Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2126 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. I, 25/01/2022, (ud. 19/10/2021, dep. 25/01/2022), n.2126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20721/2016 proposto da:

M.P., M.N., elettivamente domiciliati in

Roma, Via Cosseria n. 2, presso lo studio del Dott. Placidi Alfredo,

rappresentati e difesi dagli avvocati Muscatello Francesco, Tempesta

Giuseppe, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Comune di Andria, Impresa Sassi Strade S.r.l.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 145/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 09/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/10/2021 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I signori M.P. e N. proprietari di un fondo sito nel Comune di (OMISSIS), sottoposto a procedimento ablatorio per lavori di allargamento della tangenziale di (OMISSIS), proposero opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione in quanto in essa non si teneva conto della cessazione dell’attività commerciale di rivendita di autoveicoli non più esercitabile all’esito dell’intervento espropriativo. La Corte di Appello di Bari ritenne fondata in parte la opposizione senza tuttavia considerare alcun riconoscimento per il pregiudizio subito a causa della cessazione dell’attività commerciale di rivendita di autoveicoli.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari, M.P. e N. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Comune di Andria e l’Impresa Sassi Strade srl non hanno spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 117 Cost., e art. 1 del primo protocollo allegato alla CEDU in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello ha ritenuto di liquidare l’indennità spettante limitandosi al valore delle aree e degli immobili senza riconoscere alcun importo per il pregiudizio subito dall’attività commerciale.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Bari non ha applicato una maggiorazione del 10% sulle indennità di espropriazione in quanto l’indennità provvisoria offerta era risultata inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva.

Il ricorso è fondato e deve essere accolto in ordine al secondo motivo.

Infatti, in ordine al primo motivo di ricorso, occorre considerare che l’area è stata valutata a mezzo di incarico peritale e che il CTU ha determinato la giusta indennità di espropriazione e di occupazione senza tener conto della attività commerciale ivi svolta. A tal riguardo questa Corte ha affermato che il termine di riferimento dell’unica indennità è comunque rappresentato dal valore di mercato del bene espropriato quale gli deriva dalle sue caratteristiche naturali, economiche e giuridiche, e soprattutto dal criterio previsto dalla legge per apprezzarle; per cui non può tenersi conto del pregiudizio economico che il proprietario aveva risentito come effetto del non potere ulteriormente svolgere mediante l’uso dello stesso immobile la propria precedente attività commerciale o industriale: anche perché l’espropriazione non si estende al diritto dell’imprenditore, né comporta l’acquisizione all’espropriante dell’azienda da costui organizzata e neppure delle attrezzature installate per esercitarla (Cass. 13115/2004, 12022/2004; sez. un. 5609/1998)”.

“Ai fini della determinazione dell’indennità, nell’ipotesi di espropriazione parziale, il termine di riferimento dell’indennità unitaria, che comprende l’eventuale diminuzione di valore del residuo, è rappresentato, dal valore di mercato del bene espropriato quale gli deriva dalle caratteristiche naturali economiche e giuridiche, e soprattutto dal criterio previsto dalla legge per apprezzarle, conseguendone che, ove si sia applicato il criterio delle aree edificabili, non può tenersi conto di variabili proprie delle aree agricole, quali la diminuzione di valore delle piante, connessa al loro deperimento per il trasferimento in altro terreno, e del pregiudizio lamentato per non poter svolgere mediante l’uso dell’immobile nella precedente consistenza la propria precedente attività commerciale o industriale (nella specie: florovivaistica), anche perché l’espropriazione non si estende al diritto dell’imprenditore, né comporta l’acquisizione all’espropriante dell’azienda e delle attrezzature (Sez. 1, Sentenza n. 27801 del 16/12/2005).

Quanto al secondo motivo la Corte di Appello di Bari erroneamente non ha applicato una maggiorazione del 10% sulle indennità di espropriazione in quanto l’indennità provvisoria offerta era risultata inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva, stante la finalità sanzionatoria della norma.

Infatti in ordine all’aumento del dieci per cento previsto dalla legge ove l’indennità offerta dall’amministrazione all’espropriato sia stata inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva Sez. 1-, Sentenza n. 12058 del 16/05/2017 (Rv. 644204 01): L’aumento dell’indennità di espropriazione di un’area edificabile, previsto, del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 37, comma 2 (nel testo risultante dalle modifiche apportategli dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89), nella misura del 10 per cento, trova applicazione indipendentemente dalla riduzione – prevista dal comma 1 – dell’indennità del 25 per cento prevista per le ipotesi in cui l’espropriazione sia finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, e va riconosciuto in via automatica dal giudice, anche ove ciò comporti il superamento del tetto del valore di mercato nella quantificazione dell’indennizzo, allorché emerga dagli atti la presenza di uno dei presupposti previsti dalla norma (ossia quando l’amministrazione abbia offerto un’indennità provvisoria inferiore agli otto decimi di quella definitiva), mirando ad incentivare la definizione del procedimento espropriativo in via consensuale e non giudiziale, sanzionandone l’ingiustificata attesa, imposta al proprietario, della sua conclusione, così stimolando comportamenti virtuosi della P.A., la quale ha la possibilità di evitare di pagare tale maggiorazione offrendo una somma non inferiore agli otto decimi di cui sopra”.

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere accolto in ordine al secondo motivo, cassata la sentenza con rinvio anche per le spese.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso proposto, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Bari in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

 

 

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