Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21309 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. II, 14/10/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 14/10/2011), n.21309

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 243/2008 proposto da:

P.G. (OMISSIS), T.A.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 287, presso lo studio dell’avvocato CAMPOLUNGHI MARIA,

rappresentati e difesi dall’avvocato GAETANI Roberto;

– ricorrenti –

contro

V.L., S.T., M.I., FALL.

B.A.;

– intimati –

sul ricorso 2860/2008 proposto da:

V.L. (OMISSIS), S.T.,

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PANAMA 58,

presso lo studio dell’avvocato MEDUGNO LUIGI, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUCHETTI UBALDO;

– controricorrenti ricorrenti incidentali –

e contro

T.A.M. (OMISSIS), P.G.,

M.I.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 179/2007 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 10/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2011 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato GAETANI Roberto, difensore dei ricorrenti che si

riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1) La controversia concerne le distanze tra costruzioni edificate da B.A., nell’ambito di una lottizzazione eseguita in comune di Corridonia.

Nel 1983 e nel 1988 gli odierni ricorrenti coniugi P. agivano prima contro il costruttore lottizzante B. e la moglie e successivamente contro i coniugi V., acquirenti della palazzina asseritamente edificata in violazione delle distanze legali previste tra costruzioni e dalle vedute.

Lamentavano la violazione delle norme in materia e di quelle fissate dalla lottizzazione approvata.

Riuniti i giudizi, il tribunale di Macerata con sentenza del 2005 respingeva le domande.

La sentenza veniva confermata dalla Corte d’appello di Ancona il 10 maggio 2007.

La corte territoriale evidenziava che i lavori di edificazione, iniziati nel 1973, erano conformi al progetto approvato e che quando, nel 1982, gli attori, dopo aver acquistato l’immobile, avevano lamentato la creazione di uno sporto dell’edificio prospiciente, detto edificio era già configurato con opere materiali sufficienti a costituire – per destinazione del padre di famiglia – le servitù lamentate.

1.1) I coniugi P. ricorrono per cassazione con quattro motivi. Resistono i signori V. – S., che svolgono ricorso incidentale.

E’ rimasta intimata M.I., vedova del B., nelle more fallito e successivamente tornato in bonis.

Le parti hanno depositato memoria.

I ricorsi sono stati riuniti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2) Il primo motivo di ricorso lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il giudicante implicitamente ritenuto che il lottizzante B. potesse unilateralmente creare servitù per destinazione del padre di famiglia ex art. 1062 c.c., in violazione degli obblighi derivanti, ex art. 28 Legge Urbanistica, alle distanze previste in materia di lottizzazione, senza preventiva variante dell’atto approvato dal comune.

Con il quesito formulato ex art. 366 bis c.p.c., parte ricorrente chiede se, nel caso di lottizzazione ex art. 28, le planimetrie siano vincolanti secondo le distanze ricavabili da misurazioni scalimetriche, essendo gli strumenti urbanistici composti anche da parte grafica, che costituirebbe la base delle servitù reciproche tra le palazzine da erigere.

Tali servitù non sarebbero modificabili dal lottizzante senza delibera di variante approvata dal Comune e avallata dai successivi acquirenti.

Il motivo, che evidenzia un profilo giuridico della questione non esaminato dal giudice di merito, non affronta un aspetto fondamentale della sentenza, avente decisivo rilievo.

2.1) Il giudice d’appello ha rigettato il gravame sulla base di un primo argomento, costituito dall’essersi costituita per destinazione del padre di famiglia, già al momento dell’acquisto, servitù in favore del fabbricato B. – V., in quanto esso era già stato edificato, negli elementi strutturali, al momento dell’acquisto P..

La motivazione della sentenza è poi arricchita da un inciso, in cui la Corte territoriale aggiunge che i lavori di edificazione erano comunque conformi (per identità strutturale, postura e sagome) al progetto approvato.

Il quesito di diritto posto a conclusione del motivo non si fa carico di confutare, in punto di fatto, questa importante puntualizzazione, che secondo la Corte creava corrispondenza tra “gli elementi materialmente individuativi dello stato di fatto” e “la accettazione della lottizzazione così come configurata e realizzata”.

Ne deriva che il quesito posto al giudice di legittimità è astratto e che la censura non si misura criticamente con la ratio complessiva della decisione.

E’ quindi da rigettare.

3) Infondato è anche il secondo motivo, che denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione del “giusto processo” di cui all’art. 111 Cost., risultando violati “gli obblighi posti dagli artt. 112, 113, 115, 246 c.p.c., inerenti ai principi generali sull’onere della prova, posti dall’art. 2697 c.c.; nonchè dal diritto vivente sul valore da assegnare alle ammissioni del difensore e della parte”.

Il motivo mira a confutare la decisione relativa alla configurabilità di servitù per destinazione del padre di famiglia, nella parte in cui è fondata sull’inizio dei lavori della casa dei convenuti sin dal 1973, ben prima dell’acquisto da parte dei coniugi P..

Il quesito di diritto formulato a conclusione del motivo chiede alla Corte se abbia valore probatorio una semplice dichiarazione di inizio lavori edilizi, presentata al Comune dalla stessa parte interessata, in assenza di prove testimoniali, relazione tecnica e foto, comprovanti lo stato dei lavori stessi, al fine di far desumere dalla stessa il presupposto per la configurabilità di una servitù per destinazione del padre di famiglia.

Chiede altresì alla Corte di dire se l’ammissione di fatti pregiudizievoli, fatta dal difensore nella comparsa di risposta firmata dalla parte “per delega” possa anche qualificarsi come atto avente efficacia confessoria (Cass. 3275/96).

Il motivo, come il precedente, non appare risolutivo.

Anch’esso prescinde dalla affermazione della sentenza secondo cui, in ogni caso, le opere eseguite dai convenuti corrispondevano agli elaborati planimetrici posti a base della lottizzazione.

Inoltre non viene posto in discussione il giudizio complessivamente reso, nè per violazione di legge nè in relazione alla motivazione, ma viene esposto un vizio processuale.

3.1) In proposito giova ricordare che la giurisprudenza di legittimità – più recente di quella invocata da parte ricorrente (Cass 4744/05) – reputa che le dichiarazioni contenute nella comparsa di risposta, contenenti affermazioni relative a fatti sfavorevoli al proprio rappresentato e favorevoli all’altra parte, non hanno efficacia di confessione ma possono soltanto fornire elementi indiziar qualora l’atto sia sottoscritto dal difensore e non dalla parte personalmente, atteso che la confessione giudiziale spontanea può essere manifestata efficacemente solo da chi abbia il potere di disporre del diritto controverso e quindi non dal difensore, a meno che questi sia munito d’apposito mandato in tal senso, che si aggiunga alla procura alle liti.

Pertanto il motivo, posto, come si è detto, in modo incongruo e non risolutivo, non può essere accolto.

4) Il terzo motivo denuncia contraddittorietà della motivazione.

Parte ricorrente si duole che il giudicante abbia illogicamente supposto l’esistenza di opere edili B. tali da giustificare la servitù, sebbene la prova dell’inizio lavori scaturisse solo dalla dichiarazione di inizio lavori.

Sarebbe stato illogicamente disatteso l’appello P., pur a fronte dell’ammissione contenuta nella comparsa di risposta inizialmente depositata dai coniugi B..

Il motivo non è accoglibile, perchè, ancora una volta, risulta non determinante, in quanto trascura che la sentenza ha legato l’affermazione relativa all’inizio dei lavori B. ben prima dell’acquisto V. (con la conseguente costituzione della servitù) anche alla corrispondenza tra fabbricato e progetto.

Va aggiunto che tale elemento quantomeno è valso a rafforzare la convinzione del giudice circa l’esistenza, nell’ottobre 1980, epoca dell’acquisto B., delle opere “fondative, basali, minimali ed embrionali” sufficienti a consentire la costituzione della servitù.

Tale valutazione non è nè illogica, nè incongrua, rispetto all’elemento indiziario valorizzato dai ricorrenti.

Spetta infatti al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale e1 assegnato alla prova (Cass. 6064/08;

18709/07).

L’argomento tratto dalla comparsa di risposta iniziale non è peraltro decisivo, nella misura in cui risulta calato, come rileva parte resistente, in un contesto difensivo di totale diniego delle pretese degli attori, facendo leva sull’accettazione della lottizzazione come risultante dalla planimetria.

5) Il quarto motivo denuncia vizio di motivazione e concerne il rigetto della domanda con riferimento ai distacchi degli edifici dalle strade di lottizzazione.

Parte ricorrente lamenta che la motivazione sarebbe contraddittoria, perchè il giudicante prima avrebbe qualificato come negatoria servitutis la domanda relativa alle distanze e poi avrebbe negato che fosse prospettabile un’azione diretta a pretendere il rispetto della distanza dalla strada.

Concentrandosi su un preteso vizio di motivazione, la doglianza non coglie la ratio decidendi e non ne attacca il fondamento giuridico.

La Corte d’appello ha affermato che in relazione ai distacchi dalla via pubblica non è configurabile alcuna azione diretta di natura ripristinatoria in capo al privato confinante, trattandosi di “situazioni inerenti la diversa sfera dei rapporti tra il provato e la P.A.”.

Tale affermazione corrisponde all’insegnamento giurisprudenziale secondo il quale “le prescrizioni in tema di distacchi delle costruzioni dalle strade di cui alla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 19, non rientrando fra quelle concernenti le distanze nelle costruzioni richiamate nell’art. 872 cod. civ., comma 2, non conferiscono al proprietario del fondo confinante il diritto di chiedere la demolizione dell’opera realizzata in violazione di esse, ma gli consente soltanto di richiedere il risarcimento del danno conseguente alla suddetta violazione, se tale danno risulti concretamente provato (Cass. 3341/02)”.

Tale principio doveva essere necessariamente censurato, in primo luogo, per violazione o falsa applicazione di legge.

Mancando tale censura, le esposte doglianze relative alla congruità della motivazione restano irrilevanti.

6) Anche il ricorso incidentale non merita accoglimento.

Il pieno rigetto dell’appello privava di interesse i controricorrenti a far affermare ciò di cui ora si chiede la declaratoria, cioè che l’impegno delle parti al rispetto della lottizzazione e la coincidenza tra opere realizzate e progetto approvato valevano comunque a escludere il fondamento della domanda.

Il rigetto di entrambi i ricorsi consiglia la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta.

Spese compensate Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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