Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21311 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. II, 14/10/2011, (ud. 08/07/2011, dep. 14/10/2011), n.21311

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26313/2005 proposto da:

P.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ALTINO 8, presso lo studio dell’avvocato CEDRONE FRANCESCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GENTILI Angelo;

– ricorrenti –

e contro

M.V.;

– intimati –

avverso il provvedimento della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 15/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2011 dal Consigliere Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – L’avvocato P.R. impugna per cassazione ex art. 111 Cost., l’ordinanza del 4 gennaio 2005, depositata il 15 febbraio 2005 e mai notificata, con la quale la Corte di appello di Catanzaro rigettava il suo ricorso per la liquidazione dei compensi professionali per un totale di Euro 5.848,34 per l’attività svolta in favore dell’odierno intimato, M.V., nel procedimento civile n. 79/04 svoltosi presso la medesima Corte territoriale.

Quest’ultima rigettava tale ricorso sulla base dell’eccezione di prescrizione formulata dall’odierno intimato, ritenendo comunque non provata la domanda, risultando inammissibile la formula del giuramento decisorio deferito dall’avvocato Porta.

2. – Parte ricorrente articola un unico motivo di ricorso col quale deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 29, nonchè del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 68, e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Osserva che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, lo speciale procedimento previsto dalla L. n. 794 del 1942, agli artt. 28 e 29 non può più essere utilizzato ove venga contestato il diritto al compenso. Nel caso in questione, essendo stata eccepita la prescrizione, peraltro riconosciuta dal giudice, il giudizio non poteva proseguire con tale procedura semplificata e il giudice avrebbe dovuto invece disporre la prosecuzione avanti il giudice competente per territorio in sede di cognizione ordinaria.

3. – Parte intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

4. – Attivatasi procedura ex art. 375 c.p.c., il Procuratore Generale inviava requisitoria scritta nella quale concludeva con richiesta di rigetto del ricorso per la sua manifesta infondatezza.

5. – All’udienza camerale del 26 ottobre 2009 il Procuratore Generale concludeva per l’inammissibilità del ricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria.

6. – La trattazione del ricorso veniva rinviata alla pubblica udienza, non sussistendo i presupposti, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., per la decisione in camera di consiglio e, all’udienza del 13 luglio 2010, ulteriormente rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni sulle ordinanze di questa sezione n. 6544 e 6545 del 2010, relativamente a questioni che devono essere decise col presente ricorso.

7. Il ricorso va dichiarato inammissibile per carenza di interesse alla impugnazione.

Occorre osservare in primo luogo che il ricorso è ammissibile dovendosi ritenere che prevalga la forma dell’ordinanza (prevista dalla L. n. 749 del 1942) sulla sostanza di sentenza del merito e consentendo la cassazione del provvedimento impugnato di recuperare il giudizio d’appello non svolto. E ciò sulla base delle indicazioni fornite dalla recente sentenza delle Sezioni Unite n. 390 del 2011 che, nell’affrontare il problema della qualificazione del provvedimento impugnato ai fini della individuazione del regime di impugnazione applicabile, ha ritenuto di confermare il recente orientamento che coniuga il principio della prevalenza della sostanza sulla forma col principio della apparenza, nel senso che “il rilievo attribuito alla sostanza trova temperamento nel principio secondo il quale l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va fatta in base alla qualificazione data dal giudice con il provvedimento impugnato all’azione proposta, alla controversia e alla decisione, a prescindere dalla sua esattezza”. Nel caso in questione il provvedimento è stato reso in forma di ordinanza all’esito di un giudizio qualificato ai sensi della L. n. 749 del 1942. Ciò nonostante occorre rilevare che nella specie la liquidazione è stata pronunciata dal giudice dell’appello con la conseguenza che la cassazione del suo provvedimento con rinvio non servirebbe ad altro che a far ripetere il giudizio con rito ordinario in primo grado. Al riguardo, occorre anche osservare che la ricorrente non denunzia nel suo ricorso alcuna lesione al diritto di difesa per il fatto che il giudizio si è svolto con il rito speciale piuttosto che con il rito ordinario e, quindi, sussiste il difetto di interesse a che il giudizio venga ripetuto con rito ordinario a partire dal primo grado innanzi al giudice competente per territorio e per valore. Al riguardo vedi Cass. 2008 n. 11903, che ha affermato il condiviso principio secondo il quale: “La doglianza relativa alla mancata adozione di un diverso rito, dedotta come motivo di impugnazione, è inammissibile per difetto di interesse qualora non si indichi uno specifico pregiudizio processuale che dalla sua mancata adozione sia concretamente derivato, in quanto l’esattezza del rito non deve essere considerata fine a sè stessa, ma può essere invocata solo per riparare una precisa ed apprezzabile lesione che, in conseguenza del rito seguito, sia stata subita sul piano pratico processuale”. In tal senso anche Cass. 2008 n. 19942 e Cass. 2009 n 3758 (quest’ultima in materia di giudizio disciplinare dei magistrati).

P.T.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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