Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21255 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 14/10/2011), n.21255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.M.T. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in R0MAr presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avv. LIMINA GIOVANNI, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

OLEIFICIO PARISI SNC (OMISSIS) e P.D. quale socio ed

amministratore della stessa società, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DI VAL FIORITA, 90, presso lo studio dell’avvocato LILLI

FRANCESCO, rappresentati e difesi dall’avvocato CANDIANO NICOLA,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 842/2009 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 13.10.09, depositata il 20/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito per i controricorrenti l’Avvocato Nicola Candiano che si

riporta agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RUSSO

Rosario Giovanni che nulla osserva.

La Corte:

Fatto

PREMESSO IN FATTO

– Il 20 giugno 2011 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 Bis cod. proc. civ.:

“1.- A.M.T., divenuta proprietaria esclusiva di un terreno in (OMISSIS) per acquisto fattone dal marito, P.A., con rogito 29.12.2006, ha convenuto davanti al Tribunale di Rossano Calabro la s.n.c. Oleificio Parisi, di D. P., per ottenere la rimozione di una presa a ponte e di un silos per la sansa, che la società manteneva installato sul terreno medesimo ed utilizzava per la sua attività.

L’attrice affermava che il terreno era stato concesso in comodato all’Oleificio dal marito, P.A., senza la previsione di un termine di durata, e che questi aveva esercitato il recesso dal rapporto con lettera racc. 30.6.2006; che in ogni caso il comodato non era ad essa opponibile, quale terza acquirente; chiedeva la risoluzione del contratto e la condanna dell’Oleificio a restituire il terreno libero dai macchinari.

P.D. (fratello di A., dante causa dell’attrice), quale amministratore della società convenuta, ha resistito alla domanda, assumendo che il terreno era originariamente di proprietà indivisa di P.P., padre di D. e di A., e che alla divisione fra i due è risultato gravato da servitù per destinazione del padre di famiglia, in quanto l’area su cui si trovavano le attrezzature era stata sempre destinata al servizio dell’Oleificio; che l’attrice non aveva comunque il diritto di far togliere i macchinari e le costruzioni, poichè era a conoscenza della loro esistenza sul terreno, allorchè lo ha acquistato (art. 936 c.p.c., comma 4).

Il Tribunale ha respinto la domanda attrice e la Corte di appello di Catanzaro, con sentenza n. 842/2009, depositata il 20 ottobre 2009, ne ha confermato la decisione, sul rilievo che la A. non ha fornito la prova dell’esistenza di un contratto di comodato del terreno, nè ha dimostrato la successiva estinzione del rapporto obbligatorio per scadenza del termine; donde l’insussistenza del suo diritto di far rimuovere le attrezzature. Ha poi dichiarato inammissibile la domanda di rilascio del terreno per occupazione senza titolo, perchè tardivamente proposta solo in grado di appello.

La A. propone due motivi ricorso per cassazione.

Resistono l’Oleificio Parisi ed il suo amministratore, D. P., con controricorso.

2.- Con il primo motivo, deducendo violazione dell’art. 2697 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, la ricorrente rileva che il comodante ha il solo onere di dimostrare la consegna del bene al comodatario ed il rifiuto della sua restituzione, circostanze che nel caso in esame sono state pienamente provate; che pertanto avrebbe dovuto l’Oleificio dimostrare di avere un titolo per mantenere i suoi macchinari sul terreno altrui.

Con il secondo motivo denuncia l’erroneità della decisione, nella parte in cui ha qualificato come domanda nuova la sua deduzione di occupazione del terreno senza titolo.

2.1.- I due motivi, che vanno congiuntamente esaminati perchè connessi, sono manifestamente fondati.

E’ pacifico in causa che l’attrice ha conseguito il diritto di proprietà del terreno in oggetto e che su di esso insistono manufatti di proprietà dell’Oleificio Parisi.

In tale situazione, per il solo fatto di essere proprietaria del suolo, la A. ha il diritto di chiedere la rimozione delle opere altrui, ai sensi dell’art. 936 cod. civ., anche a prescindere dalla prova di avere dato in comodato la parte del terreno su cui gravano i manufatti.

L’interesse a dimostrare l’esistenza di un ipotetico contratto di comodato faceva capo, se mai, all’Oleificio Parisi, al fine di poter invocare un titolo per occupare il terreno e per mantenervi le sue attrezzature.

Il rilievo dell’appellante che l’occupazione è senza titolo non costituisce domanda nuova, ma riflette la corretta impostazione del rapporto, quale si poteva desumere fin dal principio dalla prospettazione dei fatti ad opera delle parti, che di per sè configura un’occupazione di suolo altrui senza che ne fosse specificato il titolo dall’occupante.

In tale situazione, ben avrebbero potuto e dovuto i giudici del merito applicare le norme di legge appropriate (iura novit curia), anche a prescindere dalle specifiche domande ed eccezioni di parte, non essendo necessarie ulteriori indagini in fatto su circostanze non dedotte per poter applicare i principi di cui all’art. 936 cod. civ. L’eventuale adesione della convenuta alla prospettazione attrice circa l’esistenza di un contratto di comodato – che sembra potersi desumere dall’espositiva in fatto del ricorso e del controricorso esonerava l’attrice dall’onere di fornire la prova della stipulazione del contratto, mentre imponeva alla convenuta di dimostrare il suo diritto di mantenere l’occupazione del suolo anche dopo la comunicazione del recesso della comodante, deducendo in ipotesi la mancata scadenza del termine, o l’avvenuta acquisizione di una servitù attiva, od alcuna delle circostanze di cui all’art. 936 c.c., comma 4.

Trattasi di eccezioni che l’Oleificio aveva anche in parte dedotto in sua difesa, nel giudizio di primo grado, ma che avrebbe avuto anche l’onere di dimostrare.

Su tali circostanze avrebbe dovuto essere focalizzata l’istruttoria e fondata la decisione della causa.

5.- Propongo che il ricorso sia accolto, con procedimento in camera di consiglio”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e al difensore della ricorrente, unica parte costituita.

-Il P.M. non ha depositato conclusioni scritte. – L’Oleificio resistente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti prospettati dal relatore, che le argomentazioni difensive contenute nella memoria non valgono a disattendere.

La ratio decidendi della sentenza impugnata si fonda sulla circostanza che: la A. non ha dimostrato nè l’esistenza del contratto di comodato, nè l’esistenza di un termine apposto allo stesso, nè l’avvenuta scadenza del termine.

Avendo l’attrice in giudizio ammesso essa stessa che vi era un contratto di comodato (di cui chiedeva, impropriamente, la risoluzione), si trattava di stabilire su chi gravasse l’onere della prova della scadenza del termine.

E’ indubbio che la domanda ha prospettato un comodato in precario, senza fissazione di un termine, donde il diritto della comodante di chiederne la cessazione in qualunque momento.

Sulla base della prospettazione della domanda, l’onere di fornire la prova del diritto di mantenere l’occupazione gravava sul comodatario o presunto tale (considerato che l’Oleificio nega di essere tale) sicchè erroneamente la Corte di appello ha deciso come se il relativo onere fosse a carico della A.. I fatti e le eccezioni dedotte dall’Oleificio per giustificare il rigetto della domanda – attinenti al titolo che la società avrebbe avuto per mantenere i macchinari sul suolo altrui (servitù per destinazione del padre di famiglia, destinazione dei macchinari al servizio dell’impresa, buona fede del soggetto che li aveva installati, ecc.) – ripetutamente richiamati nella memoria, non sono stati in alcun modo esaminati dalla sentenza impugnata, la cui decisione non si basa su di essi, bensì sull’erronea ripartizione dell’onere della prova.

Il primo motivo di ricorso deve essere quindi accolto, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, affinchè accerti se l’Oleificio abbia o meno un titolo per mantenere i manufatti sul terreno di proprietà altrui, uniformandosi al seguente principio di diritto;

“Il proprietario del fondo ha il diritto di agire in giudizio per ottenere la rimozione di macchinar altrui, situati sul fondo medesimo.

L’onere di fornire la prova dell’esistenza di un titolo che autorizzi l’occupazione del suolo altrui grava sul proprietario dei macchinari e non sul proprietario del fondo.

Qualora quest’ultimo ammetta esservi stato in passato un titolo che autorizzava in precario il mantenimento dei macchinar sul suo fondo (nella specie, comodato senza prefissione di un termine), è onere del convenuto e proprietario dei macchinari dimostrare il contrario:

cioè l’esistenza del termine e la sua mancata scadenza, o qualunque altro titolo o circostanza idonei a giustificare il suo diritto di occupazione del fondo”. Il giudice di rinvio deciderà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, che deciderà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della terza sezione civile, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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