Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21268 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. lav., 14/10/2011, (ud. 14/07/2011, dep. 14/10/2011), n.21268

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. BANDINI Giancarlo – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ANTONIO BERTOLONI 26-B, presso lo studio dell’avvocato PETRONI

MASSIMO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE

SANNA EDUARDO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati TRIOLO VINCENZO,

FABIANI GIUSEPPE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5257/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 31/07/2006 R.G.N. 7579/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/07/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato PETRONI MASSIMO;

udito l’Avvocato TRIOLO VINCENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto ingiuntivo del 28/4/02 il Tribunale di Roma intimò all’INPDAI di corrispondere a N.L. il TFR dovutogli nella misura di Euro 127.000,73. L’ente intimato si oppose eccependo che con atto notificato il 14/3/00 la Fonderie Pisano spa, qualificatasi creditrice del N., aveva pignorato le somme che esso opponente doveva a quest’ultimo fino a concorrenza di Euro 103.291,73 ed aggiunse che in data 9/10/00 era stata resa dichiarazione di terzo dal rappresentante dell’istituto previdenziale ai sensi dell’art. 547 c.p.c. Con sentenza del 29/5/03 il giudice del lavoro del Tribunale di Roma revocò il decreto opposto e condannò l’Inps, quale successore dell’Inpdai, al pagamento in favore del N. del TFR, previa detrazione del quinto dall’importo totale, ritenuta unica somma pignorabile ai sensi dell’art. 545 c.p.c.. A seguito di impugnazione dell’Inps la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 24/6/05 – 31/7/06, accolse il gravame riformando parzialmente la decisione e condannando l’Inps al pagamento in favore dell’appellato della somma risultante dalla differenza fra l’importo totale del TFR dovuta quest’ultimo e l’importo di Euro 103.291,73, corrispondente alla somma pignorata presso l’ente previdenziale dal creditore del medesimo N., mentre compensò fra le parti le spese del grado.

La Corte territoriale spiegò che era fondata l’eccezione con la quale l’Inps aveva inteso cautelarsi dal rischio di vedersi esposto ad un doppio esborso laddove il giudice dell’esecuzione avesse ordinato il pagamento della somma pignorata dal creditore procedente Fonderie Pisano spa e che, non potendo decidersi in sede di cognizione la questione della pignorabilità della somma oggetto di esecuzione, era possibile provvedere solo in ordine alla differenza tra il TFR dovuto al N. e la somma pignorata dal creditore del medesimo.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso il N., il quale affida l’impugnazione ad un unico articolato motivo di censura.

Resiste con controricorso l’Inps. Il ricorrente deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di censura N.L. denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 111, 115, 545 c.p.c., nonchè dell’art. 1988 c.c. e dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per carente ed insufficiente motivazione.

Sostiene il N. che l’invito rivoltogli il 23/11/01 dall’ente previdenziale a sottoscrivere la quietanza inerente la corresponsione del TFR, già di per sè significativo della volontà dell’ente di corrispondere un tale trattamento, era stato manifestato in epoca successiva alla notifica del 14/3/00 dell’atto di pignoramento presso terzo eseguito dalla società Fonderie Pisano s.p.a nella sua qualità di creditrice di esso ricorrente. Una tale situazione poneva, anzitutto, in evidenza che, allorquando era stato intrapresa la procedura di pignoramento presso il terzo, con conseguente dichiarazione positiva di quest’ultimo (9/10/00), il suo credito per trattamento di fine rapporto non era stato ancora determinato; inoltre, non poteva sfuggire che il successivo invito dell’ente a riscuotere il credito per TFR, inoltrato a distanza di oltre un anno dall’eseguita procedura di pignoramento presso terzo, doveva ritenersi equivalente a tutti gli effetti ad un riconoscimento del debito, come tale idoneo a giustificare la sua richiesta di emissione del decreto ingiuntivo nei confronti dell’INPDAI per il conseguimento del relativo importo non più corrisposto; pertanto, il giudice d’appello non avrebbe potuto giammai prendere in considerazione la questione dell’impignorabilità della somma, così come eccepita nella sede dell’opposizione al decreto ingiuntivo dall’ente intimato con riferimento alla diversa procedura esecutiva in cui era terzo, oltre che custode della somma pignorata.

Da parte sua la difesa dell’Inps rileva che la notifica dell’atto di pignoramento presso terzo aveva generato un vincolo di indisponibilità delle somme oggetto di pignoramento, a prescindere dall’esistenza o meno del diritto dell’intimante al pagamento del tfr, per cui da quel giorno (14/3/00) l’Inpdai (ora Inps) era rimasto soggetto, nei limiti delle somme dovute al pignorante, agli obblighi che la legge impone al custode (art. 546 c.p.c.). Osserva la Corte che il ricorso è fondato.

Invero, la motivazione posta dalla Corte d’appello a base della condanna dell’ente previdenziale, limitatamente alla differenza fra l’importo del TFR dovuto al N. e la somma oggetto del pignoramento presso il terzo eseguito dalle Fonderie Pisano s.p.a, non ha un valido fondamento giuridico: la ragione di tale infondatezza risiede nel fatto che l’esigenza avvertita dalla Corte territoriale di tutelare l’Inps dal rischio di un doppio esborso, nell’ipotesi di un ordine di pagamento della somma pignorata da parte del giudice dell’esecuzione, avrebbe potuto costituire, semmai, oggetto di una opposizione all’esecuzione da parte dello stesso Inps nella sede naturale dell’esecuzione, senza che ciò potesse rappresentare per il giudice della cognizione una causa ostativa al legittimo riconoscimento del diritto del N. di vedersi corrisposto il TFR, una volta che tale trattamento era venuto a maturazione ed una volta che lo stesso ente previdenziale aveva già in precedenza invitato il beneficiario ad incassare in sede amministrativa il relativo importo.

Nè può trascurarsi, a quest’ultimo riguardo, il comportamento contraddittorio tenuto nell’occasione dall’ente previdenziale che, dapprima, invitava il N. a rilasciare quietanza per la liquidazione del TFR e, poi, decideva di opporsi al decreto ingiuntivo emesso il 28/4/02 e notificatogli per la mancata corresponsione dello stesso trattamento.

Nè poteva competere al giudice della cognizione, chiamato a pronunciarsi nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo per l’accertamento della sussistenza o meno del diritto del N. al conseguimento dell’importo corrispondente al trattamento di fine rapporto, di risolvere anticipatamente una questione che, nel caso in cui si fosse posta, avrebbe potuto essere devoluta solo al giudice dell’esecuzione competente per materia, come quella in concreto adottata dello storno dal credito vantato per TFR della somma oggetto di pignoramento presso il terzo, in una sorta di assegnazione parziale di somma, seppur sotto forma di condanna al pagamento della stessa.

E’ interessante ricordare che in siffatta materia si registra un precedente analogo affrontato da questa Corte (Cass. Sez. 3, n. 9782 dell’8/10/1997) che ha avuto modo di affermare quanto segue: “In tema di pignoramento di crediti e di accertamento dell’obbligo del terzo, qualora questo non neghi il proprio obbligo, ma opponga di non poter adempiere perchè il credito è stato assoggettato a sequestro presso di lui, tale eccezione non attiene alla esistenza ed alla validità dell’obbligazione in questione, della quale, pertanto, non è necessario alcun accertamento giudiziale finalizzato alla condanna del terzo debitore, con la conseguenza che una eventuale domanda in tal senso del creditore, deve essere rigettata. L’eccezione fa, invece, valere obblighi che sul terzo debitore incombono come “custode” del bene sequestrato, e che lo stesso terzo potrà opporre in sede esecutiva per paralizzare l’esercizio della relativa azione promossa dal suo creditore in base a titolo ottenuto nei suoi confronti.” Pertanto, in accoglimento del ricorso va pronunziata la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa può essere decisa nel merito con rigetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo proposta a suo tempo dall’INPDAI. Le spese dei precedenti gradi di giudizio e del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza dell’Inps e vanno poste a suo carico nelle rispettive misure liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’opposizione al decreto ingiuntivo. Condanna l’Inps alla rifusione delle spese del primo grado in Euro 1800,00, di cui Euro 1250,00 per onorario; per il giudizio d’appello in Euro 3000,00, di cui Euro 2000,00 per onorario; per i presente giudizio di legittimità in Euro 70,00 per esborsi, Euro 4000,00 per onorario, oltre I.V.A, C.P.A e spese generali ai sensi di legge.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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