Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21301 del 05/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 05/10/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 05/10/2020), n.21301

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25007-2014 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO

61, presso lo studio dell’avvocato MARIA GRAZIA PICCIANO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso la

sede legale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

LUCIANA ROMEO e EMILIA FAVATA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 408/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 24/04/2014, R.G.N. 1335/2012.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 24.4.2014, la Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva escluso l’etiologia professionale della malattia denunciata da P.L. all’INAIL in data 12.11.2008, rigettando conseguentemente la sua domanda concernente le connesse prestazioni previdenziali;

che avverso tale pronuncia P.L. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico articolato motivo di censura, illustrato con memoria;

che l’INAIL ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., art. 2697 c.c., artt. 112,115 e 196 c.p.c., art. 149 disp. att. c.p.c., T.U. n. 1124 del 1965, artt. 3, 79 e 84, D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, comma 2, lett. A) e B), e artt. 3 e 38 Cost., per avere la Corte di merito “accolto acriticamente le conclusioni peritali nonostante la loro manifesta illogicità e lacunosità laddove esclud(ono) la natura professionale delle protrusioni discali, discopatie ed ernie discali multiple riscontrate (…) in virtù della (…) natura multifattoriale e (del)la diffusione nella popolazione nazionale di pari età, ritenendo assenti o comunque insufficienti altri elementi utili per definire di natura tecnopatica la rachipatia accertata” (così il ricorso per cassazione, pag. 11);

che, al riguardo, costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da patologie dell’assicurato, le conclusioni del consulente tecnico di ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità solo ex art. 360 c.p.c., n. 5 e nella misura in cui si denunci una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico-legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali, risolvendosi altrimenti in un mero dissenso diagnostico non deducibile in sede di legittimità (cfr., fra le tante, Cass. nn. 8654 del 2008, 22707 del 2010, 1652 del 2012 e, tra le più recenti, Cass. nn. 23093 del 2016 e 27807 del 2017);

che, ciò posto, il motivo è all’evidenza inammissibile, proponendosi di veicolare – ad onta del riferimento a presunte violazioni di legge sostanziale e processuale – una richiesta di riesame del giudizio di fatto in base al quale la Corte territoriale ha escluso la ricorrenza in specie dell’etiologia professionale della malattia denunciata in fattispecie di doppia conforme di merito, in relazione alla quale la denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo non è punto ammessa, giusta la previsione dell’art. 348-ter c.p.c., u.c.;

che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15 % e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2020

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