Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21310 del 14/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/09/2017, (ud. 13/06/2017, dep.14/09/2017),  n. 21310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CORTESI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18368/2013 proposto da:

D.M.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

OSLAVIA 14, presso lo studio dell’avvocato NICOLA MANCUSO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE GULLO;

– ricorrente –

contro

COMPLESSO CONDOMINIALE (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

P.ZZA CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO VEZZOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 13804/2011 del TRIBUNALE di MILANO, depositata

il 17/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/06/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 Con ricorso 22.12.2006, il condomino D.M.A. impugnò davanti al Tribunale di Milano la delibera adottata il 24.10.2006 dall’assemblea del Complesso Condominiale (OMISSIS), limitatamente ai punti 1 e 3 dell’ordine del giorno, relativi all’approvazione del consuntivo di gestione 2005-2006 ed al preventivo di gestione 2006/2007.

Costituendosi in giudizio, il Condominio contestò la domanda e il Tribunale adito, dopo aver disposto una consulenza contabile, la rigettò con sentenza del 17.11.2011 che il soccombente condomino impugnò davanti alla Corte d’Appello di Milano.

Con ordinanza comunicata il 14.5.2013 la Corte d’Appello ha dichiarato il gravame inammissibile ex art. 348-bis c.p.c. e il D.M. ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., sulla base di due motivi, preceduti da due questioni di legittimità costituzionale e illustrati da memoria.

Il Condominio resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1-2 Il ricorrente pone innanzitutto una questione di illegittimità costituzionale delle norme di cui agli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., per violazione degli artt. 3,24,102e 111 c.p.c.: secondo la tesi del D.M., le norme procedurali richiamate non assicurano il rispetto del contraddittorio e quindi costituiscono un vulnus al diritto di difesa e al principio del giusto processo.

Osserva inoltre, sempre sotto il profilo della legittimità costituzionale, che le citate disposizioni procedurali contrastano con gli articoli 3 (principio di ragionevolezza) e 77 della Costituzione (insussistenza delle ragioni di urgenza).

Le questioni – che ben si prestano ad esame unitario – sono manifestamente infondate perchè questa Corte ha già preso posizione sulla legittimità costituzionale delle disposizioni processuali di cui si discute, pervenendo alla medesima conclusione: la ragione di fondo sta nel rilievo che un secondo grado di giudizio di merito non è oggetto di garanzia costituzionale davanti al giudice ordinario e che dinanzi alle crescenti criticità da cui è affetto il secondo grado di giudizio, è coerente con un tentativo di recupero di funzionalità del sistema la semplificazione del relativo processo ed il mantenimento di un livello di garanzia – mediante il ricorso per cassazione diretto contro la sola pronuncia di primo grado – ancorato alla limitazione delle caratteristiche estrinseche della motivazione del provvedimento conclusivo di quel grado, non in grado di impedire, sia pure a prezzo di un modesto maggior impegno dell’interessato, l’esercizio del diritto di difesa (v. Sez. 6-3, Sentenza n. 26097 del 11/12/2014 Rv. 633882 soprattutto in motivazione e in senso analogo, Cass., ord. 15 maggio 2014, n. 10723). E il ricorrente, benchè abbia presentato memoria, con tali argomenti non si confronta.

3 Passando all’esame delle censure mosse contro la sentenza di primo grado, il ricorrente premette la ricorribilità per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, dovendosi – a suo dire – ritenere applicabile il testo previgente dell’art. 360 c.p.c., n. 5, “atteso che la sentenza oggi impugnata è stata depositata prima della decorrenza della norma di cui al D.L. n. 83 del 2012, che ha modificato l’art. 360, n. 5”. Denunzia quindi “mancata ottemperanza all’obbligo di rendiconto. Conseguente invalidità della delibera che ha approvato il rendiconto 2005/2006. Violazione e o falsa applicazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento all’art. 1130 c.c. e all’art. 2697 c.c.”. Premessa una propria ricostruzione in fatto dei rapporti con l’amministrazione nel periodo tra la convocazione e lo svolgimento dell’assemblea il ricorrente ritiene che nel caso di specie risulta violato l’obbligo di rendiconto per non avere il convenuto dato la relativa prova.

Il motivo è infondato perchè si risolve esclusivamente in una critica, tipicamente fattuale – una vera e propria trascrizione dell’identico motivo di appello – alla soluzione che il giudice di primo grado ha dato alla questione dell’esame preventivo della documentazione contabile, esame che – a dire del ricorrente – dovrebbe ritenersi negato dall’amministratore per non avere costui dato la relativa prova.

La conclusione del Tribunale è giuridicamente corretta perchè la mera formulazione di una richiesta di esame non vale a dimostrare il rifiuto dell’amministratore (e quindi la violazione dell’obbligo di rendiconto), posto che il Condominio ha sempre sostenuto di aver messo i documenti a disposizione di tutti i partecipanti e quindi anche del ricorrente, negando che costui si sia recato presso lo studio dell’amministratore per esaminarla.

A questo punto ben poteva il D.M., in assolvimento dell’onere probatorio su di lui gravante ex art. 2697 c.c. (appunto quale attore), dimostrare, con gli opportuni mezzi di prova che l’ordinamento appresta, di essersi recato allo studio di non essere stato messo in grado di visionare sul posto il corposo materiale contabile (la stessa sentenza dà atto di un condominio enorme, composto da (OMISSIS) numeri civici e 750 partecipanti): il principio dell’onere probatorio è stato rettamente applicato.

4 Con altro motivo il D.M. denunzia infine la non veridicità del bilancio consuntivo 2005/2006 approvato. Erroneità della sentenza impugnata. Violazione e falsa applicazione di norme di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento all’art. 184 c.p.c., artt. 1130,1137 e 2697 c.c.. Difetto di motivazione e/o contraddittorietà ed erroneità della motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

La lunga censura (sviluppata in oltre venti pagine di ricorso con invito alla Corte ad analizzare bilanci e fatture) è inammissibile.

Innanzitutto è bene puntualizzare che la Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile l’appello in applicazione dell’art. 348 bis, comma 1, perchè “non sussiste una ragionevole probabilità di accoglimento…” e, poichè l’inammissibilità si è basata “sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado” (v. ordinanza della Corte d’Appello che manifesta piena condivisibilità rispetto alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione di diritto compiuta dal primo giudice), il ricorso per cassazione soggiace al limite di cui al comma 4 dell’art. 348 ter, con la conseguenza che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non è denunziabile: la premessa del ricorrente, che parte da una errata ricostruzione normativa, si rivela quindi infondata.

Logica conseguenza è che, essendo il motivo articolato esclusivamente sul vizio di motivazione del primo giudice – e lo dichiara ripetutamente apertis verbis lo stesso ricorrente a pagg. 27 e 35 nel tirare le fila del discorso con la medesima formula (“concludendo, siamo in presenza di una motivazione gravemente contraddittoria e lacunosa, di fatto omessa su un fatto decisivo per la controversia…”) – alla Corte di Cassazione è precluso l’esame per l’espresso divieto normativo, non risultando specificamente dedotta, a parte la mera menzione nell’epigrafe del motivo, alcuna specifica violazione di legge da parte del primo giudice.

La censura, che per il suo contenuto esclusivamente fattuale, riproduce, come la precedente, esattamente il motivo di appello, ancora una volta non coglie nel segno e il ricorso va respinto con addebito di ulteriori spese al ricorrente.

Trattandosi di ricorso successivo al 30 gennaio 2013 e deciso sfavorevolmente, ricorrono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi. Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2017

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