Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21293 del 05/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/10/2020, (ud. 10/07/2020, dep. 05/10/2020), n.21293

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8215/2018 R.G. proposto da:

EUROLAGANI CALZATURE MAGNA GRAECIA s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per procura

speciale in calce al ricorso, dall’avv. Spadafora Giuseppe, ed

elettivamente domiciliata in Roma, alla via Lima, n. 28, presso lo

studio legale dell’avv. COSCO Giuseppe;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2599/03/2018 della Commissione tributaria

regionale della CALABRIA, depositata il 13/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/07/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate nei confronti della Eurolagani Calzature Magna Graecia s.r.l., per il recupero a tassazione di ricavi non dichiarati nell’anno d’imposta 2009 e rideterminati dall’amministrazione finanziaria mediante applicazione delle percentuali medie di ricarico del settore di appartenenza, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR, accogliendo parzialmente l’appello proposto dalla società contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, rideterminava la pretesa fiscale fissando al sessanta per cento la percentuale di ricarico medio da applicare nel caso di specie.

2. Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui replica l’intimata con controricorso.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale la ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. La ricorrente con il primo motivo di ricorso deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di motivazione della sentenza impugnata, sostenendo che i giudici di appello non avevano esaminato “la congruità e la coerenza” della percentuale di ricarico ritenuta applicabile al caso di specie “in relazione alle circostanze ed alle contestazioni pure sollevate e, dunque, gravemente e colpevolmente ignorate”, quali “l’assoluta inadeguatezza dell’arco temporale oggetto della verifica e coincidente con i primi tre mesi dell’esercizio commerciale”, “la campagna scontistica” fatta dalla società, “la congiuntura economica generalmente sfavorevole propria del periodo in considerazione e della ubicazione a sud d’Italia dell’esercizio commerciale verificato” (ricorso, pag. 4).

2. Il motivo è inammissibile ed infondato.

3. Al riguardo va ricordato che il motivo di ricorso di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella versione attualmente vigente, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, non disciplina più la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia” bensì l’Insufficiente, contraddittorio ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, sicchè “con la nuova formulazione, si deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo, ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass. n. 11462 del 2018, che richiama Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 17761 del 2016; in termini anche Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019, Rv. 655413, secondo cui il vizio di motivazione, alla stregua della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non ricomprende “questioni o argomentazioni, sicchè sono inammissibili le censure che, come quelle dedotte dal ricorrente nel motivo di ricorso in esame, irritualmente estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo” (v. anche Cass. n. 21152 del 08/10/2014, n. 14802 del 14/06/2017, n. 26305 del 18/10/2018).

4. Sulla scorta di tale principio il motivo di ricorso in esame, là dove si deduce l’omesso esame di deduzioni difensive, genericamente indicate quali “circostanze e contestazioni” e fa riferimento alla “congiuntura economica generalmente sfavorevole propria del periodo in considerazione” ed alla “ubicazione a sud d’Italia dell’esercizio commerciale verificato” (ricorso, pag. 4) e, quindi, di carenza di motivazione sul punto è manifestamente inammissibile. Ma il mezzo di cassazione in esame è inammissibile anche là dove il ricorrente lamenta l’omesso esame della “inadeguatezza dell’arco temporale oggetto della verifica e coincidente con i primi tre mesi dell’esercizio commerciale” e della “campagna scontistica” fatta dalla società, per difetto di autosufficienza, avendo la ricorrente del tutto trascurato di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente abbia allegato le predette questioni, così impedendo a questa Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tali asserzioni prima di esaminare nel merito le questioni stesse; nè la deduzione di tali questioni è ricavabile dal contenuto della sentenza impugnata che, invece, ha espressamente dato atto che “i maggiori ricavi determinati dall’Ufficio (…) non sono stati desunti dalle percentuali medie di ricarico del settore di appartenenza, ma dalla verifica, in contraddittorio con la parte, delle concrete percentuali di ricarico risultanti dalla contabilità della società verificata” (sentenza, pag. 3).

5. A tale ultimo riguardo pare opportuno osservare che secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale di questa Corte in materia tributaria (v., in motivazione, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 27330 del 29/12/2016), in presenza, come nella specie, dell’individuazione, effettuata in concreto, delle percentuali di ricarico applicate dalla società contribuente nell’anno di imposta 2009, incombeva su quest’ultima l’onere – nella specie non assolto – di dimostrare, anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l’esistenza di fattori rappresentativi di una distorsione del mercato in cui operava o anche di una modifica della politica commerciale attuata dalla medesima e di ogni altra circostanza idonea a scalfire l’accertamento compiuto sul punto dall’amministrazione finanziaria e, quindi, di indicare, in sede di legittimità, ove e in che modo li aveva sottoposti alla valutazione giudiziale così da consentire a questa Corte di verificare funditum la rilevanza delle questioni poste.

6. Da quanto appena detto discende, altresì, che è del tutto infondata la tesi esposta dalla ricorrente nella memoria depositata in atti, ovvero che il fatto storico la cui valutazione sarebbe stata omessa dai giudici di appello consisterebbe nel profilo di congruenza e coerenza della percentuale di ricarico applicata nel caso di specie dall’amministrazione finanziaria.

6. In estrema sintesi, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2020

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