Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21308 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. II, 14/10/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 14/10/2011), n.21308

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso principale (iscritto al N.R.G. 540/06) proposto da:

P.N. (c.f. (OMISSIS)), G.G.

(c.f. (OMISSIS)), Parti entrambe rappresentate e difese

dall’avv. BONELLI Benito, ed elettivamente domiciliate presso lo

studio del medesimo in Roma, Piazzale Clodio 56, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

S.r.l. INDUSTRIALE MAGLIANA ((OMISSIS)), in persona

dell’amministratore unico geom. C.V.; rappresentata e

difesa dall’avv. BIASIOTTI MOGLIAZZA Giovanni Francesco ed

elettivamente domiciliata presso lo studio del predetto in Roma,

Piazza Adriana 8, giusta procura a margine del controricorso,

contenente ricorso incidentale;

– controricorrenti –

nonchè sul ricorso incidentale (iscritto al N.R.G. 4987/06) proposto

da:

S.r.l. INDUSTRIALE MAGLIANA, in persona dell’amministratore unico

geom. C.V.; rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni

Francesco Biasiotti Mogliazza ed elettivamente domiciliata presso lo

studio del predetto in Roma, piazza Adriana 8, giusta procura a

margine del controricorso, contenente ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

P.N. (c.f. (OMISSIS)), G.G. (c.f.

(OMISSIS));

– parti intimate –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 3725/2005,

pubblicata il 9/09/2005 e notificata il 5/11/2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del

7/07/2011 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito il procuratore del ricorrente avv. Fernando Bonelli, giusta

delega dell’avv. Benito Bonelli, che ha concluso per l’accoglimento

del ricorso principale ed il rigetto di quello incidentale;

Udito il procuratore del ricorrente incidentale, avv. Fabrizio

Bracciani, con delega dell’avv. Giovanni Francesco Biasiotti

Mogliazza, che concluso per il rigetto del ricorso principale e

l’accoglimento di quello incidentale;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il

rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La srl Industriale Magliana, proprietaria di un appezzamento di terreno sito in località (OMISSIS), citò innanzi al Tribunale di Roma il Comune di quella città – ai soli fini di renderlo edotto dell’esistenza della causa – nonchè i proprietari confinanti P.N. e G.G. e, premesso: che questi ultimi avevano eseguito lavori di sbancamento sul loro fondo, a causa dei quali era crollata la recinzione posta a confine; che nonostante il notevole dislivello tra i terreni – essendo il proprio appezzamento a quota superiore di quello dei confinanti – non era stato costruito un muro di contenimento; che era stato sottoscritto un accordo in virtù del quale il P. si era obbligato ad eseguire lavori di recinzione e di sostegno con la costruzione di un muro in calcestruzzo armato ed a non utilizzare detto manufatto per appoggiarvi costruzioni di sorta, chiese dichiararsi l’obbligo dei convenuti di non costruire tetti coperture ed altro sul detto muro di confine, emettendo altresì sentenza che costituisse idonea servitù (negativa), con condanna altresì dei convenuti al rimborso delle spese erogate per un precedente accertamento tecnico preventivo.

I convenuti P. – G. si costituirono chiedendo il rigetto della domanda di costituzione di servitù – non potendosi istituire un peso reale su fondo in comunione in forza di un accordo intervenuto con uno solo dei comproprietari; negarono la fondatezza della richiesta di rimborso delle spese dell’ATP adducendo l’inutilità dello stesso.

A tale causa venne unita altra, introdotta dalla medesima società contro gli stessi convenuti, con la quale si chiedeva che venisse disposto l’arretramento del fabbricato costruito dai predetti a distanza non conforme alle norme urbanistiche – vale a dire a 5 metri anzichè a 5,50 metri dal confine; chiese altresì che venisse disposta la demolizione di un capannone dal quale sarebbe derivato stillicidio di acqua nella proprietà di essa attrice; instò infine a che venisse accertato e dichiarato che il P., nella costruzione del manufatto confinario, non aveva lasciato feritoie che consentissero il deflusso delle acque, determinando quindi dannosi ristagni nella proprietà della deducente, con conseguente risarcimento dei danni.

I convenuti si costituirono resistendo anche a tale domanda, affermando che la società attrice era stata presente per tutto il periodo in cui erano durati i lavori di costruzione dell’immobile, pretendendo altresì l’esecuzione di varie opere.

L’adito Tribunale pronunziò sentenza non definitiva n. 242/1994 con cui respinse tutte le domande proposte dalla società nella prima causa ed accolse la domanda relativa alla violazione delle distanze relative al capannone, oggetto del secondo procedimento, rimettendo la causa sul ruolo per ulteriore istruttoria, all’esito della quale pronunziò sentenza definitiva n. 4478/2001 ordinando la demolizione di tale fabbricato.

Dette pronunzie furono appellate dal P. e dalla G. e, in via incidentale, dalla società Industriale Magliana; all’esito del giudizio di impugnazione la Corte di Appello di Roma respinse entrambi i gravami ritenendo che il Tribunale avesse sufficientemente motivato, con riferimento alla consulenza tecnica che aveva dichiarato di condividere, in ordine all’illegittimità del capannone; negò che potesse accogliersi l’appello incidentale diretto a contestare il diniego, da parte del giudice di primo grado, di far ricorso al criterio equitativo nella liquidazione del danno, non rinvenendo i presupposti per l’utilizzazione di tale tecnica valutativa.

I P. – G. hanno proposto ricorso per la cassazione dell’indicata pronunzia, affidandolo a tre motivi, illustrati da memoria; la società Industriale Magliana ha svolto controricorso contenente ricorso incidentale sulla base di due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, a sensi dell’art. 335 c.p.c., essendo diretti contro una medesima sentenza.

1 – Con il primo motivo viene denunziata l’omessa o insufficiente motivazione sulla applicabilità della disciplina sulle distanze legali a manufatti completamente interrati, appoggiati a confine quale si presentava il preteso “capannone”: con il connesso secondo motivo viene dedotta la falsa applicazione dell’art. 873 cod. civ., per la medesima ragione.

2 – Entrambi i motivi sono infondati.

2/a – Innanzi tutto va ribadito il principio, costantemente seguito da questa Corte, secondo il quale la motivazione non può dirsi meramente apparente laddove rinvii alle risultanze della consulenza tecnica che assuma di condividere, nel caso in cui l’elaborato non venga fatto oggetto di specifiche critiche (sul punto vedi Cass. 10668/2005); in secondo luogo – e sotto diversa prospettiva – se le parti ricorrenti, denunziando un vizio di motivazione, avessero per implicito inteso censurare le conclusioni alle quali era pervenuto l’ausiliare del giudice e sul cui richiamo la Corte territoriale aveva basato la propria motivazione, allora il motivo sarebbe inammissibile, per difetto di autosufficienza, non avendo i P. – G. riportato le argomentazioni del consulente di ufficio che ritenevano censurabili.

2/b – Dalla lettura dei due motivi – in cui si afferma l’esistenza di uno sbancamento del terreno a confine e la contemporanea costruzione di un manufatto in appoggio al muro di contenimento – si apprezza l’errore logico del ragionamento dei ricorrenti, consistente nel ritenere interrato “virtualmente” il manufatto cretto nell’area interessata dallo sbancamento e non più ricoperta dal terreno di risulta: sul punto il concetto di interramento così come sopra esposto non trova alcuna conforto normativo nè sostegno nell’interpretazione di legittimità – che fa sempre riferimento, per escludere il manufatto interrato dal rispetto delle norme sulle distanze, alla sua effettiva inclusione al di sotto del c.d. piano di campagna (cfr. ex multis: Cass. 17.390/2004).

3 – Con il terzo motivo è denunciato il vizio di omessa pronunzia, assumendo che la Corte territoriale non avrebbe esaminato la censura di ultrapetizione, sollevata nel proprio appello, in forza della considerazione che la demolizione del “capannone” era stata chiesta per l’eliminazione dello stillicidio e non già perchè il manufatto fosse stato costruito a distanza inferiore dalla legale.

3/a – Il motivo è inammissibile in quanto dedotto in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, atteso che i ricorrenti avrebbe dovuto riportare le conclusioni rassegnate in primo grado dalla società Industriale Magliana, dal momento che le stesse costituivano il termine di raffronto del denunciato vizio: detta necessità di completezza si apprezza anche per il fatto che, dalla lettura della sentenza della Corte romana – foll. 4/5 della stessa – risulta invece che la demolizione del “capannone” venne chiesta anche per violazione delle distanze legali.

4 – La ricorrente incidentale fa valere l’omessa pronunzia sulla domanda di riparazione del muro di contenimento da cui sarebbero originate ulteriori situazioni di pericolo, come evidenziato nell’ordinanza in data 17/11/1994 del Comune di Roma – emessa nel corso del giudizio conclusosi con la sentenza definitiva n. 4478/2001 del Tribunale di Roma e successivamente alla pubblicazione della sentenza non definitiva n. 242/1994 – imponente, non solo alla società ma anche a terzi estranei al giudizio, per il tratto di muro di rispettiva competenza, l’effettuazione di una verifica di stabilità e l’esecuzione di opere provvisionali, dirette alla messa in sicurezza dei manufatti confinari; giustifica il precipuo interesse a tale statuizione in relazione alla necessità di conoscere chi debba far fronte alle richieste del Comune di Roma.

4/a – Il motivo è infondato in quanto dalla lettura delle conclusioni allegate ai verbali in data 23/03/1992 e 16/7/1996 innanzi al Tribunale di Roma – a cui la Corte è legittimata in ragione del denunziato vitium in procedendo ed in forza dell’allegazione contenuta nel controricorso (fol. 8) – risulta che, a fronte della proposizione della relativa domanda da parte dell’Industriale Magliana, i P. – G. rifiutarono espressamente di accettare il contraddittorio ritenendola, a ragione, domanda nuova; da ciò deriva che, riproposta tale richiesta in sede di gravame, la medesima conservava l’originario carattere di inammissibilità, giustificando la conclusione cui è pervenuta la Corte romana nel ritenere concretizzata la violazione di cui all’art. 345 c.p.c..

– – Con ulteriore motivo di ricorso incidentale viene fatta valere l’erronea applicazione dell’art. 1226 cod. civ., in cui sarebbe incorsa la Corte distrettuale nel respingere la richiesta di liquidazione equitativa del danno per la costruzione abusiva del muro di contenimento – adducendo la mancanza della prova del relativo pregiudizio; assume in proposito la ricorrente incidentale che tale danno ben avrebbe potuto essere ritenuto provato in relazione, da un lato, alle diffide del 1994 del Comune di Roma a porre in essere le opere provvisionali per eliminare gli ulteriori smottamenti in precedenza verificatisi in zona dall’altro, al mancato completamento dei lavori di movimento terra in corso al momento dell’inizio della causa – localizzati sulla sommità del terreno di essa deducente, come dimostrato da un ricorso per l’emissione di un provvedimento di urgenza innanzi al Tribunale di Roma.

5/a – Il motivo è infondate), atteso che la presenza di una situazione astrattamente generatrice di pregiudizio, da sola, non consente l’esercizio del potere discrezionale del giudice di liquidazione equitativa à sensi dell’art. 1226 cod. civ., occorrendo invece che essa si accompagni alla dimostrazione della sua diretta incidenza dannosa nella sfera patrimoniale del soggetto che richiede il risarcimento e, in questo caso, allorchè venga dimostrata la impossibilità – o somma difficoltà – di quantificare detta incidenza: in questo senso allora la valutazione della Corte romana circa l’inesistenza della “prova del danno” va confermata, avendo correttamente ricondotto la fattispecie concreta alla ipotesi normativa di riferimento.

6 – Le spese possono essere compensate, stante il rigetto di entrambi i gravami.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione Riunisce i ricorsi e li rigetta, compensando le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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