Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21261 del 09/08/2019

Cassazione civile sez. I, 09/08/2019, (ud. 21/06/2019, dep. 09/08/2019), n.21261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5118/2018 proposto da:

S.J., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato Gianluca Polleggioni, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

avverso la sentenza n. 1542/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 18/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/06/2019 dal cons. FALABELLA MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di L’Aquila, pubblicata il 18 agosto 2017, con cui è stato respinto il gravame proposto da S.J. nei confronti dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5, del Tribunale del capoluogo abruzzese. La nominata Corte ha negato che al ricorrente spettasse il riconoscimento dello status di rifugiato ed ha altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su quattro motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha notificato controricorso, ma ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Le censure svolte si riassumono come segue.

Primo motivo: motivazione apparente; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Senegal, e in particolare nella regione di Casamance; omessa attività istruttoria. Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata aveva omesso ogni valutazione in ordine alla situazione di violenza indiscriminata presente dalla regione da cui egli proveniva: regione connotata dall’esistenza generalizzata di aspri e violenti conflitti di carattere politico tra il governo e un movimento indipendentista.

Secondo motivo: motivazione apparente, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in (OMISSIS), nonchè omesso esperimento di attività istruttoria. Rileva l’istante che la sentenza impugnata aveva erroneamente rigettato l’appello non riconoscendo, in favore del richiedente, la protezione sussidiaria e omettendo ogni valutazione con riguardo al periodo di oltre quattro mesi trascorso in (OMISSIS).

Terzo motivo: motivazione apparente, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Senegal, e in particolare nella regione di (OMISSIS); omessa attività istruttoria. Viene lamentato che nello scrutinio della domanda diretta al riconoscimento della protezione umanitaria non si era presa in considerazione la storia del ricorrente in riferimento alla sua provenienza dalla indicata regione.

Quarto motivo: motivazione apparente, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in (OMISSIS); omesso esperimento di attività istruttoria. L’istante si duole che la domanda di protezione umanitaria sia stata decisa senza prendere in considerazione quella parte della propria vicenda personale legata alla propria permanenza in (OMISSIS).

2. – Il ricorso è inammissibile.

I primi due motivi ineriscono al tema del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

Il primo investe un giudizio di fatto, insindacabile in questa sede.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui all’art. 14, lett. c), cit., che sia causa, per il richiedente, di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass. 21 novembre 2018, n. 30105; cfr. pure Cass. 12 dicembre 2018, n. 32064). La Corte di merito ha menzionato le fonti da cui ha tratto le informazioni necessarie a tal fine e non vale, sul punto, opporre la mancata smentita delle deduzioni e delle produzioni documentali dell’istante (pag. 8 del ricorso per cassazione): anzitutto, come è noto, il giudice del merito non è tenuto ad un’esplicita confutazione degli elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 7 gennaio 2009, n. 42; Cass. 17 luglio 2001, n. 9662); quanto alle deduzioni difensive, poi, non ne è stato precisato il contenuto e, in ogni caso, la mancata enunciazione delle ragioni per le quali esse fossero da disattendere non vale a configurare una anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante (l’unico vizio motivazionale che oggi rilevi: Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054); è del resto utile rammentare che anche prima della più recente modificazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (attuatasi in forza del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012) si escludeva potesse imputarsi al giudice del merito di aver omesso l’espressa smentita delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio ritenuti non significativi (Cass. 23 maggio 2007, n. 12052).

Il secondo motivo è anzitutto incentrato su questione (lo stazionamento del richiedente in (OMISSIS)) che non è stata affrontata dal giudice di prima istanza. Occorre rammentare che la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 28 settembre 2015, n. 19197; in senso conforme: Cass. 29 ottobre 2018, n. 27336).

La questione posta con il motivo di censura in esame è oltretutto priva di decisività. Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria occorre far riferimento al paese di cui si ha la cittadinanza: lo si ricava dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g), che definisce persona ammissibile alla protezione sussidiaria il “cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine (…) correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese”; infatti, tale previsione conferisce rilievo al rischio, da parte del richiedente, di essere vittima del danno in caso di ritorno nel paese di origine, di cui ha la cittadinanza. Il significato della disposizione appare ancora più evidente ove si consideri che una condizione diversa dalla cittadinanza, quella della dimora, è presa in considerazione nella seconda parte del cit. art. 2, lett. g), ma con riferimento all’apolide. Nè sarebbe conferente il richiamo alla previsione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. Come è stato chiarito, infatti, essa “mira solo, ove occorra ad una ricostruzione della vicenda individuale in vista della valutazione complessiva della credibilità del dichiarante, non certo ad ottenere, in ragione del fatto che in un paese di transito (nella specie: la Libia) si consuma un’ampia violazione dei diritti umani, puramente e semplicemente l’accoglimento della propria domanda di protezione internazionale, viceversa da valutare considerando essenzialmente le connessioni tra la vicenda individuale con la situazione del Paese di provenienza accertata secondo le regole probatorie già enunciate da questa Corte” (così, in motivazione, Cass. 6 febbraio 2018, n. 2861 e Cass. 20 novembre 2018, n. 29875).

Il terzo e il quarto motivo attengono al tema della protezione umanitaria.

Rammentato che la condizione di vulnerabilità atta a giustificare il riconoscimento della detta forma di protezione deve essere sempre correlata a elementi legati alla vicenda personale del richiedente, apprezzata nella sua individualità e concretezza (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455), non si vede come la rappresentazione della situazione sociale e politica del Casamance possa, in sè, rilevare ai fini che qui interessano.

Quanto alla prospettata rilevanza che assumerebbe, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, la situazione socio-politica esistente in (OMISSIS), occorre rilevare che la deduzione poggia su una allegazione che non è menzionata nella sentenza impugnata e che il ricorrente non precisa aver introdotto nel precorso giudizio di merito: sicchè il quarto motivo è per ciò solo inammissibile. Valgono, al riguardo le considerazioni svolte trattando del secondo motivo.

3. – Il ricorso deve dichiararsi dunque inammissibile.

4. – Non essendovi stata resistenza da parte del Ministero, non deve disporsi alcunchè quanto alle spese processuali.

L’ammissione della parte ricorrente al gratuito patrocinio determina l’insussistenza dei presupposti per il versamento dell’importo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio (Cass. 22 marzo 2017, n. 7368).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2019

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