Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21280 del 08/10/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 6 Num. 21280 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA
sul ricorso 15524-2013 proposto da:
PRIVITERA GRAZIA PRVGRZ53L59C351Z, FRANCO
ROSSELLA FRNRSL53R65E974S, MINGOIA ANTONINO
MNGNNN60E31H792B,

FONTE

FRANCESCO

FNTFNC54A24G208W,

MODICA

CALOGERO

MDCCGR65C15H792H,

ALLETTO

ONOFRIO

LLTNFR64T02A089K,

RANDAZZO

GIUSEPPE

RNDGPP59E01L331A,

PROIETTO

VINCENZO

PRTVCN57L13A089F,

FULCO

RICCARDO

FLCRCR55A02G273N,

ZAGARELLA

ANGELO

ZGRNGL60E20F830B, DIANA GIUSEPPE DNIGPP55M17L331I,
TRUPIANO PIERLUIGI TRPPLG65B15G2730, GALANTE

Data pubblicazione: 08/10/2014

GIUSEPPE GLNGPP42H24L331A, MIANO ANGELO
MNINGL49R14B429C, elettivamente domiciliati in ROMA, presso la
CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avv. MARIO
DEL NOCE, giusta delega in calce al ricorso;

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580 in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende, ope legis;
– resistente avverso il decreto n. 1265/2012 della CORTE D’APPELLO di
CALTANISSETTA del 19.11.2012, depositato 1’11/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
25/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;
udito per i ricorrenti l’Avvocato Cecilia Furitano (per delega avv. Mario
Del Noce) che si riporta agli scritti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 9 luglio 2010 presso la Corte d’appello di
Caltanissetta, Onofrio ALLETTO, Vincenzo PROIETTO, Grazia
PRIVITERA, Franco ROSSELLA, Giuseppe DIANA, Pierluigi TRUPIANO,
Giuseppe RANDAZZO, Francesco FONTE, Giuseppe GALANTE,
Riccardo FULCO, Antonino MINGOIA, Calogero MODICA, Angelo
ZAGARELLA ed Angelo MIANO chiedevano la condanna del Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento del danno non patrimoniale
derivato dalla irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi al TAR
Ric. 2013 n. 15524 sez. M2 – ud. 25-06-2014
-2-

– ricorrenti –

della Sicilia — Sezione di Palermo, con ricorso depositato il 24 dicembre 1994
ed istanza di prelievo depositata 1’11.1.2008, non ancora definito alla data di
presentazione della domanda.
L’adita Corte d’appello, con decreto in data 11 dicembre 2012, rilevava che il
giudizio presupposto avrebbe dovuto essere definito in un triennio, alla

conseguentemente riteneva accertata una irragionevole durata del giudizio
presupposto, sino alla data della decisione, di sette anni e see mesi, ritardo in
relazione al quale liquidava un indennizzo di €. 3.750,00, adottando il criterio
riduttivo di E. 500,00 per anno di ritardo, tenuto conto del lungo periodo in
cui non vi era stato impulso sollecitatorio di parte.
Per la cassazione di questo decreto Onofrio ALLETTO, Vincenzo
PROIETTO, Grazia PRIVITERA, Franco ROSSELLA, Giuseppe DIANA,
Pierluigi TRUPIANO, Giuseppe RANDAZZO, Francesco FONTE,
Giuseppe GALANTE, Riccardo FULCO, Antonino MINGOIA, Calogero
MODICA, Angelo ZAGARELLA ed Angelo MIANO hanno proposto
ricorso sulla base di un motivo.
L’intimato Ministero si è costituito al solo fine di prendere parte all’udienza di
discussione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

stregua dei parametri fissati dalla CEDU e dalla giurisprudenza di legittimità e

Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella
redazione della sentenza.
Con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti denunciano violazione dell’art.
6, paragrafo 1, della CEDU, dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, e degli artt.
1226 e 2056 c.c., nonché vizio di motivazione con riferimento alla
liquidazione contenuta dalla Corte d’appello in E. 500,00 per anno di ritardo,
immotivatamente discostandosi dagli ordinari criteri di liquidazione del danno
non patrimoniale da irragionevole durata del processo. In particolare, i
Ric. 2013 n. 15524 sez. M2 – ud. 25-06-2014
-3-

m

ricorrenti sostengono che, in applicazione degli indicati criteri, la Corte
d’appello avrebbe dovuto riconoscere un indennizzo di €. 750,00 per i primi
tre anni di ritardo e di €. 1.000,00 per ciascuno degli anni successivi.
Il ricorso è infondato.
Si deve rilevare che, se è vero che il giudice nazionale deve, in linea di

dei diritti dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che la
liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, la
quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore
ad €. 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la
durata ragionevole, e non inferiore ad €. 1.000,00 per quelli successivi),
permane tuttavia, in capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in
misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità della singola
fattispecie, ravvisi elementi concreti di positiva smentita di detti criteri, dei
quali deve dar conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass. 17922 del
2010).
Nella specie, la Corte d’appello ha motivato lo scostamento dagli ordinari
criteri di determinazione dell’indennizzo, adottando quello di €. 500,00 per
anno di ritardo, facendo riferimento alla ritardata presentazione dell’istanza di
prelievo, quale indice di scarso interesse dei ricorrenti alla definizione del
giudizio presupposto.

principio, uniformarsi ai criteri di liquidazione elaborati dalla Corte Europea

Orbene, trattasi di motivazione adeguata, rispetto alla quale le deduzioni dei
ricorrenti non appaiono idonee ad evidenziare vizi di violazione di legge o di
motivazione, nei limiti in cui tale tipo di vizio è prospettabile ai sensi del
nuovo testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c.. L’adita Corte d’appello invero, si è
attenuta ai criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (decisioni
Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010 e Falco et autres c. Italia, del 6 aprile

2010) e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 18 giugno 2010 n.
14753; Cass. 10 febbraio 2011 n. 3271; Cass. 13 aprile 2012 n. 5914),
Ric. 2013 n. 15524 sez. M2 – ud. 25-06-2014
-4-

PAt

relativamente a giudizi amministrativi protrattisi per oltre dieci anni, per i quali
questa Corte è solita liquidare un indennizzo che, rapportato su base annua,
corrisponde a circa C. 500,00 per la durata del giudizio.
Tale approdo consente di escludere che un indennizzo di C. 500,00 per
ciascun anno di ritardo, possa essere di per sé considerato irragionevole e

intende assicurare in relazione alla violazione del termine di durata ragionevole
del processo.
Il ricorso deve quindi essere respinto.
Nulla va disposto per le spese del giudizio di legittimità, non avendo
l’Avvocatura generale dello Stato svolto, ma solo preannunciato, la propria
attività difensiva.
Risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato
esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla
dichiarazione di cui al comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico approvato

con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI – 2^ Sezione Civile, il
25 giugno 2014.

quindi lesivo dell’adeguato ristoro che la giurisprudenza della Corte europea

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA