Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21304 del 14/09/2017


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Cassazione civile, sez. un., 14/09/2017, (ud. 04/07/2017, dep.14/09/2017),  n. 21304

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Primo Presidente f.f –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente di Sez. –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5060/2016 proposto da:

F.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 12,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PALLOTTINO, rappresentato

e difeso dall’avvocato PIETRO PATERNITI LA VIA;

– ricorrente –

contro

ENTE PARCO DEI NEBRODI, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso la

sig.ra ANTONIA DE ANGELIS, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIOVANNI IMMORDINO;

ASSESSORATO REGIONALE DEL TERRITORIO E DELL’AMBIENTE, in persona

dell’Assessore pro tempore, REGIONE SICILIA, in persona del

Presidente pro tempore della Giunta Regionale, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n 551/2015 del CONSIGLIO DI GIUSTIZIA

AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – PALERMO, depositata il

16/07/2015.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2017 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

uditi gli Avvocati Pietro Paterniti La Via, Umberto Ilardo per delega

dell’avvocato Giovanni Immordino e Roberto Palasciano per

l’Avvocatura Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (di seguito, C.G.A.S.) ha respinto l’appello proposto da F.C. contro la sentenza del TAR della Sicilia che aveva, a sua volta, respinto il ricorso dell’appellante volto ad ottenere l’annullamento delle note con le quali l’Ente Parco dei Nebrodi aveva negato il suo diritto ad essere risarcito, quale proprietario di una vasta piantagione di ciliegio sita all’interno del Parco, dei danni subiti per la perdita dei frutti, dovuta a razzie della fauna aviaria protetta che popola l’area.

Il giudice d’appello, a correzione della motivazione che sorreggeva la pronuncia di primo grado, ha rilevato che il ciliegeto era stato impiantato dopo l’istituzione del Parco, con la conseguenza che il ricorrente non poteva non prevedere che la produttività dell’impianto sarebbe stata quella resa possibile dalla situazione ambientale di contesto e doveva imputare a se stesso di non aver adeguatamente considerato i rischi specifici derivanti dalla presenza nel Parco dell’avifauna protetta.

La sentenza, pubblicata il 16.7.2015, è stata impugnata da C.F. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi ed illustrato da memoria, cui hanno resistito l’Ente Parco dei Nebrodi e, con separato controricorso, anch’esso illustrato da memoria, la Regione Sicilia e l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Con entrambi i mezzi di censura F.C. assume che la decisione del giudice amministrativo è viziata da eccesso di potere giurisdizionale.

1.1) Il ricorrente premette che i provvedimenti impugnati erano sorretti da motivazioni ritenute valide dal TAR, ma che il C.G.A.S. (sostanzialmente accogliendo le doglianze che egli aveva mosso, nell’atto di gravame, alla sentenza di primo grado) aveva invece reputato inidonee a giustificare il diniego degli indennizzi. Ciò precisato, sostiene che, rilevando d’ufficio la ragione di rigetto della sua domanda di annullamento ed affermando che l’indennizzo non gli era dovuto per motivi non solo non indicati nelle note, ma neppure mai prospettati dall’Ente Parco nel corso del giudizio, il giudice d’appello avrebbe travalicato i limiti della propria giurisdizione, sconfinando nella sfera della discrezionalità dell’amministrazione e nel merito delle scelte a questa riservate.

1.2) Assume, inoltre che il C.G.A.S., nel rispetto del disposto dell’art. 112 c.p.c., doveva pronunciarsi unicamente sui motivi di gravame da lui proposti, sicchè, dopo averli ritenuti fondati, avrebbe dovuto necessariamente riformare la sentenza di primo grado: statuendo d’ufficio, in violazione del principio dispositivo, su un’eccezione non sollevata dalle parti ed impedendogli di contraddire sulla questione, il giudice amministrativo sarebbe pertanto incorso in un ulteriore vizio di eccesso giurisdizionale, configurabile quale diniego di giustizia.

2) I motivi, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili.

L’eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nell’area del merito riservata alla P.A. non ricorre quando il giudice amministrativo si limiti a decidere della legittimità di un atto amministrativo che non sia il frutto di scelte discrezionali istituzionalmente riservate alla P.A., ma costituisca l’esito della dovuta attività interpretativa di norme alla cui osservanza essa è vincolata.

Nella specie, l’accoglimento delle domande di indennizzo avanzate da F. non era rimesso ad una valutazione discrezionale dell’Ente Parco, ma presupponeva la verifica della sussistenza di un nesso causale “immediato e diretto” fra il pregiudizio da questi lamentato ed il rispetto delle prescrizioni regolamentari emanate dall’Ente per il perseguimento delle finalità istituzionali del parco: nesso di cui il C.G.A.S. ha escluso la ricorrenza, pervenendo alla medesime conclusioni cui era giunta l’amministrazione, ancorchè sulla scorta di una ragione di fatto (l’aver il F. impiantato il ciliegeto in data successiva all’istituzione del Parco dei Nebrodi) da questa non considerata.

Il giudice a quo ha dunque esercitato un sindacato esclusivamente di legittimità, e non di merito, utilizzando non il parametro dell’opportunità o della convenienza, ma quello della conformità dell’atto alla disciplina legale e regolamentare dettata in materia.

Esula, d’altro canto, dal sindacato demandato a questa Corte ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, stabilire se la decisione si fondi, secondo quanto pure dedotto dal ricorrente, su di un’errata interpretazione del quadro normativo di riferimento, la quale, quand’anche concretamente riscontrabile, non potrebbe comportare alcuna invasione nel campo riservato alle scelte discrezionali della P.A., ma integrerebbe unicamente un error in iudicando, e dunque una violazione dei limiti interni della giurisdizione amministrativa.

Per le medesime ragioni va escluso che la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., ove effettivamente sussistente, possa risolversi in un vizio di eccesso di potere giurisdizionale sotto il profilo del diniego di giustizia, che è ravvisabile, secondo quanto già ripetutamente affermato da questa Corte, soltanto nelle ipotesi “estreme” in cui gli errores in procedendo si siano tradotti in “una decisione anomala o abnorme, tale da condurre a un radicale stravolgimento delle norme europee di riferimento, così come interpretate dalla Corte di Giustizia”, sì da precludere l’accesso stesso della parte alla tutela dinanzi al giudice amministrativo (fra molte, Cass. S.U. n. 11520 del 2017, n. 2242 del 2015, n. 2043 del 2014, n. 1013 del 2014).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano in dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in favore della Regione Sicilia e dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente in Euro 5.200, oltre le spese prenotate a debito, ed in favore dell’Ente Parco dei Nebrodi in Euro 4.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2017

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