Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21266 del 20/10/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 21266 Anno 2015
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 11362-2010 proposto da:
PRUDENZI DANIELA C.F. PRDDNL72T64H501Z, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2015
3597

POSTE ITALIANE S.P.A. c.f. 97103880585;
– intimata –

Nonché da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona

Data pubblicazione: 20/10/2015

r:

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

PRUDENZI DANIELA C.F. PRDDNL72T64H501Z, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 2773/2009 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/12/2009 R.G.N.
4147/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/09/2015 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
raccoglimento per quanto di ragione del ricorso
principale, rigetto del ricorso incidentale.

e

R.G. 11362/2010
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 16-5-2005 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma,
in accoglimento della domanda proposta da Daniela Prudenzi nei confronti

contratto di lavoro intercorso tra le parti dal 22-6-1998 al 30-9-1998 per
“necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie”,
con la conseguente sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato
dal 22-6-1998, e condannava la società al ripristino del rapporto e al
risarcimento del danno commisurato alla retribuzione dal 31-12-2003 al
ripristino.
La società proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la
riforma con il rigetto della domanda.
La Prudenzi si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 14-12-2009, in
parziale accoglimento dell’appello e in parziale riforma della impugnata
sentenza, dichiarava la esistenza di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato tra le parti dal 15-12-1998, data di decorrenza del secondo
contratto, avente scadenza il 16-1-1999 e concluso per “esigenze eccezionali”
ex art. 8 ceni 1994 come integrato dall’acc. 25-9-1997 e succ. (al quale era
seguito un terzo con la stessa causale per il periodo 3-5-1999/31-5-1999) e
rigettava la domanda di risarcimento del danno, essendo intervenuta la messa
in mora dopo oltre tre anni dalla scadenza dell’ultimo contratto.
Per la cassazione di tale sentenza la Prudenzi ha proposto ricorso con

undici motivi.

della s.p.a. Poste Italiane, dichiarava la nullità del termine apposto al primo

La società ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso
incidentale con due motivi.
La Prudenzi, dal canto suo, ha resistito con controricorso al ricorso
incidentale di controparte ed infine ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi avverso la stessa sentenza ai sensi
dell’art. 335 c.p.c..
In ordine logico, poi, va dapprima esaminato il ricorso incidentale della
s.p.a. Poste Italiane.
Con i due motivi la società censura, infatti, sotto i profili di violazione di
legge e di vizio di motivazione, l’impugnata sentenza nella parte in cui ha
ritenuto la nullità del termine apposto al contratto de quo in quanto stipulato
(per “esigenze eccezionali…”) oltre la scadenza ultima fissata dagli accordi
collettivi attuativi dell’acc. az. 25-9-1997 ed all’uopo sostiene la insussistenza
di tale scadenza e la natura meramente ricognitiva dei detti accordi.
Tali motivi sono infondati e vanno respinti.
In base alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, “in materia di
assunzioni a termine dei dipendenti postali, l’art. 23 della legge 28 febbraio
1987, n. 56, nel consentire anche alla contrattazione collettiva di individuare
nuove ipotesi di legittima apposizione di un termine al contratto di lavoro, ha
consentito il ricorso ad assunzione di personale straordinario nei soli limiti
temporali previsti dalla contrattazione collettiva, con conseguente esclusione
della legittimità dei contratti a termine stipulati oltre i detti limiti; resta altresì
escluso che le parti sociali, mediante lo strumento dell’interpretazione autentica
delle vecchie disposizioni contrattuali ormai scadute (volta ad estendere

MOTIVI DELLA DECISIONE

l’ambito temporale delle stesse), possano autorizzare retroattivamente la
stipulazione di contratti non più legittimi per effetto della durata in precedenza
stabilita, tanto più che il diritto del lavoratore si era già perfezionato e le
organizzazioni sindacali non possono disporre dello stesso.” (v. fra le altre

In particolare, come è stato precisato, “con l’accordo sindacale del 25
settembre 1997, integrativo dell’alt. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il
successivo accordo attuativo, sottoscritto il 16 gennaio 1998, le parti hanno
convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa
alla trasformazione giuridica dell’ente e alla conseguente ristrutturazione
aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali, fino alla data del 30
aprile 1998. Ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a
termine cadute dopo il 30 aprile 1998 per carenza del presupposto normativo
derogatorio, con l’ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi
.

contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962 n.
230” (v. Cass. 18-11-2011 n. 24281, cfr. Cass. 28-11-2008 n. 28450, 4-8-2008
n. 21062, Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 1-10-2007 n. 20608, Cass. 23-8-2006
n. 18378).
Il ricorso incidentale della società va, pertanto, respinto, rilevandosi,
peraltro che nessuna altra censura è stata avanzata dalla stessa società.
Passando all’esame del ricorso principale della Prudenzi, va osservato che
la stessa, con undici motivi, sotto vari profili (violazione dell’art. 112 c.p.c.,
vizio di motivazione e violazione degli artt. 1226, 2729, 1218, 1223, 1227,
2697, 1175 c.c., 432, 114 c.p.c.) lamenta che, pur non essendo stato
specificamente impugnato dalla società appellante il capo risarcitorio,
3

Cass. 16-11 -2010 n. 23120).

erroneamente e senza adeguata motivazione la Corte di merito ha respinto la
domanda risarcitoria, essendo avvenuta la messa in mora della società da parte
della lavoratrice dopo il triennio dalla scadenza dell’ultimo contratto (periodo
ritenuto ragionevole per reperire altra occupazione di analogo livello, oltre il

ex art. 1227 c..c.).
Innanzitutto va rilevato che in ordine alle conseguenze risarcitorie non può
ritenersi che sia intervenuto il giudicato sulla decisione di primo grado, avendo
la società appellante chiesto il rigetto integrale della domanda introduttiva e
appellato la sentenza di primo grado sulle questioni concernenti l’an della
pretesa azionata (cfr. Cass. 15-9-2009 n. 19870, Cass. 7-2-2013 n. 2894) – in
specie la risoluzione per mutuo consenso tacito, per la inerzia protrattasi per
oltre tre anni, e la asserita legittimità della apposizione del termine -.
Tanto premesso, poi, osserva il Collegio che (a prescindere da ogni
considerazione sulla correttezza o meno della statuizione impugnata in base
alla disciplina previgente, sulla quale ovviamente sono incentrati i motivi del
ricorso della lavoratrice) nella fattispecie è intervenuto lo ius superveniens,
rappresentato dall’art. 32 commi 5, 6 e 7 della legge 4-11-2010 n. 183, i quali
dispongono che:

“5. Nei casi di conversione del contratto a tempo

determinato, il giudice condanna il datare di lavoro al risarcimento del
lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa
tra uni minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione
globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 della legge 15
I

luglio 1966, n. 604.

4

quale il danno sarebbe da riferire integralmente al comportamento del creditore

6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o
aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a

Pah

tempo indeterminato, di. lavoratori già occupati con contratto a termine

dal comma 5 è ridotto alla metà.
7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i
giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della
presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini
della determinazione della indennità di cui ai camini 5 e 6, il giudice fissa alle
parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative
eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell’art. 421 del codice di
procedura civile.”
Tale disciplina (v. fra le altre Cass. 31-1-2012 n. 1409, Cass. 29-2-2012 n.
3056), applicabile a tutti i giudizi pendenti, anche in grado di legittimità (v. già
Cass. Ord. 28-1-2011 n. 2112), alla luce della sentenza interpretativa di rigetto
della Corte Costituzionale n. 303 del 2011, è fondata sulla ratio legis diretta ad
“introdurre un criterio di liquidazione del danno di più agevole, certa ed
omogenea applicazione”, rispetto alle “obiettive incertezze verificatesi
nell’esperienza applicativa dei criteri di commisurazione del danno secondo la
legislazione previgente”.
La norma, che “non si limita a forfetizzare il risarcimento del danno
dovuto al lavoratore illegittimamente assunto a termine, ma, innanzitutto,
assicura a quest’ultimo l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato”, in base ad una “interpretazione costituzionalmente orientata”

nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata

I

i

va intesa nel senso che “il danno forfetizzato dall’indennità in esame copre
soltanto il periodo cosiddetto “intermedio”, quello, cioè, che corre dalla
scadenza del termine fino alla sentenza che accerta la nullità di esso e dichiara

r ou

la conversione del rapporto”, con la conseguenza che a partire da tale sentenza

riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli, in ogni caso, le
retribuzioni dovute, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva”
(altrimenti risultando “completamente svuotata” la “tutela fondamentale della
conversione del rapporto in lavoro a tempo indeterminato”).
Nel contempo, sempre alla luce della citata pronuncia della Corte
Costituzionale, “il nuovo regime risarcitorio non ammette la detrazione

dell’aliunde pereeptum. Sicché l’indennità onnicomprensiva assume una chiara
valenza sanzionatoria. Essa è dovuta in ogni caso, al limite anche in mancanza
di danno, per avere il lavoratore prontamente reperito un’altra occupazione”.
Peraltro, “la garanzia economica in questione non è né rigida, né
uniforme” e, “anche attraverso il ricorso ai criteri indicati dall’art. 8 della legge
n. 604 del 1966, consente di calibrare l’importo dell’indennità da liquidare in
relazione alle peculiarità delle singole vicende.
Così interpretata, la norma citata, risultata “nell’insieme, adeguata a
realizzare un equilibrato componimento dei contrapposti interessi”, ha superato
il giudizio di costituzionalità sotto i vari profili sollevati, con riferimento agli
artt. 3, 4, 11, 24, 101, 102, 111 e 117 primo comma della Costituzione.
Successivamente, è stata emanata la legge n. 92 del 28-6-2012 (in G.U. n.
i

..

153 del 3-7-2012), che all’art. 1 comma 13, con chiara norma di
interpretazione autentica (in senso conforme a quanto già affermato dalla Corte

“è da ritenere che il datore di lavoro sia indefettibilmente obbligato a

Costituzionale e da questa Corte di legittimità), ha così disposto: “La
disposizione di cui al comma 5 dell’art. 32 della legge 4 novembre 2010, n.
183, si interpreta nel senso che l’indennità ivi prevista ristora per intero il
pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e

pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la
ricostituzione del rapporto di lavoro”.
Infine, in attuazione della delega di cui alla legge n. 183 del 2014, il
recente d.lgs. n. 81 del 2015, nel disporre un riordino del contratto di lavoro a
tempo determinato dettando una disciplina organica dello stesso, tra l’altro, per
quanto qui interessa, all’art. 28, commi 2 e 3, ha regolato l’indennità prevista
per i casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a
tempo indeterminato e all’art. 55 lett. t) ha abrogato i commi 5 e 6 della legge
n. 183 del 2010.
A seguito di tale ulteriore ultimo intervento legislativo si pone, quindi, la
questione se nella fattispecie in esame – nella quale questa Corte, con riguardo
alle conseguenze risarcitorie, è investita da validi e pertinenti motivi di ricorso
(cfr. fra le altre Cass. 1-10-2012 n. 16642) da parte della lavoratrice – debba
trovare applicazione l’art. 32 della 1. 183 del 2010 ovvero l’art. 28 del d.lgs. n.
81 del 2015.
La soluzione di tale questione non può che partire dalla verifica del
carattere innovativo (o comunque modificativo) della nuova disciplina, come
tale idoneo a configurare una reale ipotesi di successione di leggi e non una
mera riformulazione della medesima disciplina pregressa.

7

contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la

t

I

Orbene, dalla analisi letterale delle due disposizioni, seppure alcune
difformità possono ricondursi ad una semplice riformulazione stilistica (ad es.
o

“il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore”di cui

312,

al comma 5, art. 32 cit., diventa “il giudice condanna il datore di lavoro al

ovvero all’intento di ricomprendere in un unico testo la norma interpretativa
sul valore omnicomprensivo dell’indennità (già prevista dall’art. 1, comma 13
, 1. n. 92 del 2012 ed ora inserita nella seconda parte del comma 2 dell’art. 28
cit.), si evincono chiaramente almeno due modifiche sostanziali: 1) l’indennità
non è più commisurata alla “ultima retribuzione globale di fatto”, bensì alla

“ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine
rapporto” (in conformità al parametro prescelto per il contratto a tutele
crescenti di cui al d.lgs. n. 23 del 2015); 2) il rinvio ai contratti collettivi per il
M’

riconoscimento della riduzione dell’indennità previsto dal comma 3 dell’art. 28
non è più qualificato come quello già previsto dal comma 6 dell’art. 32 (che
richiede la stipula con le organizzazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale).
Tanto rilevato, atteso che si pone quindi una questione di successione di
leggi, deve considerarsi in primo luogo la assenza, nella specie, di una
specifica disposizione transitoria, che riconosca espressamente una efficacia
retroattiva alla nuova norma di cui all’art. 28 cit., laddove, invece, la norma
pregressa dell’art. 32 cit. nel comma 7 prevede espressamente la applicabilità
dei commi 5 e 6 del medesimo art. 32 a “tutti i giudizi, ivi compresi quelli

:

VI

pendenti alla data della entrata in vigore”della legge n. 183 del 2010.

risarcimento del danno a favore de/lavoratore” nel comma 2 dell’art. 28 cit.)

Vero è, poi, che il citato comma 7 non è stato abrogato dall’art. 55 del
d.lgs. n. 81/2015, ma è pur vero che lo stesso è espressamente riferito e

r04/4

riferibile soltanto ai commi 5 e 6 dell’art. 32 cit. e non anche alla “nuova”
disciplina di cui all’art. 28 cit..

casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo
indeterminato”, ha senza dubbio natura di diritto sostanziale ed è inserita nella
nuova “disciplina organica” del contratto di lavoro a tempo determinato dettata
dagli artt. 19 e ss. del d.lgs. n. 81/2015 (cfr. anche art. 55 lett. b) dello stesso
d.lgs..), deve concludersi nel senso della irretroattività della stessa e della
applicabilità della nuova disciplina di cui all’art. 28 cit. soltanto ai contratti di
lavoro stipulati dalla data di entrata in vigore del d.lgs. citato (25-6-2015), così
perdurando la applicazione della pregressa disciplina di cui all’art. 32 della 1.
183/2010 in relazione ai “giudizi pendenti” relativi ai contratti precedenti.
D’altra parte, in mancanza, appunto, di un qualsiasi riferimento nella
nuova norma ai “giudizi pendenti” e ad una qualche retroattività, stante
l’assenza di una qualsiasi disposizione di carattere transitorio, non può in
alcun modo ritenersi trasponibile nella nuova disciplina (che riguarda i nuovi
contratti a tempo determinato) la previsione del comma 7 dell’art. 32 cit., che
concerne espressamente la “tutela” di cui ai commi 5 e 6 dello stesso art. 32
(prevista in relazione ai contratti pregressi). In altre parole, anche la
abrogazione dei detti commi 5 e 6 (strettamente correlati al 7 0), non può che
essere riferita ai nuovi contratti.
Del resto anche la interpretazione costituzionalmente orientata conforta
tale conclusione, giacché ove si riconoscesse alla nuova disciplina (che

Inoltre, se si considera che tale ultima norma, riguardante le “tutele” “nei

potrebbe risultare talora meno favorevole al lavoratore) una efficacia
retroattiva, tanto da fame applicazione ai giudizi pendenti, dovrebbe comunque
esserne vagliata la legittimità costituzionale, anche rispetto ai parametri
europei, in specie con riferimento all’art. 6 CEDU, al fine di verificare la

costituzionale e delle Corti europee subordina la legittimità della retroattività in
materia civile.
Pertanto, nella fattispecie, ratione temporis, deve applicarsi l’art. 32 della
1. n. 183/2010, per cui, nei sensi e nei limiti di tale ius superveniens va accolto
il ricorso principale della Prudenzi, in tal modo risultando assorbita ogni
questione riguardante la normativa previgente, con la conseguente cassazione
della sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e con rinvio, sul punto,
alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, la quale provvederà
alla determinazione del dovuto, statuendo anche sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale della società,
accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso principale della Prudenzi,
cassa l’impugnata sentenza in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le
spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.
Roma 23 settembre 2015
IL CONSIGLIERE ESTENSORE
IL PRESIDENTE

lu

to 941d.

f

10

sussistenza delle stringenti condizioni cui la giurisprudenza della Corte

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA