Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21307 del 20/10/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21307 Anno 2015
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 24252-2012 proposto da:
PETRINI FABIO PTRFBA59H04H501Z, elettivamente domiciliato
in ROMA, P.ZZA PRATI DEGLI STROZZI 30, presso lo studio
dell’avvocato MASSIMO PARISELLA, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato SALVATORE CANTELLI giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– contrarkorrente

Data pubblicazione: 20/10/2015

avverso la sentenza n. 129/01/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA, depositata il 21/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
22/07/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO;

riportano agli scritti e chiedono l’ammissibilità del ricorso;
udito l’Avvocato Rocchitta Gianmario (Avvocatura) difensore della
controricorrente che si riporta agli scritti.

Ric. 2012 n. 24252 sez. MT – ud. 22-07-2015
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uditi gli Avvocati Parisella e Cantelli difensori del ricorrente che si

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria
la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

osserva:
La CTR di Roma ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate -appello proposto
contro la sentenza n. 270/46/2011 della CTP di Roma che aveva accolto il ricorso di
Petrini Fabio avverso avviso di accertamento (di genere “sintetico”), ai fini IRPEF e
Addizionali per l’anno 2004, a mezzo del quale è stato rideterminato in aumento il
reddito dichiarato per il periodo indicato, alla luce degli indici sintomatici di
maggiore capacità contributiva quali il possesso di plurime auto e di plurime
abitazioni principali e secondarie nonché gli incrementi patrimoniali i cui esborsi
correlati sono stati ripartiti pro quota di un quinto sugli anni antecedenti a detti
incrementi.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che —a differenza di quanto
ritenuto dal primo giudice- le controdeduzioni della difesa del contribuente “se
scalfiscono alcuni dei rilievi dell’ufficio ….non incidono sul nucleo sostanziale delle
contestazioni, perché non ha alcun pregio sostenere che negli atti di acquisto la
formula consacrata in atto pubblico che il corrispettivo dovuto è stato versato prim
della stipula non corrisponde a verità ovvero che un atto di acquisto costituisce una
donazione simulata. Esistono strumenti giuridici per modificare il contenuto e la
forma di tali atti che hanno precise conseguenze anche a fini fiscali….”.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte intimata si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può ess re
definito ai sensi dell’art.375 cpc.

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letti gli atti depositati,

Con il primo motivo ed il secondo motivo di impugnazione (il primo centrato sulla
violazione dell’art.2700 cod civ ed il secondo sulla violazione dell’art.38 DPR
600/1973 insieme con l’art.115 cpc nonché sul vizio di omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione) la parte ricorrente si duole, da un canto, che il giudice
dell’appello abbia —nella sostanza- ritenuto necessario il previo espletamento del

nei negozi giuridici con i quali erano stati stipulati gli affari valorizzati come sintomo
di capacità contributiva, senza avere limitato l’efficacia probatoria privilegiata
dell’atto pubblico agli aspetti enumerati nell’art.2700 cod civ e senza avere ritenuto
che le dichiarazioni contenute in tali atti possono essere contrastate con ogni mezzo
di prova; d’altro canto, si duole del fatto che il giudicante non abbia considerato che
il vero oggetto della prova contraria addossata dall’art.38 al contribuente consiste nel
dimostrare il possesso di adeguati redditi esenti, ed abbia del tutto omesso di dare
rilievo alle specifiche circostanze (debitamente documentate in causa e non
disconosciute dall’Ufficio) concernenti le registrazioni a credito della società
“Edilizia Valle Tevere” e che la somma di € 1.879.000,00 fosse affluita sui conti
correnti della predetta società , così come l’ufficio non aveva contestato il titolo di
accredito ed il saldo avvenuto nel corso dell’anno successivo a quello qui in esame.
Su tutti questi aspetti il giudicante nulla aveva argomentato, limitandosi ad affermare
di non poter valorizzare dette prove perché contrastanti con la formula delle clausole
stipulate negli atti privati.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, appaiono
fondati e possono essere accolti.
Invero, alla luce della autosufficiente ricostruzione degli elementi addotti in giudizio
dalla parte contribuente con funzione di prova contraria, emerge dalla stessa
considerazione della motivazione della sentenza impugnata (per questa ragione
trascritta con riferimento ai passaggi più sintomatici) che il giudice del merito ha
giustificato il proprio convincimento in maniera così contraddittoria da rendere anche 1
totalmente stridente la motivazione con il contenuto dispositivo della sentenza, oltre
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mezzo della querela di falso per superare il tenore espresso delle clausole contenute

che con apprezzamento vago e superficiale degli elementi di prova aventi idoneità
dirimente ai fini della soluzione delle questioni controverse.
Ed invero, pur muovendo dal presupposto che il contribuente avesse, “scalfito alcuni”
(anche se non è chiaro quali) “rilievi dell’ufficio” (perciò, evidentemente, fornendo
la dimostrazione di almeno parzialmente adeguate disponibilità economiche “non

dall’Agenzia), il giudicante non ne ha tratto le necessarie conseguenze, defalcando
detti incrementi patrimoniali dalla base imponibile utilizzata dall’Agenzia, ma ha
convalidato in toto l’accertamento ed il conseguente recupero di imposta.
Né detto defalcamento è possibile effettuarlo come conseguenza “estrinseca” del
contenuto dispositivo della pronuncia, perché il totale accoglimento dell’appello non
consente che si possa in alcun modo sceverare quali disponibilità il giudicante ha
ritenuto adeguatamente comprovate —nella loro valenza non imponibile- e quale non.
Per non dire poi dell’assoluta vaghezza con le quali il giudicante dà conto degli
elementi da cui ha tratto il proprio convincimento a proposito della corrispondenza
cronologica ritenuta necessaria tra gli acquisti effettuati nel 2005 ed il finanziamento
disposto il 25.7.2006 a favore della società Valle Tevere (per quanto proveniente da
conto corrente intestato al contribuente), come per non dire del fatto che neppure un
argomento è speso per giustificare la ragione per la quale detta corrispondenza si
debba ritenere dirimente e non si possa invece supporre che l’acquisto sia stato
effettuato proprio in ragione della consapevolezza di poter fidare sulla successiva
disponibilità di fondi già da terzi promessi (e senza che costituisca insuperabile
ostacolo per la valorizzazione di eventuali elementi indiziari la circostanza che le
parti abbiano dichiarato negli atti in considerazione che i pagamenti erano già
antecedentemente avvenuti, ciò che sicuramente non costituisce elemento provvisto
di rilevanza fidefacente, alla luce della facoltà che le parti hanno di non evidenziare le
fonti della provvista utilizzata, in ragione delle proprie discrezionali finalità).
Consegue da tutto ciò che si è evidenziato che la censura avente ad oggetto il vizio
motivazionale può essere accolta e che, per conseguenza, la controversia debba essere
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imponibili”, ai fini della rilevanza degli incrementi patrimoniali valorizzati

rimessa al medesimo giudice di secondo grado che —in diversa composizione- tornerà
a pronunciarsi sulle questioni oggetto dell’atto di appello proposto dall’Agenzia
(anche previa complessiva valutazione delle contestazioni relative ad altre annualità,
di che il giudicante potrà avere contezza effettuando la riunione delle analoghe
controversie) e regolerà anche le spese del presente grado di giudizio.

manifesta fondatezza del secondo motivo, con assorbimento del primo.
Roma, 10 marzo 2015

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa nella quale ha
prospettato: a) che sarebbe medio tempore maturato giudicato interno ed esterno, di
nessuno dei quali si ravvisano i presupposti, da un canto perché del- primo-il rilievo
del primo deve ritenersi tardivamente proposto con la memoria (che ha funzione
puramente illustrativa dei motivi già prospettati in ricorso) e d’altro canto perché,
quanto al secondo, non è prospettabile che possa avere effetto di giudicato esterno la
pronuncia riferita a contribuente diverso da quello qui considerato, in relazione a
accertamento di genere sintetico e rispetto al quale si discute —perciò stesso- della
capacità contributiva soggettivamente connotata (e perciò di un thema decidendum
riferibile esclusivamente al contribuente medesimo), sia pure per il tramite di indici
presuntivi che possono essere omologhi a quelli valorizzati in relazione ad altro
contribuente, ma certamente dotati di efficacia del tutto autonoma in riferimento a
ciascuno dei soggetti dei cui redditi si discute; b) nuovi motivi a sostegno
dell’assunto di invalidità dell’atto amministrativo impugnato (certamente innovativi
rispetto al contenuto del ricorso per cassazione e dello stesso ricorso introduttivo di
primo grado, alla luce di quanto nella predetta memoria si assume), e cioè la
contestazione del “potere di firma” in capo al soggetto firmatario dell’atto per cui è
lite, tale dott. Di Vizio Loreto Lucio, “siccome incaricato di funzioni dirigenziali e
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Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per

non dirigente a seguito di concorso pubblico”, motivi che meritano appena un cenno
per rilevarne l’assoluta inammissibilità, alla luce della loro concettuale
inammissibilità. Quand’anche si trattasse, invero, di argomenti deducibili —secondo
l’implicito assunto di parte ricorrente- indipendentemente dalle preclusioni che
regolano il rito tributario (artt.18 e 24; art.57 del D.Lgs.546/1992), essi sarebbero

non potendo in nessun caso la Corte apprezzare le circostanze di fatto che
costituiscono il presupposto sostanziale degli assunti di parte ricorrente, il cui onere
di allegazione e prova in ordine a detti fatti appare comunque manifesto ed
imprescindibile;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Lazio
che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente
giudizio.
Così deciso in Roma il 22 luglio 2015
residente

stati comunque introdotti in violazione dei principi che regolano il rito di cassazione,

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