Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21291 del 13/09/2017

Cassazione civile, sez. VI, 13/09/2017, (ud. 19/05/2017, dep.13/09/2017),  n. 21291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24541/2015 proposto da:

V.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SALARIA 320,

presso lo studio dell’avvocato LUCIA LUTRARIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANGELO SIRACUSA;

– ricorrente –

contro

P.F.M.T., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE ERITREA, 20, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO GIUTTARI,

rappresentata e difesa dall’avvocato EMILIA CALECA;

– controricorrente –

e contro

V.D., C.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 10/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 19/05/2017 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

V.C. impugna per cassazione la sentenza n. 7 pubblicata il 10 giugno 2015 con cui la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha disposto una modifica dell’importo dell’assegno di mantenimento dovuto in favore della moglie P.F.M.T., respingendo il gravame incidentale proposto dall’odierno ricorrente.

P.F.M.T. si è costituita con controricorso.

Considerato che:

Il primo motivo di ricorso lamenta “Violazione e falsa applicazione degli artt. 156 e 2967 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), censurando la sentenza impugnata per aver erroneamente interpretato le risultanze istruttorie, pervenendo a un illegittimo aumento dell’assegno di mantenimento, anche in evidente contraddizione con quanto ritenuto dal giudice istruttore nel processo di primo grado.

Il secondo motivo di ricorso lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 337-ter c.c., in relazione all’art. 112. c.p.c.. Nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), censurando la sentenza impugnata per non avere risposto al motivo di appello incidentale relativo alla richiesta riduzione dell’assegno di mantenimento in favore della figlia minore.

Il terzo motivo di ricorso lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) censurando la sentenza impugnata laddove non ha posto a carico della P. le spese di lite dei gradi di merito, stante la prevalente soccombenza della medesima.

La P. si è costituita con controricorso concludendo per l’inammissibilità e comunque l’infondatezza dell’avversa impugnazione.

Ritenuto che:

Il Collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato: quanto alla lamentata violazione di legge, essa non sussiste, avendo la Corte territoriale fatto applicazione della disciplina normativa appropriata alla materia, del resto nemmeno specificamente contestata nel motivo in esame; quanto al vizio di motivazione, la censura è inammissibile atteso che non identifica un fatto storico dedotto in lite e discusso tra le parti, la cui omissione sia stata decisiva per l’esito del giudizio (come prescrive il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Sezioni Unite civili n. 19881/2014), ma consiste in realtà in una critica al ragionamento adottato dal giudice del merito per valutare le prove acquisite e pervenire alla decisione contestata, la cui deduzione, in presenza di una motivazione sul punto da parte del giudice di appello, non è più consentita.

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile atteso che, pur deducendo un error in procedendo del giudice di appello, che avrebbe omesso di pronunciarsi su un capo di domanda introdotto con l’appello incidentale, omette di rispettare i requisiti previsti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), non riportando, nè specificamente indicando, gli atti processuali cui fa riferimento per argomentare la fondatezza di quanto censurato, così da non consentire a questa Corte di procedere alla verifica di quanto lamentato (Cass. Sez. U., Sentenza n. 8077 dei 22/05/2012).

Il terzo motivo è infondato atteso che atteso che è principio costante di questa Corte che in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (Sez. 5, Sentenza n. 15317 del 19/06/2013) dovendo ulteriormente precisarsi che la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto) al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Sez. 2, Sentenza n. 2149 del 31/01/2014).

Le spese seguono la soccombenza.

Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore della controricorrente delle spese di questo giudizio di cassazione, che liquida Euro 4100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2017

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