Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21299 del 09/10/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 21299 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 12482-2013 proposto da:
LONOCE NICOLA C.F. LNCNCL58B221018E, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE l, presso lo
studio GHERA – GAROFALO, rappresentato e difeso
dall’avvocato GAROFALO DOMENICO, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2014
1612

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio

Data pubblicazione: 09/10/2014

dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 355/2012 della CORTE D’APPELLO
DI LECCE SEZ. DIST. DI TARANTO, depositata il

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/05/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
udito l’Avvocato GHERA FEDERICO per delega GAROFALO
DOMENICO;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega PESSI
ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

07/11/2012 R.G.N. 85/2003;

1

R. G. n. 12482/13
Ud. 7.5.14
Lonoce c. Poste Italiane S.p.A.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 7.11.12 la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata
di Taranto, in riforma della sentenza emessa in prime cure dal Tribunale della stessa
sede rigettava la domanda di Nicola Lonoce intesa ad ottenere l’invalidazione del

licenziamento intimatogli il 22.5.2000 da Poste Italiane S.p.A. per aver ottenuto
l’iscrizione nella lista degli invalidi presso l’UPLMO di Taranto — e, per l’effetto,
l’assunzione alle dipendenze della suddetta società – previa produzione di
documentazione medica falsa.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre Nicola Lonoce affidandosi a due motivi,
poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.
Poste Italiane S.p.A. resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1- Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 654
c.p.p. per avere i giudici di merito erroneamente ritenuto vincolante nel giudizio
civile la sentenza n. 355/12 di proscioglimento per prescrizione pronunciata dalla
Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, nei confronti del
ricorrente, sentenza emessa all’esito del processo svoltosi a suo carico per gli stessi
fatti oggetto del licenziamento disciplinare per cui è causa; ciò i giudici del gravame
hanno affermato — prosegue il ricorso — in base all’erroneo presupposto che anche
una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione implichi
l’accertamento dei fatti nella loro materialità, al punto da vincolare il giudice civile
e, quindi, da esonerarlo dalla loro autonoma valutazione quanto a fondatezza
dell’addebito sotto il profilo oggettivo e soggettivo.
Censura sostanzialmente analoga si fa valere con il secondo motivo, sotto forma
di violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 34 CCNL per il personale di
Poste Italiane S.p.A. e 2119 c.c., nonché di omesso esame di un fatto decisivo e
controverso.

2- I due motivi — da esaminarsi congiuntamente perché connessi — sono fondati.

1

2

R.G. n. 12482/13
Ud. 7.5.14
Lonoce c. Poste Italiane S.p.A.

Contrariamente a quanto asserito dalla gravata pronuncia, il giudicato penale è
vincolante (nei sensi e nei limiti di cui all’art. 654 c.p.p. quanto all’accertamento
degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale) nel giudizio civile
od amministrativo solo ove si tratti di sentenza penale irrevocabile di condanna o di

assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento, mentre nel caso di specie si è
trattato di sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione.
Né può ipotizzarsi una sorta di estensione analogica dell’art. 654 c.p.p. anche a
sentenze meramente dichiarative della prescrizione, vuoi per il carattere eccezionale
della norma (che deroga al principio generale — proprio del vigente c.p.p. —
dell’autonomia della giurisdizione del giudice civile rispetto a quella del giudice
penale: cfr., ex aliis, Cass. 17.6.13 n. 15112; Cass. 18.1.07 n. 1095), vuoi perché
non sempre la prescrizione importa accertamento della sussistenza del fatto
materiale costituente reato, accertamento assorbito dall’obbligo di immediata
declaratoria di una causa di estinzione del reato previsto dall’art. 129 co. 10 c.p.p.,
che innanzi al giudice penale impedisce di proseguire oltre nella delibazione del
materiale di causa.
Né — per altro – di per sé dimostra sempre e comunque l’avvenuto accertamento
del fatto reato la mancata applicazione della prevalenza del proscioglimento nel
merito di cui all’art. 129 cpv. c.p.p., trattandosi di norma che presuppone l’evidenza
della prova della non colpevolezza che emerga dagli atti in modo a tal punto
incontestabile che la valutazione del giudice appartenga più al concetto di
“constatazione”, ossia di percezione ictu ocu/i, che a quello di “apprezzamento” e
sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di
approfondimento (cfr. in tal senso Cass. pen. S.U. n. 35490 del 28.5.09, dep.
15.9.09).
Dunque, nel caso in esame, a fronte di una sentenza penale di estinzione del reato
per prescrizione, l’impugnata sentenza avrebbe dovuto svolgere un autonomo
apprezzamento non solo della potenziale rilevanza disciplinare del fatto, ma — ancor
prima — della sua effettiva esistenza (essendo controversa fra le parti).
Invece la Corte territoriale non ha svolto alcun autonomo apprezzamento delle
prove raccolte in sede penale, limitandosi a recepirne l’esito complessivo in base
2

3

R. G. n. 12482/13
Ud. 7.5.14
Lonoce c. Poste Italiane S.p.A.

all’erronea supposizione della loro vincolatività, senza alcun vaglio critico e senza
neppure indicare le fonti di prova utilizzate.
L’unica valutazione eseguita dalla gravata pronuncia concerne non già la
sussistenza storica del fatto oggetto di contestazione disciplinare — che, come s’è

detto, erroneamente ha ritenuto vincolante per come ricavabile dalla sentenza
penale — bensì la sua mera rilevanza quale giusta causa di licenziamento,
valutazione che però costituisce un posterius rispetto al preliminare ed autonomo
accertamento, da parte del giudice del lavoro, della verità storica del fatto
medesimo.
Il vizio denunciato è, poi, decisivo perché riguarda la prova della dedotta giusta
causa di licenziamento, vale a dire l’asserita falsità dei certificati medici presentati
da Nicola Lonoce per poter ottenere l’iscrizione nella lista degli invalidi presso
l’UPLMO di Taranto e l’assunzione per chiamata diretta alle dipendenze della
società controricorrente.
Per altro, va meglio chiarita anche la possibilità di utilizzo nel giudizio civile delle
prove raccolte in sede penale.
Invero, una volta che si escluda il ricorrere di ipotesi di vincolatività del giudicato
penale, il giudice civile può anche non rinnovare innanzi a sé le prove testimoniali
raccolte nel processo penale, ma solo se siano state assunte in dibattimento nel
contraddittorio tra le parti (altrimenti si incorrerebbe in una violazione dell’art. 111
co. 2°, primo periodo, Cost.) o se la verifica dibattimentale sia mancata per scelta
dell’imputato, che abbia optato (ma non è questo il caso in oggetto) per un rito
alternativo come il giudizio abbreviato ex artt. 438 e ss. c.p.p. o il cd.
patteggiamento ex artt. 444 e ss. c.p.p. (cfr. Cass. 30.1.13 n. 2168; Cass. 8.1.08 n.
132).
In altre parole, al di fuori dell’ipotesi di riti alternativi scelti dall’imputato, in
nessun caso il giudice civile può avvalersi di materiale probatorio acquisito senza
contraddittorio in sede penale (come avviene, ad esempio, per le sommarie
informazioni assunte nel corso delle indagini preliminari), salvo che le parti non
gliene facciano concorde richiesta.

3

4

R.G. n. 12482/13
Ud. 7.5.14
Lonoce c. Poste Italiane S.p.A.

Inoltre, anche quando si limita a recepire – senza rinnovarle — prove che siano
state assunte in sede penale nel contraddittorio tra le parti, il giudice civile non può
esimersi dal procedere ad un loro autonomo apprezzamento quanto ad attendibilità,
affidabilità e rilevanza, dando altresì conto e ragione del perché non ha ritenuto di

accogliere l’eventuale istanza di nuova assunzione in sede civile ritualmente
avanzata da una delle parti.
Diversamente, si finirebbe con il reintrodurre surrettiziamente quella vincolatività
del giudicato penale che si è esclusa al di fuori delle ipotesi tassative previste dal
c.p.p.
È, poi, appena il caso di notare che i precedenti di Cass. n. 15572/2000 e Cass. n.
11483/04, richiamati dalla Corte territoriale, statuiscono principi diversi da quelli
ritenuti dalla gravata pronuncia, nel senso che il primo arrét afferma che la sentenza
pronunciata a norma dell’art. 444 c.p.p. non ha efficacia nei giudizi civili o
amministrativi e il secondo puntualizza che il giudice civile può utilizzare come
fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale già definito
con sentenza passata in giudicato e fondare il proprio giudizio su elementi e
circostanze già acquisiti “con le garanzie di legge” in quella sede, procedendo a tal
fine a diretto esame del contenuto del materiale probatorio ovvero ricavandoli dalla
sentenza penale o, se necessario, dagli atti del relativo processo, in modo da
individuare esattamente i fatti materiali accertati per poi sottoporli a proprio vaglio
critico svincolato dall’interpretazione e dalla valutazione che ne abbia dato il
giudice penale.
Ma — giova rimarcare — l’impugnata sentenza, muovendo dall’erroneo
convincimento della vincolatività della sentenza penale emessa nei confronti
dell’odierno ricorrente, ha omesso qualsiasi autonomo apprezzamento dei fatti
oggetto di contestazione disciplinare, limitandosi ad elencarli e a dichiarandoli tout
court come processualmente acclarati dal giudice penale.

3- In conclusione, il ricorso è da accogliersi, con conseguente cassazione della
sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari, che si
atterrà ai seguenti principi di diritto, enunciati ex art. 384 co. 2° c.p.p.:
4

5

R.G. n. 12482/13
Ud. 7.5.14
Lonoce c. Poste Italiane S.p.A.

“L’efficacia vincolante del giudicato penale di cui all’art. 654 c.p.p. è propria
delle sole sentenze penali irrevocabili di condanna o di assoluzione pronunciate in
seguito a dibattimento e non anche delle sentenze di proscioglimento per

dell’azione penale”.
“Al di fuori delle ipotesi, tassative, di vincolatività del giudicato penale in quello
civile previste dal vigente c.p.p., il giudice civile può anche avvalersi delle prove
raccolte in sede penale quando esse siano state assunte nel contraddittorio tra le
parti o quando il contraddittorio sia mancato per l’autonoma scelta dell’imputato
di avvalersi di riti alternativi oppure quando tutte le parti gliene facciano concorde
richiesta, ma in ogni caso deve procedere ad autonoma e motivata valutazione
dell’attendibilità, dell’affidabilità e dell’idoneità delle prove medesime a
dimostrare l’esistenza o l’inesistenza dei fatti rilevanti nella controversia civile
innanzi a lui pendente.”.
P.Q.M.

La Corte
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese, alla
Corte d’appello di Bari.
Così deciso in Roma, in data 7.5.14.

prescrizione o per altra causa di estinzione del reato o di improcedibilità

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA