Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21294 del 13/09/2017
Cassazione civile, sez. VI, 13/09/2017, (ud. 07/07/2017, dep.13/09/2017), n. 21294
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7991/2015 proposto da:
P.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI
99, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO D’ALESSIO, che la
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
C.P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO,
N. 2/A, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO PARIS, che lo
rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato MARTA
SCHIAVONI;
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA, emessa sul
procedimento iscritto al n. 3198/2012 R.G., depositata il
12/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 07/07/2017 dal Consigliere Don. MAURO DI MARZIO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
Con sentenza del 12 gennaio 2015 la Corte d’appello di Roma ha rigettato il gravame proposto da P.L. avverso la sentenza con cui il locale Tribunale aveva pronunciato la sua separazione personale dal coniuge C.G.P., rigettando la domanda di addebito della separazione e di assegnazione della casa familiare formulate dalla ricorrente e disponendo a carico del marito un assegno di mantenimento in favore della moglie.
Contro tale sentenza P.L. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi resistito dal C. con controricorso.
La ricorrente ha inoltre depositato memoria con la quale ha replicato alla proposta del relatore, essenzialmente deducendo l’erroneità del riferimento al principio del “minimo costituzionale”, concernente il vizio di motivazione e non quello di violazione di legge in questa sede fatto valere.
Considerato che:
Il primo motivo di ricorso lamenta: “ciolazione e falsa applicazione dell’art. 131 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, censurando la sentenza impugnata per avere omesso di addebitare la separazione al marito, erroneamente interpretando le risultanze istruttorie e pervenendo a ribaltare il senso della norma citata, giustificando l’adulterio del marito con la propria accondiscendenza alla prosecuzione del rapporto matrimoniale, determinata solo dall’esigenza di garantire alla prole una crescita serena.
Il secondo motivo di ricorso lamenta: “Violazione e falsa applicazione dei principi vigenti in tema di determinazione dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge in sede di separazione. Artt. 156 c.c. e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c.n. 3”, censurando l’erronea valutazione delle risultanze probatorie in tema di determinazione del reddito del coniuge e del tenore di vita goduto dalla ricorrente in costanza di matrimonio ai fini della determinazione dell’importo dell’assegno di mantenimento.
Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso di cui ha comunque chiesto il rigetto.
Ritenuto che:
Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.
Il ricorso va respinto.
Esso, sia nel primo motivo relativo alla decisione sull’addebito della separazione, sia nel secondo relativo alla quantificazione dell’assegno di mantenimento, è inammissibile poichè, quantunque formalmente rubricato in riferimento dell’art. 360 c.p.c., n. 3, non contesta in astratto la correttezza dell’applicazione dei parametri normativi pur denunciati come violati, ma si sostanzia in una critica alla motivazione in merito compiuta dal giudice di appello, che si traduce in una diversa e unilaterale ricostruzione della vicenda oggetto di lite, la quale, come tale, non è sottoponibili a questo giudice di legittimità, in presenza – come nella specie di una motivazione del giudice di merito che ampiamente soddisfa il limite del minimo costituzionale in cui tale sindacato è ancora ammesso all’esito della novella dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).
I spese seguono la soccombenza.
Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma, il 7 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2017