Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21262 del 09/08/2019

Cassazione civile sez. I, 09/08/2019, (ud. 21/06/2019, dep. 09/08/2019), n.21262

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5953/2018 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato Nobile Giuseppe, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 35/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata l’11/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/06/2019 dal cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Catania, pubblicata l’11 gennaio 2018, con cui è stato respinto il gravame proposto da B.M. nei confronti dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5, del Tribunale etneo. La nominata Corte ha negato che al ricorrente spettasse il riconoscimento dello status di rifugiato ed ha altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su di un motivo. Il Ministero dell’interno, intimato, resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e) e g). La censura investe l’assunto, espresso nella sentenza impugnata, per cui quanto dedotto dal richiedente con riferimento alla propria omosessualità non consentiva di accedere al riconoscimento dello status di rifugiato politico nè alla protezione sussidiaria. L’istante osserva, in proposito, che in Nigeria la relazione omosessuale è crimine punito con la pena della reclusione e che la previsione di pene detentive elevate integri una sanzione discriminatoria, e dunque un atto di persecuzione. Aggiunge essere irrilevante la circostanza, valorizzata dal giudice del gravame, secondo cui egli non era stato precedentemente arrestato a causa della sua omosessualità: rilevava, invece, l’eventualità che, facendo ritorno in Nigeria, potesse essere assoggettato a persecuzione a causa del suo orientamento sessuale.

2. – Il motivo appare fondato.

Si legge nella sentenza impugnata che l’odierno istante aveva “dichiarato di aver avuto in Nigeria una relazione omosessuale con un farmacista e di aver avuto paura di essere aggredito e perseguitato nella sua città se la notizia della relazione si fosse diffusa”. La stessa Corte distrettuale non ha escluso la veridicità delle dichiarazioni della richiedente, ma ha osservato che le stesse non valessero a fondare la domanda di protezione proposta: si trova scritto nel provvedimento che dalle dette dichiarazioni non risultava che il medesimo “sia stato mai arrestato dalla polizia, nè che appartenga a partiti politici osteggiati dal governo o che abbia avuto comunque problemi per la sua fede religiosa o per la sua origine etnica e neppure per la riferita relazione omosessuale”. Sulla base di tale rilievo la Corte di appello ha ritenuto non conferente il richiamo, operato dalla difesa dello stesso istante, alle condizioni generali del paese di provenienza.

Di contro, ai giudici di merito si imponeva di verificare se nel paese di origine esistesse la nominata condizione di persecuzione ai danni di omosessuali e se essa potesse quindi concretamente riguardare l’odierno istante. Questa Corte ha infatti già evidenziato che, in tema di protezione internazionale del cittadino straniero, la dichiarazione del richiedente di avere intrattenuto una relazione omosessuale impone al giudice del merito la verifica, anche officiosa, delle conseguenze che la scoperta di una tale relazione determina secondo la legislazione del paese di provenienza dello straniero, perchè qualora un ordinamento giuridico punisca l’omosessualità come un reato, questo costituisce una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini, che ne compromette la libertà personale e li pone in una situazione di oggettivo pericolo (Cass. 24 ottobre 2018, n. 26969; Cass. 20 settembre 2012, n. 15981). Sul punto è da richiamare anche la giurisprudenza delle Corte di giustizia dell’Unione Europea, che pronunciandosi sulla dir. 2004/83/CE (cui è stato dato recepimento, in Italia, con il D.Lgs. n. 251 del 2007), ha avuto modo di sottolineare come la pena detentiva che sanzioni taluni atti omosessuale trovi effettivamente applicazione nel paese d’origine che ha adottato una siffatta legislazione debba essere considerata una sanzione sproporzionata o discriminatoria e costituisca, pertanto, un atto di persecuzione: per il che spetta alle autorità nazionali procedere, nell’ambito dello scrutinio dei fatti e delle circostanze ai sensi dell’art. 4 della direttiva, ad un esame di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d’origine, comprese le disposizioni legislative e regolamentari di quello Stato, e relative modalità di applicazione, come previsto dall’art. 4, par. 3, lett. a), della direttiva stessa (Corte giust. UE 7 novembre 2013, C-199/12, C-200/12, C201/12, Minister voor Immigratie en Asiel).

3. – La sentenza impugnata è dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catania che, in altra composizione, statuirà pure sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione prima Civile, il 21 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2019

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