Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21293 del 09/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 09/08/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 09/08/2019), n.21293

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4640/2015 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARCIORE 71 c/o

studio D’ERCOLE, presso lo studio dell’avvocato NICOLA PALOMBI,

rappresentato e difeso dall’avvocato BENILDE BALZI;

– ricorrente –

contro

RO. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo

studio dell’avvocato PIERO NODARO, rappresentata e difesa

dall’avvocato GUIDO MANARA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 854/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 28/10/2014 R.G.N. 1225/2013.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. con sentenza n. 854 pubblicata il 28.10.2014 la Corte d’appello di Torino ha dichiarato inammissibile, per violazione dell’art. 434 c.p.c., l’appello proposto da R.A. avverso la sentenza del Tribunale di Alba;

2. la Corte territoriale ha premesso come, in base al nuovo testo dell’art. 434 c.p.c., applicabile ratione temporis, fosse necessaria l’individuazione sufficientemente puntuale delle parti della sentenza di primo grado che si intende censurare, a cui far seguire non tanto la testuale indicazione della motivazione che si vorrebbe sostituire a quella adottata dal primo giudice, quanto piuttosto la soluzione alternativa da sottoporre al giudice d’appello con l’impugnativa;

3. ha ritenuto come nel ricorso dell’appellante mancasse del tutto l’individuazione dei passaggi argomentativi posti a base della decisione di primo grado e delle circostanze da cui deriverebbe la violazione di legge, essendosi limitato il ricorrente in appello a riproporre quanto esposto nel ricorso introduttivo di primo grado in ordine alla asserita nullità del verbale di conciliazione del 15.12.2010 (per mancata individuazione della res dubia e per omessa effettiva assistenza da parte del rappresentante sindacale) e alla mancata ammissione delle istanze istruttorie sulla terza domanda (concernente il compenso per l’attività parallela di gestione delle operazioni di finanziamento), integrato dalla ricostruzione dell’istruttoria svolta e dalla motivazione adottata dal Tribunale;

4. avverso tale sentenza il sig. R. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo, cui ha resistito con controricorso la Ro. s.r.l.;

5. sono state depositate rinuncia al mandato dell’avv. Loredana Gagliasso, difensore del R., e memoria di costituzione di nuovo difensore, avv. Benilde Banzi, con allegata procura speciale;

6. entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

7. con l’unico motivo di ricorso il sig. R. ha censurato la sentenza d’appello, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c.;

8. ha riportato per estratto brani del ricorso in appello, in riferimento ai singoli motivi di censura proposti, al fine di dimostrare la sussistenza dei requisiti di ammissibilità di cui all’art. 434 c.p.c.;

9. ha rilevato l’omessa pronuncia della sentenza impugnata sulla domanda di condanna della società per indebito arricchimento;

10. il ricorso è fondato e deve trovare accoglimento;

11. sul tema della inammissibilità dell’appello, le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 27199 del 2017) hanno affermato il seguente principio di diritto: “Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata”;

12. la sentenza appena citata ha sottolineato che “i giudici di secondo grado sono chiamati ad esercitare tutti i poteri tipici di un giudizio di merito, se del caso svolgendo la necessaria attività istruttoria, senza trasformare l’appello in una sorta di anticipato ricorso per cassazione. La diversità tra il giudizio di appello e quello di legittimità va fermamente ribadita proprio alla luce della portata complessiva della riforma legislativa del 2012 la quale… mentre ha introdotto un particolare filtro che può condurre all’inammissibilità dell’appello a determinate condizioni (artt. 348 bis e 348 ter c.p.c.), ha nel contempo ristretto le maglie dell’accesso al ricorso per cassazione per vizio di motivazione; il che impone di seguire un’interpretazione che abbia come obiettivo non quello di costruire un’ulteriore ipotesi di decisione preliminare di inammissibilità, bensì quello di spingere verso la decisione nel merito delle questioni poste”;

13. ciò sul rilievo che costituisce “regola generale quella per cui le norme processuali devono essere interpretate in modo da favorire, per quanto possibile, che si pervenga ad una decisione di merito, mentre gli esiti abortivi del processo costituiscono un’ipotesi residuale”, in coerenza con i principi affermati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo secondo cui le limitazioni all’accesso ad un giudice sono consentite solo in quanto espressamente previste dalla legge ed in presenza di un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (cfr. sentenza CEDU 24 febbraio 2009, in causa C.G.I.L. e Cofferati contro Italia; Cass., S.U., n. 10878 del 2015)”;

14. in base al principio di strumentalità delle forme processuali (cfr. anche Cass., S.U., n. 14916 del 2016; n. 13070 del 2018) l’atto di appello deve quindi contenere, ai fini della ammissibilità, la chiara ed inequivoca indicazione delle censure mosse alla pronuncia appellata, sia in punto di ricostruzione del fatto che di valutazione giuridica, con precisazione degli argomenti che si intendono contrapporre a quelli indicati dal primo giudice (cfr. Ord. n. 10916 del 2017); in altri termini, il ricorrente in appello deve “individuare in modo chiaro ed esauriente il “quantum appellatum”, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonchè ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata”, (Cass. n. 2143 del 2015);

15. occorre ulteriormente premettere come il motivoò di ricorso con cui si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c., comma 1, cioè di una norma che disciplina lo svolgimento del processo per giungere ad una decisione di merito, deve essere ricondotto nella previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e in tal senso va riqualificata la censura in esame;

16. secondo il consolidato orientamento di legittimità, in caso di denuncia di errores in procedendo del giudice di merito, la Corte di cassazione è anche giudice del fatto, inteso come fatto processuale. Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 8077 del 2012, hanno chiarito che ove sia denunciato il compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata (nel caso esaminato dalle S.U., un vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento), “il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purchè la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4)”;

17. il ricorso in esame soddisfa i requisiti richiesti dalle disposizioni appena richiamate in quanto trascrive i passaggi della sentenza di secondo grado che si assume in contrasto con l’art. 434 c.p.c., nonchè i motivi di ricorso in appello avverso le statuizioni della pronuncia di primo grado (pag. 28, 30-32, 33-36, 3742, 43-47);

18. la Corte d’appello ha giudicato inammissibile l’impugnazione del R. in quanto, sulle domande oggetto della decisione del Tribunale (nullità dell’accordo transattivo per mancata individuazione della res dubia e omessa effettiva assistenza da parte del rappresentante sindacale nonchè compenso per l’attività parallela di gestione delle operazioni di finanziamento) si sarebbe limitata a ripetere quanto dedotto nel ricorso introduttivo di primo grado;

19. sulla prima questione di violazione dell’art. 1965 c.c., il R. aveva specificamente criticato (a pag. 10 del ricorso in appello) l’interpretazione data dal Tribunale laddove aveva escluso la mancata indicazione della res dubia nell’accordo transattivo, desumendo la stessa dal regolamento di interessi come concordato tra le parti; in particolare, l’appellante aveva evidenziato come “detta operazione interpretativa (fosse) del tutto illegittima e fuorviante se si considera come l’aliud datum e l’aliud retentum possono avere ad oggetto anche concessioni di beni od utilità non necessariamente connessi con le pretese originarie (art. 1965 c.c., comma 2)”;

20. sul tema della mancata assistenza del rappresentante sindacale all’accordo transattivo, i motivi di appello, come puntualmente trascritti nel ricorso per cassazione, comprendevano una critica puntuale alla valutazione del materiale probatorio operata dal primo giudice, sotto numerosi profili: sul ragionamento presuntivo utilizzato, avendo il Tribunale desunto dalla semplice presenza della sindacalista al momento della sottoscrizione del verbale transattivo, la effettiva assistenza prestata al R. (pag. 14-16 del ricorso in appello); sulla contraddittorietà della motivazione adottata in primo grado quanto alla attendibilità della teste V., riconosciuta solo per una parte della deposizione e non per la restante parte in cui la medesima era stata contraddetta dal teste F. (pag. 16-20); sull’interesse personale di cui quest’ultimo era portatore, avendo partecipato nella veste di legale nominato dalla Ro. s.r.l. alle trattative e alla conclusione dell’accordo transattivo (pag. 22); sulla mancata considerazione di quanto dichiarato dai testimoni Vi.Ro. e Vi.Ca., terzi estranei al contenzioso (pag. 22), in contrasto col teste F.;

21. analogamente, nell’impugnare la statuizione di primo grado di rigetto della domanda di compenso per l’attività di gestione delle operazioni di finanziamento, il R. aveva censurato la valutazione di genericità dei capitoli di prova e ribadito come elementi di prova documentale della pretesa avanzata fossero costituiti dai bilanci prodotti, specificamente quanto alla voce “crediti verso terzi” (pag. 26 e ss.), dovendosi così escludere ogni carattere esplorativo degli ordini di esibizione sollecitati;

22. le critiche e le censure mosse dal R. col ricorso in appello erano formulate in maniera conforme ai requisiti di ammissibilità dell’impugnazione come delineati dalle sentenze sopra richiamate ed erano certamente tali da meritare una decisione nel merito; d’altra parte, non si comprende cos’altro sarebbe stato necessario per evitare l’inammissibilità dell’impugnazione, posto che la stessa sentenza d’appello ha dato atto di come l’appellante avesse riproposto le argomentazioni spese nel ricorso introduttivo di primo grado, “integrate dalla ricostruzione dell’attività istruttoria svolta dal giudice di prime cure e dalle motivazioni dallo stesso poste a fondamento della sentenza”;

23. la declaratoria di inammissibilità dell’appello è poi del tutto erronea

riguardo al motivo di impugnazione per omessa pronuncia sulla domanda subordinata di indebito arricchimento (cfr. pag. 29 ricorso in appello), non potendosi esigere, in mancanza di qualsiasi statuizione sul punto da parte del Tribunale, allegazioni e argomenti diversi da quelli formulati col ricorso introduttivo di primo grado;

24. per le considerazioni esposte, il ricorso deve trovare accoglimento, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che dovrà procedere ad un nuovo esame facendo applicazione dei principi sopra affermati, oltre che alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2019

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