Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21295 del 09/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 09/08/2019, (ud. 30/04/2019, dep. 09/08/2019), n.21295

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9394/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione

dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati EMANUELE DE ROSE, LELIO

MARITATO, ANTONINO SGROI, GIUSEPPE MATANO, CARLA D’ALOISIO;

– ricorrenti –

contro

G.D., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE

87, presso lo studio dell’avvocato BRUNO BELLI, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati CARLO ABLONDI, LUCIA SILVAGNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1126/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 02/10/2013 R.G.N. 185/2011.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

CHE:

Il Tribunale di Parma ha dichiarato illegittima l’iscrizione a ruolo dei contributi oggetto della cartella di pagamento opposta da G.D., socio ed amministratore unico della s.r.l. Negozi Funetta, avente ad oggetto le somma da corrispondere all’INPS a titolo di omessi contributi e relative sanzioni, escludendo la ricorrenza dei requisiti per la iscrizione, oltre che nella gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, anche in quella dei commercianti, non potendo i due regimi previdenziali coesistere e non avendo l’INPS, onerato della prova, dimostrato quale fosse il fattore prevalente ai fini dell’unico relativo regime;

la sentenza della Corte di appello di Bologna del 2.10.2013 confermava la decisione di primo grado che aveva dichiarato illegittima la iscrizione a ruolo con riguardo ai contributi asseritamente dovuti alla Gestione Commercianti e annullato la cartella di pagamento opposta, sui rilievo che, pur dovendo aderirsi alla tesi della legittimità della doppia iscrizione, non operando nel caso specifico la “fictio iuris” dell’unificazione della contribuzione sulla base dell’attività prevalente (così come ritenuto dal primo giudice), tuttavia non era riscontrabile, ai tini della iscrizione alla Gestione Commercianti, la sussistenza dei requisiti specificamente previsti dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, posto che risultava che gli elementi probatori raccolti nel corso dell’istruttoria giudiziale avevano impedito di ritenere integrati i requisiti normativi necessari ai fini dell’iscrizione del G. nella Gestione Commercianti in riferimento al periodo contestato e che i dati forniti dall’INPS, onerato della relativa prova, non avevano rivelato lo svolgimento, da parte del predetto, di attività sconfinante rispetto a quella di amministratore e la sussistenza dei requisiti di abitualità e prevalenza dell’attività commerciale che si assumeva svolta;

per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, in proprio e quale mandatario della SCCI s.p.a., affidando l’impugnazione ad unico motivo, cui resiste, con controricorso e successiva memoria, il G..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

l’istituto denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12 comma 11, conv. dalla L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che le norme richiamate della L. n. 662 del 1996, avevano inteso estendere l’obbligo di iscrizione ai soci di società a responsabilità limitata, prima esclusi in ragione della limitazione della loro responsabilità, e che il requisito della personale partecipazione al lavoro aziendale con abitualità e prevalenza previsto ai fini dell’iscrizione alla gestione commercianti doveva estendersi a quelle prestazioni di lavoro relative alle attività connesse, grazie alle quali il servizio veniva reso. In sostanza non solo l’espletamento di un’attività esecutiva era rilevante ai detti fini, ma anche quella organizzativa e direttiva di natura intellettuale, idonea a rendere effettivo l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti, indipendentemente dal giudizio di prevalenza che rileva in un ambito di gestioni speciali, nel cui interno possano configurarsi fattispecie unitarie ma caratterizzate dalla compresenza di elementi cd.”misti” e dalla unicità del reddito;

la questione oggetto del presente giudizio, tra le medesime parti, è stata esaminata da questa Corte di cassazione con le ordinanze nn. 4717 del 2017 e 8300 del 2016 con le quali si è osservato che la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, non ha introdotto alcun principio di alternatività tra l’iscrizione alla gestione commercianti e l’iscrizione alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e che, sotto il profilo logico-sistematico, la contemporanea iscrizione presso le due gestioni si fonda su titoli diversi: la percezione di redditi di lavoro autonomo, come amministratore della società, e la produzione di redditi di impresa, in qualità di socio che partecipa al lavoro aziendale, nel caso della gestione commercianti, sì che non può ipotizzarsi una duplicazione di contribuzione, che il legislatore ha inteso evitare con il comma 208 sopra citato;

l’orientamento interpretativo espresso da S. U. n. 3240 del 2010 è stato superato dalla legge di interpretazione autentica sopravvenuta, di cui al D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, conv., con modificazioni, in L. 30 luglio 2010, n. 122;

Sezioni Unite n. 3240 del 13/02/2010, avevano ritenuto che, nel concorso tra attività operativa e posizione di amministratore, al socio amministratore di s.r.l. si applicasse l’obbligo di iscrizione in un’unica gestione, identificata in quella relativa all’attività prevalente, la cui identificazione era onere dell’INPS. La soluzione a suo tempo accolta dalla Corte si fondava su una esegesi essenzialmente letterale della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208;

è, tuttavia, successivamente intervenuto il legislatore che, con norma interpretativa, il D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, convertito nella L. n. 122 del 2010, ha espressamente escluso, per i rapporti di lavoro per i quali è prevista l’iscrizione alla gestione separata, la regola dell’unicità dell’iscrizione, che resta possibile (presso la gestione dell’attività prevalente) solo per le attività autonome esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti;

il legislatore ha, quindi, chiarito che il criterio dell'”attività prevalente” non opera per i rapporti di lavoro – quelli a carattere autonomo – per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26, ove, a decorrere dal 1 gennaio 1996, sono tenuti ad iscriversi i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, (Testo Unico delle imposte sui redditi), nonchè i titolari di rapporti di collaborazione coordinata continuativa, di cui all’art. 49, comma 2, lett. a), del medesimo testo unico e gli incaricati alla vendita a domicilio di cui alla L. 11 giugno 1971, n. 426, art. 36;

nel riesaminare la questione, con sentenza n. 17076 dell’8 agosto 2011, le Sezioni Unite hanno enunciato i seguenti principi di diritto: “In caso di esercizio di attività in forma d’impresa ad opera di commercianti o artigiani ovvero di coltivatori diretti contemporaneamente all’esercizio di attività autonoma per la quale è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, non opera l’unificazione della contribuzione sulla base del parametro dell’attività prevalente, quale prevista dalla L. n. 662 del 1996, art. 1,comma 208”.

“Il D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, convertito, con modificazioni, nella L. n. 122 del 2010 – che prevede che la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, si interpreta nel senso che le attività autonome per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’INPS, mentre restano esclusi dall’applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, – costituisce norma dichiaratamente ed effettivamente di interpretazione autentica, diretta a chiarire la portata della disposizione interpretata e, pertanto, non è, in guanto tale, lesiva del principio del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU – quanto al mutamento delle “regole del gioco” nel corso del processo – trattandosi di legittimo esercizio della funzione legislativa garantita dall’art. 70 Cost.”, in seguito l’orientamento è stato recepito in diverse pronunce, ex plurimis: Cass. Sez. L, Sentenza n. 9153 del 6 giugno 2012; Cass. Sez. 6 – Ordinanza n. 9803 del 14 giugno 2012; dunque, alla luce di tale quadro normativo e giurisprudenziale, non opera la “fictio iuris” dell’unificazione della contribuzione sulla base del parametro dell’attività prevalente, ma vale il principio della doppia iscrizione; ne consegue che il socio di una società a responsabilità limitata, che svolge per la società stessa attività di lavoro autonomo, quale collaboratore coordinato e continuativo, è soggetto a doppia contribuzione, presso la gestione separata per i compensi di lavoro autonomo e presso la gestione commercianti per il reddito d’impresa”;

tale soluzione ha trovato l’avallo anche della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 15 dei 2012, ha riconosciuto la legittimità costituzionale della norma di interpretazione autentica in riferimento all’art. 3 Cost., art. 24 Cost., comma 1, art. 102 Cost., art. 111 Cost., comma 2, e art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;

la regola espressa dalla norma risultante dalla disposizione interpretata (L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208) e dalla disposizione di interpretazione autentica (D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11) è nel senso che l’esercizio di attività di lavoro autonomo, soggetto a contribuzione nella Gestione separata, che si accompagni all’esercizio di un’attività di impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sè comporti l’obbligo dell’iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’INPS, non è regolato dal principio dell’attività prevalente”;

si tratta di attività distinte e (sotto questo profilo) autonome, sicchè parimenti distinto ed autonomo resta l’obbligo assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa. Non opera il criterio (dell’art. 1, comma 208, cit.) dell’unificazione della posizione previdenziale in un’unica gestione secondo l’individuazione dell’attività “prevalente” (cfr., tra le più recenti, Cass. 19 marzo 2014, n. 6470; Cass. 26 marzo 2015, n. 6192; Cass. 22 maggio 2015, n. 1 0566; Cass. 1 luglio 2015, n. 13446);

tuttavia la sentenza impugnata non ha ritenuto dirimente l’accertamento del carattere prevalente dell’attività prestata dalli attuale intimato quale amministratore rispetto a quella prestata nello svolgimento dell’impresa come socio/prestatore d’opera. Ha piuttosto ritenuto, con accertamento di merito che risulta immune dalle censure genericamente svolte – non essendo presente alcuna individuazione del “fatto storico” che sarebbe stato omesso, del “come ” o del “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e della sua “decisività” – che l’attività commerciale svolta dal G., nell’ambito della società della quale era amministratore unico, non era connotata dai requisiti di abitualità e prevalenza, così come emerso dall’attività istruttoria svolta (in cui è rimasto accertato che il facere che avrebbe giustificato una doppia iscrizione non era diverso e distinto da quello di amministratore, limitandosi il G. a curare i rapporti con il fornitori, con le banche ed in generale l’attività amministrativa);

i principi di diritto richiamati, che risultano mediati da una valutazione in fatto che resiste alle censure del ricorrente, risultano pertanto correttamente applicati con riferimento alla fattispecie esaminata;

la verifica della sussistenza di requisiti di legge per la “coesistenza” in entrambe le gestioni è compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale, secondo le ordinarie regole, grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare

fatti costitutivi dell’obbligo ontributivo – cfr. ex multis Cass. 20 aprile 2002, n. 5763; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600 -) venga compiutamente assolto, potendo assumere rilevanza, ai fini di tale valutazione e, quindi, della prova dell’apporto all’attività di impresa, la collaborazione e la abituale ingerenza dell’amministratore nell’ambito produttivo dell’azienda, elementi quali la complessità o meno dell’impresa, l’esistenza o meno di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni (così, ad esempio, in presenza di una società di capitali con numerosi dipendenti ed un sistema organizzato di controlli sul personale, la diretta partecipazione al lavoro aziendale dell’amministratore, ancorchè pure socio, non beneficia di elementi presuntivi che, diversamente, possono sussistere (quando si è in presenza di una società con due soli soci, di cui uno amministratore, e senza dipendenti – si veda, per una ipotesi di questo secondo tipo, Cass. 11 luglio 2012, n. 11685-);

ciò precisato, nella specie, il decisum della Corte territoriale, incentrato sullo svolgimento da parte del G. della sola attività di amministratore, senza alcuna partecipazione diretta all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda, affidata a personale addetto alle vendite in via esclusiva, non è stato validamente infirmato dalla parte ricorrente;

il ricorso dell’INPS va, dunque, rigettato;

le spese del presente giudizio di legittimità sono compensate in ragione del consolidarsi dei principi richiamati nel corso dell’evoluzione della vicenda giudiziaria per cui è causa;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2019

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