Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21270 del 20/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 20/10/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 20/10/2016), n.21270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.N., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Umberto

Tupini n. 133, presso l’avv. Roberto Bragaglia, che lo rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

e nei confronti di:

EQUITALIA GERIT s.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 21/9/08, depositata il 14 aprile 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27

aprile 2016 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio;

udito l’avvocato dello Stato Alessandro Maddalo per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata affermata l’illegittimità della cartella di pagamento notificata, nel (OMISSIS), a P.N., a titolo di IRPEF e sanzioni per l’anno (OMISSIS).

Il giudice d’appello, premesso che la sentenza della CTP di Roma divenuta definitiva nel (OMISSIS), invocata dall’Ufficio a base della propria pretesa e concernente un avviso di accertamento “notificato al curatore del fallimento della società dichiarata fallita e di cui faceva parte il ricorrente”, “non risulta agli atti”, e che il fallimento è stato chiuso nel (OMISSIS) e la cartella è stata notificata il (OMISSIS), ha ritenuto che: a) l’Ufficio avrebbe dovuto inserirsi nello stato passivo del fallimento per recuperare il suo credito; b) poichè la cartella concerne l’anno (OMISSIS), l’Ufficio era ampiamente decaduto dal proprio diritto, ai sensi della disciplina introdotta dal D.L. n. 106 del 2005 (convertito dalla L. n. 156 del 2005), in base alla quale il termine per la notifica della cartella era scaduto il (OMISSIS), quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

2. Il P. ha resistito con controricorso.

3. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 87 e 88, R.D. n. 267 del 1942, art. 120 e art. 2740 c.c..

Formula il quesito se la tesi della CTR, che ha respinto l’appello dell’Amministrazione finanziaria sul presupposto che l’ufficio avrebbe dovuto inserirsi nello stato passivo del fallimento, “non sia condivisibile laddove l’iscrizione a ruolo per le sanzioni da irrogarsi nei confronti del socio (IRPEF (OMISSIS)) sia intervenuta (nel (OMISSIS) a seguito di sentenza favorevole all’Ufficio sull’impugnazione dell’avviso di accertamento) dopo la chiusura del fallimento, non essendo conseguentemente applicabile il disposto di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 87 e 88, che fanno esplicito riferimento alla domanda di ammissione al passivo da parte del concessionario della riscossione quando le somme dovute siano già state iscritte a ruolo e sia perchè, in ogni caso, la mancata insinuazione al passivo da parte dell’Ufficio non preclude il soddisfacimento del credito successivamente alla chiusura della procedura fallimentare qualora il debitore sia tornato in bonis”.

Col secondo motivo, è denunciata la violazione del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, commi 5-bis e 5-ter (convertito dalla L. n. 156 del 2005) e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, modificato dall’art. 1, comma 5-ter, cit..

E’ censurato il capo della sentenza relativo alla decadenza dell’Ufficio per tardività della notifica della cartella. Si chiede se sia erroneo il richiamo ai termini introdotti dal D.L. n. 106 del 2005, citato art. 1, comma 5-bis, che concerne le sole ipotesi di liquidazione della dichiarazione, laddove nella specie l’iscrizione a ruolo è stata eseguita sulla base di una sentenza favorevole all’Ufficio, passata in giudicato, con conseguente applicabilità del termine biennale previsto, in caso di accertamento “divenuto definitivo”, dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 1, lett. c), (nel testo modificato del menzionato D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5-ter). In memoria, la ricorrente fa riferimento al termine decennale di prescrizione decorrente dalla formazione del giudicato, ex art. 2953 c.c..

2.1. Vanno preliminarmente esaminate le due eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal controricorrente (e rilevabili d’ufficio).

La prima, relativa alla tempestività del ricorso, va disattesa, perchè l’atto è stato consegnato all’ufficiale giudiziario in data 30 maggio 2009, ultimo giorno utile rispetto al deposito della sentenza, avvenuto il 14 aprile 2008.

L’altra, con la quale si contesta l’idoneità dei quesiti di diritto per genericità e non pertinenza alla sentenza impugnata, è fondata nei termini che seguono.

2.2. La sentenza impugnata si basa su due autonome rationes decidendi, sopra riportate in narrativa, ciascuna idonea a sorreggere la decisione.

La seconda, relativa alla decadenza dell’Ufficio, si regge sulla essenziale constatazione secondo la quale la sentenza della CTP di Roma, passata in giudicato e invocata dall’Ufficio, “non risulta agli atti”, ragion per cui il giudice a quo non ne ha tenuto conto nel valutare la tempestività della notifica della cartella.

Così interpretata, sul capo in esame, la sentenza impugnata, ne deriva che il secondo motivo di ricorso è inammissibile, perchè, basandosi sul presupposto del passaggio in giudicato della predetta decisione, non investe la ratio della sentenza, che tale presupposto ha ignorato in ragione della omessa produzione in giudizio della invocata pronuncia definitiva.

Ne consegue l’inammissibilità dell’intero ricorso.

3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2016

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