Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21291 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. III, 14/10/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 14/10/2011), n.21291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23558/2007 proposto da:

C.D. (OMISSIS), Z.L.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTE

DELLE GIOIE 22, presso lo studio dell’avvocato TIRABOSCHI Giuseppe

Maria, che li rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA D’ITALIA DEI FRATELLI MARISTI SCUOLE (OMISSIS) in

persona del legale rappresentante, Prof. A.S.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO CORRIDONI 14, presso

lo studio dell’avvocato AGOSTINI Pompeo, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DE FELICE ROBERTO EMANUELE giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2084/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/06/2006, R.G.N. 6318/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2011 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato GIUSEPPE MARIA TIRABOSCHI;

udito l’Avvocato POMPEO AGOSTINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va rilevato in fatto che:

1.1. C.D. e Z.L. ricorrono affidandosi a due motivi – per la cassazione della sentenza n. 2084/06 della Corte di appello di Roma, pubbl. addì 20.6.06, con la quale è stato rigettato il loro appello avverso la sentenza n. 7074/05 del tribunale di quel capoluogo, reiettiva di una loro domanda, nei confronti della Provincia d’Italia dei Fratelli Maristi delle scuole, di declaratoria di nullità del contratto di affitto di azienda con questi intercorso, per il riconoscimento dell’esistenza di un contratto di locazione, con conseguente rideterminazione del canone, condanna dell’affittante alla restituzione delle eccedenze ed al risarcimento del danno da infiltrazioni e da lesione all’immagine;

1.2. resiste con controricorso la Provincia d’Italia; e, alla pubblica udienza del 28.9.11, instando i ricorrenti anche per la riunione del presente ricorso ad altro con la stessa controparte (iscritto al n. 26560/07 r.g.) relativo al rilascio dei beni oggetto della presente controversia, depositate dalle parti – che partecipano entrambe alla discussione orale – memorie ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., il Collegio ha deciso, raccomandando una motivazione semplificata.

2. Va rilevato in diritto che:

2.1. i ricorrenti impugnano la gravata sentenza: 2.1.2. con un primo motivo – rubricato “art. 360, nn. 3 e 5 – falsa applicazione degli artt. da 1362 a 1371 c.c., e conseguente contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza impugnata su un punto controverso e decisivo per il giudizio” – lamentando la scorrettezza della qualificazione del contratto come affitto di azienda anzichè come locazione di soli immobili e concludendolo, dopo il riesame del merito, con il seguente quesito di diritto: dica la Suprema Corte se sia configurabile un contratto atipico avente ad oggetto da una parte la locazione di un bene immobile ad uso commerciale e dall’altro l’affitto di alcuni beni mobili non destinabili esclusivamente ad unico uso, il cui locatario – affittuario abbia già in proprietà ed in possesso altri beni mobili tutti univocamente destinati all’esercizio della propria impresa, sia munito delle occorrenti autorizzazioni amministrative e rivesta la qualità di datore di lavoro dei dipendenti della sua azienda;

2.1.2. con un secondo motivo – rubricato “art. 360, n. 3 – falsa applicazione dell’art. 1341 c.c.” – sintetizzandolo con il seguente quesito di diritto: dica la Suprema Corte se una o più clausole vessatorie predisposte da uno dei contraenti e contenute in un contratto debbano essere specificamente approvate per iscritto, anche nell’ipotesi in cui il contratto medesimo,, seppur predisposto da una delle parti, non sia stato concluso mediante moduli e/o formulari;

2.2. la controricorrente contesta in rito e in merito gli avversi motivi, deducendo altresì che almeno in parte l’esposizione dei fatti operata dalle controparti sarebbe tecnicamente e documentalmente falsa;

2.3. è inammissibile la documentazione prodotta in questa sede, non riguardando essa l’ammissibilità del ricorso;

2.4. alla fattispecie si applica l’art. 366 bis c.p.c. (come introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, applicabile – in virtù dell’art. 27, comma 2 del medesimo decreto – ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), in virtù della disciplina transitoria dell’art. 58 della medesima legge);

2.5. pertanto, i motivi sono inammissibili:

2.5.1. per carenza dei quesiti o momenti di riepilogo delle doglianze di vizio di motivazione, proposte oltretutto in modo cumulativo con la violazione di legge nel primo motivo; ed infatti:

– il quesito è imposto anche per tale tipologia di motivo (come puntualizza già Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002, con indirizzo ormai consolidato, a partire da Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603: v., tra le ultime, Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680) dall’art. 366 bis cod. proc. civ., comma 2, già richiamato;

– per il vizio di motivazione la oramai consolidata giurisprudenza di questa Corte esige che il quesito indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (da ultimo, v. Cass., ord. 30 dicembre 2009, n. 27680): occorrendo, in particolare, la formulazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso, nel quale e comunque anche nel quale si indichi non solo il fatto controverso riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, ma anche – se non soprattutto – quali siano le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass., ord. 18 luglio 2007, n. 16002);

può poi qualificarsi ammissibile il ricorso per cassazione nel quale si denunzino con un unico articolato motivo d’impugnazione vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto, ma alla imprescindibile condizione che lo stesso si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto (Cass. Sez. Un., 31 marzo 2009, n. 7770);

– nel caso di specie, per il primo motivo il quesito formulato si sofferma solo sui profili di violazione di legge e così sono inammissibili le censure di vizio di motivazione;

2.5.2. per assoluta inidoneità dei quesiti relativi ai profili di violazione di legge; infatti, i quesiti:

– non possono desumersi dal contenuto del motivo, nè con questo integrarsi, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass. Sez. Un., 11 marzo 2008, n. 6420);

– devono essere formulati in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata; in altri termini, devono compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (tra le molte e per limitarsi alle più recenti: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704);

– sono pertanto tali da comportare l’inammissibilità del motivo nel caso in cui manchi anche una sola delle suddette indicazioni (Cass. 30 settembre 2008, n. 24339);

– nel caso di specie, si risolvono in una serie di affermazioni di principio, inidonee a dar conto delle diverse regulae iuris che si assumono sbagliate e che sarebbero state invece erroneamente applicate nella gravata sentenza, ma soprattutto delle conseguenze che vorrebbero trame per giungere ad una definizione della controversia diversa da quella data dai giudici del merito:

quand’anche potesse ammettersi un contratto atipico con le caratteristiche di quelle descritte nel primo quesito o potesse per un solo momento ipotizzarsi l’estensione dell’approvazione specifica di clausole vessatorie ai contratti non conclusi mediante moduli o formulari (estensione esclusa dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte), non si rinviene nella formulazione dei quesiti (neppure integrabili con la lettura del motivo o con altri atti) la prospettazione della conseguenza in ordine alla fattispecie concreta.

3. Va quindi senz’altro dichiarata l’inammissibilità del ricorso e le spese del giudizio di legittimità non possono che conseguire integralmente alla soccombenza dei ricorrenti, tra loro in solido per l’identità della posizione processuale.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna C.D. e Z.L., tra loro in solido, al pagamento, in favore della Provincia d’Italia dei Fratelli Maristi delle scuole ed in pers. del leg. rappr.nte p.t., delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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