Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21306 del 20/10/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21306 Anno 2015
Presidente: RAGONESI VITTORIO
Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 17962-2014 proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
GERALDI GIUSEPPINA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
G. PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato DANIELE CIUTI,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELE
CARDONE, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 20/10/2015

avverso la sentenza n. 907/2014 della CORTE D’APPELLO di
TORINO, depositata il 14/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/07/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO ANTONIO
GENOVESE;

rigetto del ricorso.
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato,
in data 28 maggio 2015, la seguente proposta di
definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc.
civ.:
«Con sentenza in data 14 maggio 2014, la Corte
d’Appello di Torino ha respinto l’appello proposto
dal Ministero dell’Interno contro la sentenza del
Tribunale di Torino che aveva accolto la domanda
della sig. Giuseppina Geraldi e dichiarato il diritto
della predetta ad accedere al fondo di rotazione per
la solidarietà alle vittime dei reati di tipo
mafioso, di cui alla legge n. 512 del 1999, in
relazione ai fatti accertati con la sentenza penale
n. 7544 del 2007 dello stesso Tribunale, con condanna
del Ministero alle spese.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello il
Ministero ha proposto ricorso, con atto notificato il
3 luglio 2014, sulla base di un unico motivo, con cui
denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 4,
comma 4-bis, della legge n. 512 del 1999 e dell’art.
11 preleggi, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
La sig. Giuseppina Geraldi ha resistito con
controricorso.
Il ricorso appare infondato, giacché in base al
principio posto dalle Sez. Unite di questa Corte
(Ordinanza n. 26626 del 2007 e Sentenza n. 21927 del
2008), costituente diritto vivente – secondo cui le
vittime del terrorismo e della criminalità
organizzata sono titolari, in presenza delle
condizioni di legge, di un vero e proprio diritto
soggettivo all’erogazione della speciale elargizione
prevista dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302, essendo
al riguardo la P.A. priva di ogni potestà
discrezionale, sia con riguardo all’entità della
somma che con riguardo ai presupposti per la
erogabilità – nel caso in cui, successivamente alla
domanda di concessione siano mutati i presupposti per
Ric. 2014 n. 17962 sez. M1 – ud. 14-07-2015
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udito l’Avvocato DANIELE CIUTI, che si riporta e insiste per il

Letta la memoria di parte ricorrente.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di
definizione contenuta nella relazione di cui sopra;
che le osservazioni critiche contenute nella memoria
di parte ricorrente non colgono nel segno;
che, secondo tale memoria, il credito attribuito
dalla legge in esame (n. 512 del 1999) sorgerebbe
«solo all’esito del completamento di un procedimento
amministrativo, sia pure connotato dall’assenza di
discrezionalità in capo all’Amministrazione», ma in
ogni caso mediato da un procedimento amministrativo,
che deve connotarsi in base al principio di legalità,
onde la sopravvenienza normativa che muti
beneficio,
prima
presupposti
di
accesso
al
dell’adozione del provvedimento conclusivo, comporta
la necessità di fare applicazione del principio
In tal senso si sarebbe
tempus regit actum.
determinata questa stessa Corte nella sentenza n.
15247 del 2006, in relazione ad una controversia
attinente al diritto soggettivo dello straniero di
entrare nel territorio dello Stato per motivi di
ricongiungimento familiare;
che, infatti, contrariamente a quanto afferma il
ricorrente, la sentenza da ultimo menzionata si
riferisce ad una posizione soggettiva oggetto di
apprezzamenti e valutazioni da parte della P.A., così
come, del resto, afferma la massima ufficiale della
pronuncia (secondo cui:«1/ rilascio del visto di
ingresso allo straniero richiedente il
ricongiungimento familiare si configura come l’atto
conclusivo di un procedimento amministrativo a
formazione complessa, il quale coinvolge sia le
determinazioni espresse dalla Questura, sia le
valutazioni dell’Autorità consolare, di guisa che,
dovendo gli atti e i provvedimenti amministrativi
essere formati nel rispetto della normativa vigente

Ric. 2014 n. 17962 sez. M1 – ud. 14-07-2015
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il conseguimento di quella elargizione, di tale
mutamento (dei presupposti) non può tenersi conto,
avendo l’avente diritto già maturato il diritto
soggettivo
alla
sua
attribuzione,
restando
irrilevante la mancata conclusione del procedimento
amministrativo volto a porre in essere le attività
volte a rendere effettivo quel riconoscimento.
Né, in questo ambito, può rettamente discorrersi di
effetti di un rapporto giuridico non ancora esaurito,
trattandosi di questione che investe esclusivamente i
presupposti del diritto soggettivo.».

In tema di elargizioni in favore delle vittime della
criminalità organizzata, in presenza delle condizioni
dettate dalla legge n. 512 del 1999 (e succ. mod. ed
integr.), gli aventi diritto al beneficio risultano
titolari di un vero e proprio diritto soggettivo alla
sua erogazione essendo, al riguardo, la P.A. priva di
ogni potestà discrezionale, con riferimento sia
all’entità della somma che ai presupposti per la sua
derogabilltà. Pertanto, nel caso in cui,
successivamente alla domanda di riconoscimento, siano
venuti a mutare i presupposti per il suo
conseguimento, del mutamento dei presupposti non può

Ric. 2014 n. 17962 sez. M1 – ud. 14-07-2015
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al momento della loro emanazione, il sopravvenire di
una nuova legge durante lo svolgimento del
procedimento comporta l’applicazione del principio
“tempus regit actum”, nel senso che ciascuna delle
fasi va sottoposta alla disciplina della legge
vigente nel tempo in cui viene compiuta. Pertanto, lo
“ius superveniens”, costituito dall’art. 23 della
legge 30 luglio 2002, n. 189, che ha modificato la
lettera c) dell’art.29 d.lgs. n.286 del 1998,
aggiungendo alla frase “genitori a carico” la
proposizione “qualora non abbiano altri figli nel
Paese di origine o di provenienza ovvero genitori
ultrasessantacinquenni qualora gli altri figli siano
impossibilitati al loro sostentamento per documentati
gravi motivi di salute”, deve essere applicato
qualunque sia la fase del procedimento, e quindi
anche dopo il rilascio del nulla osta e sino alla
concessione del visto di ingresso.»:Sez. l, Sentenza
n. 15247 del 2006);
che, nel caso di cui alla legge 512 del 1999, invece,
la P.A. non dispone di alcun potere di valutazione
discrezionale, non solo del diritto, ma finanche dei
presupposti dai quali scaturisce il diritto,
attribuito direttamente dalla legge all’avente
diritto, onde a tali procedimenti amministrativi, del
cd. tipo accertativo, non compete affatto
l’applicazione del richiamato principio del tempus
regit actum, ma – assai più semplicemente – quello
della ricognizione dei presupposti stabiliti dalla
legge per la «certificazione» del diritto di credito
e del suo ammontare;
che a tale conclusione si perviene facendo lineare
applicazione dei principi già posti (e sopra
richiamati) dalle Sezioni unite di questa Corte, a
cui deve darsi continuità semplicemente esplicitando
il seguente corollario, rilevante nel caso di specie:

che non ha pregio neppure la tesi già accennata nel
ricorso, e meglio sviluppata nella memoria, secondo
cui il comma 4-bis dell’art. 4 della 1. n. 512 del
1999 (introdotto in virtù della modifica normativa di
cui al DL n. 151 del 2008 convertito, con
modificazioni, nella legge n. 186) costituirebbe una
sorta di norma interpretativa che non avrebbe mutato
il quadro attributivo dei benefici preesistente alla
modifica, onde la fondatezza del ricorso in questa
seconda parte;
che, infatti, la modifica legislativa menzionata,
costituendo un’ulteriore eccezione all’attribuzione
dei benefici alle vittime dei crimini mafiosi, non
può essere ricavata in via interpretativa, per
l’eccezionalità di ogni previsione che quei vantaggi
limita, non estensibili oltre attraverso operazioni
ermeneutiche, ma per mezzo di modifiche legislative;
che, in conclusione, il ricorso deve essere respinto;
che le spese giudiziali seguono la soccombenza e si
liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente
al rimborso delle spese processuali sostenute dal
controricorrente, che liquida in complessivi euro
3.100, di cui euro 100 per esborsi, oltre a spese
generali forfettarie e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
l a sezione civile della Corte di cassazi9ne, il 14

tenersi conto (se non per l’avvenire) in quanto
l’avente diritto ha già maturato, in base alla legge,
la posizione soggettiva perfetta, restando
irrilevante la mancata conclusione del procedimento
amministrativo, volto solo a certificare l’an ed il
quantum del credito;

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