Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21295 del 05/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/10/2020, (ud. 10/07/2020, dep. 05/10/2020), n.21295

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9938/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

IL GIOCATTOLO s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4744/01/2018 della Commissione tributaria

regionale della SICILIA, depositata il 30/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/09/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. In controversia relativa ad avviso di accertamento ai fini IVA, IRES ed IRAP relativamente all’anno d’imposta 2008, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui non replica l’intimata, avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la CTR ha rigettato l’appello dalla medesima proposto avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, rilevando la nullità dell’avviso di accertamento perchè emesso sulla base delle risultanze dell’applicazione degli studi di settore senza il preventivo necessario svolgimento del contraddittorio endoprocedimentale.

2. Sulla proposta avanzata dal relatore, ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, per avere la CTR errato nel ritenere che nel caso di specie la rettifica del reddito di impresa della società contribuente era stato effettuata con metodo induttivo puro e non mediante applicazione degli studi di settore.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce un vizio motivazionale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, e segnatamente dell’avviso di accertamento da cui emergeva che quello espletato nel caso di specie era un accertamento induttivo “puro”, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e non mediante l’applicazione degli studi di settore, con conseguente non obbligatorietà del contraddittorio con il contribuente.

3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente deduce la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, sub specie di motivazione apparente, in violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in quanto la CTR, muovendo dall’erroneo assunto che nel caso in esame l’atto impositivo era stato emesso in applicazione degli studi di settore, aveva sostanzialmente omesso di motivare sull’effettiva ripresa fiscale dell’Ufficio, condotta invece con metodo analitico.

2. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi tra loro, sono fondati e vanno accolti.

3. La circostanza che il reddito d’impresa della società contribuente sia stato rideterminato sulla base dei risultati restituiti dall’applicazione degli studi di settore, è positivamente esclusa dal contenuto dell’avviso di accertamento – che, in ossequio al principio di autosufficienza, è stato fotograficamente riprodotto nel ricorso – da cui emerge che l’accertamento nella specie è stato condotto ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), con l’applicazione di una percentuale di ricarico desunta dai “dati sviluppati tra le rappresentanze delle categorie e l’A.F. in sede di elaborazione dello Studio evoluto UM25A” e che il riferimento alla disposizione di cui al convertito D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, risulta essere stato fatto al solo fine di evidenziare l’esistenza di gravi incongruenze che giustificavano l’accertamento fiscale, poi condotto con metodo induttivo.

4. Da ciò consegue che, diversamente da quanto sostenuto dalla CTR, l’amministrazione finanziaria, cha ha condotto un accertamento c.d. “a tavolino”, ovvero senza procedere ad accessi, ispezioni o verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio dell’attività commerciale, non era tenuta ad espletare il contraddittorio con la società contribuente con riferimento ai tributi non armonizzati (cfr. ex multis, Cass. n. 27420 e n. 6219 del 2018, n. 3408 del 2017, n. 3142 del 2014, n. 13588 del 2014; Cass., Sez. U., n. 18184 del 2013, par. 3.1), mentre con riferimento a quelli armonizzati, alla sola condizione – la cui sussistenza sub specie non risulta essere stata oggetto di specifico accertamento, riservato ai giudici di merito – che il contribuente avesse assolto “l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato (cfr. Cass. 11453/14, 25054/13, ss. uu. 20935/09), e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali l’ordinamento lo ha predisposto (Cass., ss. uu., 9935/15, 23726/07; Cass. 1271/14, 22502/13)” (Cass., Sez. U., n. 24823 del 2015).

5. Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla competente CTR che rivaluterà la vicenda processuale attenendosi ai principi sopra enunciati, esaminando eventuali questioni rimaste assorbite e provvedendo anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2020

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