Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21250 del 09/08/2019

Cassazione civile sez. II, 09/08/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 09/08/2019), n.21250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(art. 380-bis.1 c.p.c.)

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 22097/’15) proposto da:

IMPRESA B.M., (P.I.: (OMISSIS)), in persona del suo omonimo

titolare, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in

calce al ricorso, dall’Avv. Paola Damiani e domiciliata “ex lege”

presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione, in Roma,

piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

I.E.;

– intimata –

Avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila n. 247/2015,

depositata il 18 febbraio 2015 (non notificata).

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Con ordinanza del 25 maggio 2011 il Tribunale di Avezzano, in composizione monocratica, dichiarava l’estinzione del giudizio civile di opposizione a decreto ingiuntivo iscritto al n. 495/2006 sul presupposto che in data 29 ottobre 2010 esso era stato dichiarato interrotto e che non era stato riassunto nei sei mesi successivi. Successivamente lo stesso Tribunale dichiarava l’esecutività del decreto monitorio a cui faceva seguito la notificazione del medesimo provvedimento unitamente al relativo precetto.

Avverso la suddetta ordinanza di estinzione proponeva appello l’ingiunta I.E., la quale faceva presente che aveva avuto conoscenza dell’avvenuta declaratoria di estinzione del giudizio di opposizione solo a seguito della notificazione dell’atto di precetto così come della stessa esistenza dell’evento interruttivo che era stato dichiarato, all’udienza del 29 ottobre 2010, dal procuratore della controparte, senza che ella fosse personalmente presente alla predetta udienza.

Pertanto, la stessa I. chiedeva dichiararsi la nullità del provvedimento impugnato per violazione del contraddittorio.

Nella resistenza dell’appellata Impresa B.M., la Corte di appello di L’Aquila, con sentenza n. 247/2015 (depositata il 18 febbraio 2015), decidendo sul proposto gravame, l’accoglieva e, per l’effetto, pronunciava la nullità dell’ordinanza-sentenza del giudice di primo grado e disponeva la rimessione del processo a quest’ultimo, condannando l’appellata alla rifusione delle spese del grado (come rettificato con successiva ordinanza di correzione).

A fondamento dell’adottata decisione, la Corte abruzzese, previa dichiarazione di ammissibilità dell’appello dovendosi riconoscere al provvedimento impugnato natura sostanziale di sentenza (trattandosi di ordinanza di estinzione emanata dal Tribunale in composizione monocratica in causa di competenza dello stesso), ne ravvisava l’illegittimità siccome emesso “inaudita altera parte” a seguito di ricorso in riassunzione a cura della difesa dell’Impresa Barile, senza, quindi, che la I. fosse stata messa nelle condizioni di interloquire sull’istanza di riassunzione ed essendo venuta a conoscenza dell’emanazione della medesima ordinanza di estinzione solo per effetto della notificazione del successivo precetto.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione l’Impresa B.M., riferito ad un unico motivo.

L’intimata I.E. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

2. Con l’unico motivo formulato la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 136 e 137 c.p.c.con riferimento alla notificazione del provvedimento di interruzione del processo – sull’assunto presupposto che fosse stata, invece, ritualmente effettuata e si fosse perfezionata secondo la disciplina di cui all’art. 140 c.p.c. – ed in ordine alla notificazione dell’ordinanza dichiarativa dell’estinzione del giudizio, che pure doveva considerarsi avvenuta validamente, senza, quindi, che – in entrambe le situazioni processuali – si potesse ritenere configurata una violazione del principio del contraddittorio.

3. Rileva il collegio che, in via del tutto pregiudiziale, il ricorso deve dichiararsi inammissibile per l’assorbente ragione che non risulta acquisita agli atti del presente giudizio la prova, a cui era onerata la ricorrente, della ritualità della notificazione del ricorso per cassazione, perchè – pur risultando ad esso allegata la ricevuta di spedizione a mezzo posta – non si rinviene il relativo avviso di ricevimento. Non è emerso che quest’ultimo sia stato prodotto nel fascicolo della stessa ricorrente nè, ad ogni modo, che sia stato successivamente depositato prima della celebrazione della fissata udienza camerale del 7 maggio 2019 (per come attestato anche dalla certificazione della Cancelleria di questa Sezione con l’acquisizione agli atti del giudizio dello “stato storico” di tutti i documenti prodotti nell’interesse della ricorrente Impresa B.M., tra cui non figura, per l’appunto, la cartolina di ricevimento), donde non può dirsi acquisita la prova dell’esistenza stessa dell’avvenuta notificazione.

Pertanto, non risultando costituita nel presente giudizio di legittimità l’intimata I.E., deve trovare applicazione il consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte secondo cui la notifica a mezzo del servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell’atto ma si perfeziona con la consegna del relativo plico al destinatario e l’avviso di ricevimento prescritto dall’art. 149 c.p.c. è il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna, sia la data di essa, sia l’identità della persona a mani della quale è stata eseguita, con la conseguenza che, ove tale mezzo sia stato adottato per la notifica del ricorso per cassazione (come nel caso si specie), la mancata produzione dell’avviso di ricevimento comporta non la mera nullità bensì l’inesistenza della notificazione (della quale, pertanto, non può essere disposta la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.) e la dichiarazione di inammissibilità del ricorso medesimo (cfr., tra le tante, Cass. S.U. n. 1605/1989, Cass. n. 2722/2005 e, da ultimo, Cass. n. 25552/2017).

In definitiva, nel caso in esame, non può che dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente preclusione dell’esame del proposto motivo.

Sussistono, inoltre, le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1- quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2019

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