Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2125 del 29/01/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 2125 Anno 2018
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 8178-2012 proposto da:
TULONE ONOFRIO C.F. TLNNER5OTO9I533L, domiciliato in
ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappreentate e dife
avvocaLl ANTONINO MARIA CREMONA, GIACOMO DI GRADC),
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

COMUNE DI SCIACCA, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI
14, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO HERNANDEZ,

Data pubblicazione: 29/01/2018

rappresentato e difeso dagli avvocati MASSIMILIANO
MARINELLI, PELLEGRINA FALCO, ANTONINO SERRA, giusta
procura speciale notarile in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 133/2011 della CORTE D’APPELLO

l;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/10/2017 dal Consigliere Dott. IRENE
TRICOMI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine rigetto;
udito l’Avvocato ANTONINO MARIA CREMONA.

di PALERMO, depositata il 31/03/2011 R.G.N. 655/2008 +

R.g. 8178 del 2012
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Palermo, con la sentenza n. 133 del 2011,
depositata il 31 marzo 2011, ha accolto

l’impugnazione proposta dal

Comune di Sciacca nei confronti di Tulone Onofrio, e in riforma delle
sentenze n. 154/07 e n. 227/08 del Tribunale di Sciacca , ha rigettato la
domanda proposta nel giudizio di primo grado.
2. Con la sentenza n. 145 del 2007 il Tribunale aveva dichiarato che

luglio 1998 al 6 novembre 2002, le mansioni proprie della 1° qualifica
dirigenziale, quale capo ripartizione ecologica ed impianti, e condannava il
Comune

a corrispondergli le differenze retributive quantificate, con la

successiva sentenza definitiva n. 227 del 2008 del 30 maggio 2008, in euro
171.592,75.
Il Tribunale aveva ritenuto che la natura dirigenziale delle mansioni
svolte dal ricorrente fosse comprovata dall’atto di conferimento dell’incarico
(delibera n. 27090 del 10 novembre 1997) e ciò nonostante la intervenuta
conversione nel mese di settembre 1997 del rapporto di lavoro del Tulone in
part-time.
3. La Corte d’Appello escludeva che sulle funzioni dirigenziali del
Tulone si fosse formato giudicato per effetto della sentenza del TAR n. 316
del 1999, riguardante periodi diversi del medesimo rapporto di lavoro.
Ricorda quindi il contenuto precettivo dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del
2001.
Spettava quindi al Tulone provare

il contenuto concreto e le

specifiche modalità delle mansioni svolte nel periodo in contestazione in
modo da consentire, tenuto conto anche delle contestazioni proposte già nel
primo grado, l’accertamento dei poteri decisionali con facoltà di scelte
discrezionali in funzione attuativa del raggiungimento degli obiettivi
dell’ente, e delle funzioni di gestione finanziaria con autonomia di spesa,
propri della funzione dirigenziale.
Ciò non era stato allegato e non si evinceva neppure dalla
documentazione depositata.
Dalla delibera n. 27090 del 1997 non emergeva l’attribuzione al
Tulone della funzione di Capo ripartizione ecologica ed impianti, ma la
proposizione dello stesso ad alcuni settori della Ripartizione, essendo

Onofrio Tulone, dipendente del Comune di Sciacca, aveva svolto dal 10

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attribuita la medesima posizione per altri settori ad altro dipendente,
venendo pertanto meno la preposizione all’intera unità organizzativa.
In ogni caso la documentazione in atti non provava che le funzioni di
Capo ripartizione avessero natura dirigenziale. Secondo la pianta organica
approvata con delibera 117 del 12 novembre 1982, risultava che il Capo
ripartizione era un impiegato della carriera direttiva e dunque un VIII
livello.
la

documentazione

acquisita

d’ufficio

(determine

Neanche

commissariali n. 56 del 1999, n. 69 del 1999, determine sindacali n. 49 del
2000, n. 74 del 2000, n. 57 del 2001) che aveva ad oggetto la
individuazione delle posizioni dirigenziali presso il Comune, aveva
confermato la tesi del dipendente. Atteso che sia dalla determinazione n.
56 del 1999 che n. 49 e n. 74 del 2000 emergeva che la ripartizione
tecnologia ed impianti era soggetta alla dirigenza del Capo dipartimento
assetto del territorio
Infine a conferma della natura non dirigenziale delle mansioni andava
ricordata la trasformazione in part-time del rapporto di lavoro.
4. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il
lavoratore prospettando cinque motivi di ricorso.
5. Resiste con controricorso il Comune di Sciacca.
6.

In prossimità dell’udienza pubblica il lavoratore ha depositato

memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 360,
n. 3 cod. proc. civ., e dell’art. 437 cod. proc. civ. sotto il profilo che la Corte
d’Appello ha ordinato il deposito di documenti – determine commissariali n.
56 del 1999, n. 69 del 1999, determine sindacali n. 49 del 2000, n. 74 del
2000, n. 57 del 2001 – in assenza di una valida deduzione del ricorrente
che giustificasse in grado di appello la tardiva deduzione delle nuove prove.
2. Con il secondo motivo di appello è dedotta la violazione ex art.
360, n. 3, cod. proc. civ. degli artt. 421, 420, comma VI, cod. proc. civ.,
437, nonché 101 cod. proc. civ. e 24 Cost., sotto l’aspetto che la Corte
d’Appello ha ordinato il deposito delle determine commissariali n. 56 del
1999, n. 69 del 1999, determine sindacali n. 49 del 2000, n. 74 del 2000, n.
57 del 2001, non concedendo termine per note difensive.
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3.

Con il terzo motivo di ricorso è dedotto il vizio di omessa

insufficiente ed erronea motivazione ex art. 360 n. 5, cod. proc. civ. laddove
la Corte d’Appello ha ritenuto che il ricorrente non aveva fornito la prova
delle attribuzioni delle funzioni di capo ripartizione ecologica e impianti
della qualifica professionale.
Dalla delibera n. 27090 del 1997 si evinceva quali erano le funzioni
del Tulone, e che la limitazione delle funzioni di Capo ripartizione non ne

significava l’esclusione.
4. Con il quarto motivo di ricorso è dedotto il vizio di omessa
insufficiente ed erronea motivazione ex art. 360 n. 5, cod. proc. civ. laddove
la Corte d’Appello esaminati i documenti di cui ha ordinato la produzione in particolare la determinazione n. 56 del 1999 – lo ha interpretato come
atto che faceva cessare dalle funzioni l’ing. Tulone laddove invece era atto
propedeutico all’immissione

dei nuovi responsabili e non una prova

configgente con l’esercizio delle funzioni da parte del Tulone.
5. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia il vizio di insufficiente ed
erronea motivazione ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., laddove la Corte
d’Appello ha ritenuto che la prima determinazione sindacale n. 56 del 1999
consistente nella individuazione dei dirigenti responsabili di organizzazioni
dal 21 luglio 1999 determinasse il venir meno delle maggiori funzioni del
Tulone a partire dal 1 luglio 1999 e non dal 21 luglio 1999.
6. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione
della loro connessione. Gli stessi sono inammissibili.
In tema di impugnazioni, qualora la sentenza del giudice di merito (o
un capo di questa) si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali
logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l’omessa
impugnazione, con ricorso per cassazione, anche di una sola di tali ragioni,
determina l’inammissibilità, per difetto d’interesse, anche del gravame (o
del motivo di gravame) proposto avverso le altre, in quanto l’avvenuto
accoglimento del ricorso (o del motivo di ricorso) non inciderebbe sulla
“ratio decidendi” non censurata, onde la sentenza resterebbe pur sempre
fondata, del tutto legittimamente, su di essa (Cass., 14740 del 2005).
Nella specie, la Corte d’Appello ancor prima che sulla base delle
determine di cui si contesta l’acquisizione, ha escluso la fondatezza della
domanda del ricorrente poiché dalla delibera 27090 del 1997 non
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emergeva affatto l’attribuzione al Tulone delle funzioni di Capo Ripartizione
ecologica e impianti, ma la preposizione dello stesso ad alcuni settori della
ripartizione essendo stata attribuita la medesima posizione per altri settori
a Giuseppe Liotta, e tale statuizione, in particolare l’assegnazione delle
medesime funzioni anche ad altra persona, non è stata censurata.
Inoltre i motivi 3, 4 e 5 richiamano le determine, ma non ne
riproducono il contenuto significativo rinviando alle pagg. 23-92 del ricorso

investendo la Corte di un compito di estrapolazione di quanto necessario ad
integrare i motivi dal materiale assemblato attraverso la pedissequa
riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali e
documenti, rendendo inammissibile il mezzo processuale, perché privo di
una corretta ed essenziale narrazione dei fatti processuali (ai sensi dell’art.
366, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.), della sintetica esposizione della
soluzione accolta dal giudice di merito, nonché dell’illustrazione dell’errore
da quest’ultimo commesso e delle ragioni che lo facciano considerare tale,
addossando in tal modo alla Corte il compito, ad essa non spettante, di
sceverare da una pluralità di elementi quelli rilevanti ai fini del decidere
(Cass., n. 22185 del 2015, n. 3385 del 2016).
7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in
dispositivo.

PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi,
euro 400,00 per compensi professionali, oltre spese generali in misura del
%e accessori di legge.
15 °o

L2r;

2-`

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’Il ottobre 2017

dove sono riprodotti documenti e atti processuali, mediante assemblaggio,

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