Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21300 del 09/10/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 21300 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 14037-2008 proposto da:
PALMIERI CIRO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio
dell’avvocato D’AREZZO MARCO, rappresentato e difeso
dagli avvocati PASQUALE FATIGATO, D’ALOISO LEONARDO,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014

contro

1813

FARRUKU QERIM;
– intimato –

avverso la sentenza n. 203/2008 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 09/10/2014

di BARI, depositata il 20/02/2008 R.G.N. 2393/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/05/2014 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

rigetto del ricorso.

Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il

Udienza del 22 maggio 2014 — Aula A
n. 9 del ruolo — RG n. 14037/08
Presidente: Stile – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata (depositata il 28 febbraio 2008) accoglie, per quanto
di ragione, l’appello proposto da Qerim Fanuku avverso la sentenza del Tribunale di Foggia del 31
marzo 2003 e, in riforma di tale sentenza, condanna Ciro Palmieii a: 1) pagare al Farmici.’ la somma
di euro 74.044,50 oltre accessori di legge a titolo di differenze retributive (per lavoro ordinario,
straordinario, tredicesima mensilità e TFR, con esclusione della quattordicesima mensilità, in
applicazione dell’art. 36 Cost.); 2) regolarizzare la posizione contributiva e assicurativa del
lavoratore, in relazione alle suindicate differente retributive; 3) pagare le spese giudiziali del doppio
grado di merito del giudizio.
La Corte d’appello di Bari, per quel che qui interessa, precisa che:
a) data la tardiva costituzione del Palmieri nel giudizio di primo grado, con le consequenziali
decadenze processuali verificatesi anche per le richieste istruttorie, deve dichiararsi, in primo luogo,
inammissibile ex art. 437, secondo comma, cod. proc. civ., la produzione di documenti effettuata
dallo stesso per la prima volta in appello;
b) sono fondate le argomentazioni dell’appellante, già esposte in primo grado, sulla riferibilità
delle mansioni svolte — di operaio di stalla — al CCNL dei braccianti agricoli, prodotto in giudizio,
in quanto si tratta di compiti agevolmente inquadrabili nella figura-base di operaio comune;
c) d’altra parte, il Palmieri ha sostenuto di aver sempre applicato al rapporto lavorativo in
oggetto un non meglio identificato contratto collettivo del settore zootecnico, che peraltro non ha
mai prodotto, anche dopo un esplicito invito in tal senso all’udienza del 7 ottobre 2004;
d) nel merito, dall’esame delle risultanze della ampia prova testimoniale espletata, coordinato
con quanto si desume in via induttiva dalle dichiarazioni rese dallo stesso Palmieri al Servizio
Ispezione del Lavoro della DPL (Direzione Provinciale del Lavoro) di Foggia, è stato accertato che
il ricorrente ha lavorato alle dipendenze del Palmieri dal luglio 1994 al 24 luglio 2000, con un
orario giornaliero riferito anche ai giorni festivi di almeno 16 ore per giorno con un’ora di pausa per
il pranzo, senza fruire di ferie e senza che gli fosse concesso di allontanarsi mai dal posto di lavoro
(tanto che neppure conosceva la città di Foggia), che si occupava della stalla e delle mucche, per
tutto ciò che serviva;
e) per la determinazione delle differenze retributive dovute, a fronte delle buste paga prodotte
dal datore di lavoro, l’interessato ha provato di aver riscosso per l’intero periodo la somma di lire
40.000 al giorno, pari a lire 1.200.000 mensili, su questa base si perviene alla somma totale
suindicata, tenendo conto del conteggio analitico allegato al ricorso introduttivo e mai
specificamente contestato, predisposto dal Farruku prendendo come riferimento i compensi previsti

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

per gli operai comuni dal citato CCNL, applicabili come parametri ex art. 36 Cost. e, per questo,
con esclusione della quattordicesima mensilità;
O pertanto, come richiesto dall’interessato, il Palmieri è obbligato a regolarizzare la posizione
contributiva e assicurativa del lavoratore, in relazione alle suindicate differente retributive;

2.— Il ricorso di Ciro Palmieri domanda la cassazione della sentenza per cinque motivi; Qerim
Farruku non svolge attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve essere preliminarmente precisato che al presente ricorso si applicano ratione temporis le
prescrizioni di cui all’art. art. 366-bis cod. proc. civ.

I Sintesi dei motivi di ricorso

1.— Il ricorso è articolato in cinque motivi, di cui i primi quattro proposti con riguardo all’art.
360, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., rispettivamente per:
a) violazione degli artt. 112 e 329 cod. proc. civ. e dell’art. 2099 cod. civ. per avere la Corte
d’appello, con illogica e apodittica motivazione, ritenuto che l’accertamento effettuato dal primo
giudice a proposito dell’applicazione del contratto collettivo per i dipendenti da allevatori, consorzi
ed enti zootecnici non era coperto dal giudicato interno, visto che il lavoratore aveva contestato solo
la “applicabilità in astratto” del suindicato contratto, ma non “aveva espressamente l’accertamento
giudiziale contenuto nella sentenza di primo grado .. in merito alla effettiva applicazione da parte
del Palmieri ” del suddetto contratto (primo motivo);
b) violazione dell’art. 2697 cod. civ. e motivazione illogica per avere la Corte territoriale
condannato il Palmieri al pagamento delle differenze retributive determinate ex art. 36 Cost., sulla
base del contratto collettivo “scelto” dal lavoratore e in assenza di allegazione e prova
dell’inadeguatezza in concreto della retribuzione corrisposta sulla base di un contratto collettivo non
depositato (secondo motivo);
c) violazione e mancata applicazione dell’art. 36 Cost. e motivazione illogica e apodittica, per
avere la Corte barese determinato la retribuzione ex art. 36 Cost. senza effettuare la dovuta
valutazione di equità e proporzionalità della retribuzione percepita e sulla base dei conteggi del
lavoratore, considerati non contestati dal datore di lavoro, benché questi avesse contestato la stessa
applicabilità, nella specie, del CCNL sulla cui base erano stati elaborati i conteggi (terzo motivo);
d) violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 36 Cost. per avere il Giudice d’appello,
con motivazione illogica, apodittica e contraddittoria, condannato il Palmieri al pagamento di
differenze retributive non equivalenti al “minimo costituzionale”, ma comprendenti voci, quali
l’E.D.R. e l’indennità integrativa provinciale indebitamente incluse nella base di calcolo della

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g) non spetta, invece, l’indennità di mancato preavviso perché il lavoratore non ha fornito
alcuna prova specifica idonea a smentire la genuinità della dichiarazione di dimissioni a sua firma
prodotta dalla controparte.

retribuzione nonché lo straordinario calcolato con le maggiorazioni previste dal CCNL (quarto
motivo);

III — Esame delle censure
2.- I primi quattro motivi di ricorso — da esaminare congiuntamente data la loro intima
connessione — non sono da accogliere, per le ragioni di seguito esposte.
Posto che il ricorrente non contesta lo svolgimento dei fatti come riportato nella sentenza
impugnata, va rilevato che, nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge
contenuto nell’intestazione dei motivi, tutte le censure con essi proposte si risolvono nella denuncia
di vizi di motivazione della sentenza impugnata ma non per errori di logica giuridica — che
renderebbero la motivazione stessa incongrua o incoerente e quindi emendabile in sede di giudizio
di cassazione — bensì per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della
ricostruzione dei fatti, con l’inammissibile intento di sollecitare una lettura delle risultanze
processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito
A ciò va aggiunto che le censure medesime sono prospettate senza il dovuto rispetto del
principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, in base al quale il ricorrente qualora
proponga delle censure attinenti all’esame o alla valutazione di documenti o atti processuali è tenuto
ad assolvere il duplice onere di cui all’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. e all’art. 369, n. 4, cod. proc.
civ. di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli
nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza (ex art. 366, n. 6, cit.) nonché
di individuare in quale sede processuale sono stati prodotti, con riferimento alla sequenza dello
svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di
cassazione, onde renderne possibile l’esame (vedi, per tutte: Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass.
SU 3 novembre 2011, n. 22726; Cass. 8 aprile 2013, n. 8569).
In applicazione di tale principio è jus receptum che la parte che impugna una sentenza con
ricorso per cassazione per omessa pronuncia su una domanda o eccezione ha l’onere, per il
principio di specificità del motivi del ricorso, a pena di inammissibilità, di precisare in quale atto
difensivo o verbale di udienza l’ha formulata, per consentire al giudice di verificarne la ritualità e
tempestività, e quindi la decisività della questione, e perché, pur configurando la violazione dell’art.
112 cod. proc. civ. un error in procedendo, per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del
“fatto processuale”, non essendo tale vizio rilevabile d’ufficio, il potere-dovere della Corte di
esaminare direttamente gli atti processuali non significa che la medesima debba ricercarli
autonomamente, spettando, invece, alla parte indicarli (vedi, fra le tante: Cass. 17 gennaio 2007, n.
978; Cass. SU 14 maggio 2010, n. 11730; Cass. SU 24 luglio 2013, n. 17931; Cass. 31 ottobre
2013, n. 24553).
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2.— Con il quinto motivo si denuncia, violazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 112 cod. proc.
civ., per avere la Corte barese condannato, genericamente, il Palmieri al versamento dei contributi
in favore dell’INPS — terzo estraneo al giudizio, nei confronti del quale il Palmieri non ha quindi
esercitato il proprio diritto di difesa — in relazione alle accertate differenze retributive, mentre
l’interessato aveva sempre chiesto — sia in primo sia in secondo grado — che tale condanna fosse
limitata “al periodo escluso dalla verifica dell’Ispettorato di Foggia e cioè dal luglio 1994 al 19
marzo 1996”.

3.- E di quest’ultimo principio il ricorrente non ha tenuto conto, neppure con riguardo al
quinto motivo, che, quindi, va anch’esso respinto.

5.- In particolare, per quel che riguarda l’adeguamento della retribuzione ai sensi dell’art. 36
Cost. — a fronte di una motivazione molto ben argomentata e conforme al consolidato principio
secondo cui il giudice può assumere a parametro il contratto collettivo di settore, anche se il datore
di lavoro non aderisca ad alcuna delle organizzazioni sindacali che lo hanno sottoscritto (vedi, per
tutte: Cass. 4 dicembre 2013, n. 27138) — il ricorrente sostiene che sarebbero stati inclusi nel
calcolo compensi che non avrebbero dovuto esservi compresi, ma non offre alcuna dimostrazione di
tale asserzione.
D’altra parte, per quanto riguarda il quinto motivo, il ricorrente dimentica l’altrettanto
consolidato principio affermato da questa Corte — cui la Corte d’appello si è attenuta — secondo cui
nel caso di omissione contributiva, sussiste l’interesse del lavoratore ad agire per il risarcimento del
danno ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l’erogazione delle prestazioni
previdenziali, avvalendosi della domanda di condanna generica, ammissibile anche nel rito del
lavoro, per accertare la potenzialità dell’omissione contributiva a provocare danno, salva poi la
facoltà di esperire, al momento del prodursi dell’evento dannoso (coincidente, in caso di omesso
versamento dei contributi previdenziali, con il raggiungimento dell’età pensionabile), l’azione
risarcitoria ex art. 2116, secondo comma, cod. civ., oppure quella diversa, in forma specifica, ex art.
13 della legge 12 agosto 1962 n. 1338 (vedi, per tutte: Cass. 5 febbraio 2014, n. 2630).
6.- Da ultimo, e sullo sfondo, il ricorrente, nelle sue molteplici argomentazioni, non prende
proprio in considerazione le condizioni di lavoro che egli ha imposto al Farruku, la cui descrizione,
come effettuata nella sentenza impugnata, è pacifica tra le parti, nel senso che: il ricorrente ha
lavorato alle dipendenze del Palmieri dal luglio 1994 al 24 luglio 2000, con un orario giornaliero
riferito anche ai giorni festivi di almeno 16 ore per giorno con un’ora di pausa per il pranzo, senza
fruire di ferie e senza che gli fosse concesso di allontanarsi mai dal posto di lavoro (tanto che
neppure conosceva la città di Foggia), che si occupava della stalla e delle mucche, per tutto ciò che
serviva.
La mancata percezione del disvalore umano e sociale della condizione di lavoro e di vita
imposta al dipendente comporta anche la omessa considerazione dell’impegno, risultante dall’art. 2,
comma 3, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) secondo cui ai lavoratori stranieri “la
Repubblica italiana, in attuazione della convenzione dell’OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata
con legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce … parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti
rispetto ai lavoratori italiani” e anche del fatto che questo impegno — che è del nostro Paese e quindi
di tutti i datori di lavoro che vi operano — trova la sua base, oltre che nell’art. 3 della Costituzione,
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4.- A ciò è da aggiungere, per completezza, che la decisione assunta con la sentenza
impugnata rappresenta una corretta applicazione degli indirizzi giurisprudenziali di questa Corte
con riguardo alle questioni trattate, che risulta effettuata sulla base di congrue valutazioni delle
risultanze probatorie dal Giudice di appello adeguatamente motivate, attraverso l’adozione a
sostegno della decisione di un iter logico—argomentativo chiaramente individuabile e che non
presenta alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione

nell’art. 14 della CEDU oltre che negli artt. 15, comma 3, e 21 della Carta dei diritti fondamentali
UE, come rispettivamente interpretate dalle Corti di Strasburgo e Lussemburgo.
Tali principi, sia pure implicitamente, sono stati invece presi in considerazione dalla Corte
barese, la cui sentenza, da questo punto di vista, risulta ineccepibile.
IV

Conclusioni

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 22 maggio 2014.

7.- In sintesi, il ricorso va respinto. Nulla si dispone per le spese del presente giudizio di
legittimità, essendo Qerim Farruku rimasto intimato.

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