della strada (art. 142, comma 6) nè il relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345) prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso, giacchè, al contrario, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica della velocità dei veicoli perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento, senza che possa farsi leva, in senso contrario, su considerazioni di tipo meramente congetturale, connesse all’idoneità della mancanza di revisione o manutenzione periodica dell’attrezzatura a pregiudicarne l’efficacia ex art. 142 C.d.S. (Cass., n. 29333 del 2008, cit.).

Corollario di questa affermazione è l’insussistenza di alcun ulteriore onere probatorio, a carico dell’Amministrazione, relativo alla perdurante funzionalità’ delle predette apparecchiature (Cass. 17361/08).

6) Con il sesto motivo, che denuncia violazione dell’art. 12 C.d.S., comma 1, lett. E, e della L. n. 65 del 1986, art. 5, nonchè della L. n. 689 del 1981, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, parte ricorrente, che espone il quesito di diritto, critica la terza ratio posta a base della decisione.

La censura, cui accede quesito sufficientemente concreto perchè puntualizza specificamente i termini della controversia, individuandola inequivocabilmente, è manifestamente fondata: parte ricorrente si duole dell’errore commesso dal giudice del tribunale affermando che sulle strade di proprietà statale o dell’Anas sia interdetta alla Polizia municipale l’attività di espletamento dei servizi di polizia stradale.

6.1. – Dalla sentenza impugnata emerge che la violazione è stata accertata sul tratto della SS n. (OMISSIS) ricadente nel territorio del Comune di Stignano.

Si tratta di stabilire se la polizia municipale avesse la competenza all’accertamento delle violazioni commesse su detto tratto di strada.

Al quesito deve darsi risposta positiva.

Gli organi di polizia municipale, nel territorio di competenza, sono abilitati a compiere legittimamente la loro attività di accertamento istituzionale nell’ambito dell’espletamento dei servizi di polizia stradale, senza che abbia rilievo la circostanza relativa alla tipologia della strada che attraversa lo stesso, e quindi ben possono effettuare accertamenti e contestazioni di violazioni di norme del codice della strada anche quando il tracciato su cui si verifica l’infrazione sia una strada statale al di fuori del centro abitato.

In proposito va osservato quanto segue.

A norma della L. n. 689 del 1981, art. 13, comma 3, “all’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria”.

L’art. 57 cod. proc. pen., indica fra gli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria “le guardie dei comuni”, con competenza “nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza”.

Secondo la L. 7 marzo 1986, n. 65, art. 5 (recante la legge quadro sull’ordinamento della polizia municipale), il “personale che svolge servizio di polizia municipale”, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza, ha funzioni di polizia stradale (comma 1, lett. b), in correlazione con quanto stabilito dal codice della strada vigente, dovendosi ritenere rinvio formale e non recettizio quello contenuto in tale norma al codice della strada del 1959.

In base al disposto della L. n. 65 del 1986, art. 3, gli addetti al servizio di polizia municipale esercitano le loro funzioni istituzionali “nel territorio di competenza”.

Questa disciplina generale, che identifica l’ambito territoriale di competenza della polizia municipale con il territorio comunale, e che caratterizza la polizia locale per la dimensione territoriale comunale di esercizio delle funzioni (Corte cost., sentenza n. 740 del 1988), trova un puntuale riscontro nell’art. 12 del codice della strada, che al comma 1, lett. e), attribuisce l’espletamento dei servizi di polizia stradale “ai Corpi e ai servizi di polizia municipale, nell’ambito del territorio di competenza”, ed è richiamata dall’art. 22 reg. esec. C.d.S. del 1992, il quale dispone, al comma 3, che “i servizi di polizia stradale sono espletati dagli appartenenti alle amministrazioni di cui all’art. 12 C.d.S., commi 1 e 2, in relazione agli ordinamenti ed ai regolamenti interni delle stesse”.

Il comma 3 dell’art. 11, che in materia di servizi di polizia stradale (inclusi la prevenzione e l’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale) li demanda al Ministro dell’interno, con la sola salvezza delle attribuzioni dei Comuni per quanto riguarda i centri abitati, non attiene alla delimitazione della competenza della polizia municipale in materia di servizi di polizia stradale, ma alla direzione e predisposizione dei relativi servizi, come è fatto palese dall’ultima parte del comma, che riserva in ogni caso al Ministero il coordinamento dei servizi.

Gli agenti ed ufficiali di polizia municipale, pertanto, in conformità della regola generale stabilita dalla L. n. 689 del 1981, art. 13, in tema di accertamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa all’intero territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio, anche, quindi, su strade statali al di fuori del centro abitato. Ne deriva che, una volta stabilito che gli ufficiali e gli agenti della polizia municipale hanno tale potere nell’ambito dell’intero territorio comunale, gli accertamenti di violazioni del codice della strada da essi compiuti in tale territorio debbono ritenersi per ciò stesso legittimi sotto il profilo della competenza dell’organo accertatore, restando l’organizzazione, la direzione e il coordinamento del servizio elementi esterni all’accertamento, ininfluenti su detta competenza.

In questo senso il Collegio, nell’accogliere la censura, intende dare continuità all’indirizzo costante di questa Corte, espresso da Sez. 1^, 1 marzo 2002, n. 3019, Sez. 2^, 11 luglio 2006, n. 15688, Sez. 1^, 19 ottobre 2006, n. 22366, e da ultimo ribadito da Sez. 2^, 28 aprile 2011, n. 9497 e n. 9498.

7) – Pertanto il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’opposizione originaria.

Parte opponente, in applicazione del principio della soccombenza, deve essere condannata al pagamento, in favore del Comune, delle spese dell’intero giudizio, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria opposizione. Condanna l’opponente al pagamento delle spese dell’intero giudizio, che liquida, quanto al giudizio di primo grado, in Euro 450,00 di cui Euro 50,00 per spese, Euro 150,00 per diritti ed Euro 250,00 per onorari; per il giudizio di appello, in Euro 550,00 di cui Euro 50,00 per spese, Euro 100,00 per diritti ed Euro 400,00 per onorari; per il giudizio di legittimità, in Euro 600,00 di cui Euro 400,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge per tutti i gradi del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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