Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21249 del 09/08/2019

Cassazione civile sez. II, 09/08/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 09/08/2019), n.21249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(art. 380-bis.1 c.p.c.)

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 17482/15) proposto da:

C.P., ved. B. (C.F.: (OMISSIS)) e T.E.

(C.F.: (OMISSIS)), rappresentate e difese, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Rodolfo Barsi ed

elettivamente domiciliate presso il Dott. Marco Gardin, in Roma, v.

L. Mantegazza, n. 24;

– ricorrenti –

contro

P.F.N., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa,

in virtù di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.

Carlo Stasi e domiciliata “ex lege” presso la Cancelleria civile

della Corte di Cassazione, in Roma, Piazza Cavour;

– controricorrente –

e

A.E.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce n. 191/2015,

depositata il 10 marzo 2015 (e notificata l’11 maggio 2015).

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Con sentenza n. 1383/2010 il Tribunale di Lecce accoglieva la domanda proposta da C.P. e C.M.T. nei confronti dei coniugi A.G. e P.F.N. (anche nella qualità di genitori esercenti la relativa potestà sulla minore A.E.) e, per l’effetto, dichiarava la nullità dell’atto di compravendita per notar M. del 25 maggio 1990 riguardante la particella n. (OMISSIS) del foglio (OMISSIS), alienata da terzi ai suddetti coniugi per l’usufrutto e alla predetta minore per la nuda proprietà, e ciò sul presupposto che, essendo il terreno di proprietà delle attrici, era mancato un preventivo accertamento giudiziale dell’acquisto del diritto di proprietà per usucapione da parte dei convenuti, mentre l’altrui mero possesso non avrebbe potuto costituire oggetto di trasferimento.

Decidendo sull’appello proposto da P.F.N. ed A.E., anche quali eredi di A.G., e nella costituzione delle appellate C.P. e C.M.T. (con l’intervento, in sostituzione di quest’ultima, nelle more del giudizio deceduta, delle eredi T.E. e T.C.I.), la Corte di appello di Lecce, con sentenza n. 191/2015 (depositata il 10 marzo 2015), accoglieva il gravame e, in riforma dell’impugnata decisione, rigettava la domanda attorea introduttiva del giudizio in primo grado, regolando le spese giudiziali in base al criterio della soccombenza totale.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte salentina ravvisava la fondatezza dell’appello sul rilievo che, in effetti, nonostante l’impropria formulazione, l’atto notarile in questione aveva concretato una vendita in nome proprio di bene di proprietà altrui, come tale ammessa ai sensi dell’art. 1478 c.c. e, quindi, valida come vendita obbligatoria, donde, in conseguenza della stessa, doveva ritenersi essersi verificato il trasferimento della proprietà altrui e non il mero possesso (ancorchè nell’atto non fosse stato previsto l’obbligo di procurare l’acquisto della proprietà ai compratori, come sancito dal citato art. 1478 c.c.), senza che, nel giudizio, fossero state introdotte altre domande relative all’acquisto di diritti reali, poichè l’oggetto ineriva il solo accertamento della nullità del contratto.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Avverso la suddetta sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione C.P. e T.E., riferito ad un unico motivo, al quale ha resistito con controricorso la sola intimata P.F.N..

Le difese di entrambe le parti hanno rispettivamente depositato anche memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

2. Con il formulato motivo le ricorrenti hanno denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la nullità dell’impugnata sentenza o del procedimento di appello per violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, nonchè – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato fatto oggetto di discussione tra le parti, con conseguente contraddittorietà della motivazione.

A fondamento della complessa censura proposta le ricorrenti hanno dedotto che – a loro avviso – la Corte di appello di Lecce era incorsa nella violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo ritenuto che, nella controversia in esame, fosse stata proposta una domanda dichiarativa della nullità del contratto di trasferimento anzichè di rivendicazione della particella contesa, sulla quale gli originari convenuti non potevano vantare alcun diritto, contestandosi anche che l’impugnata sentenza dovesse ritenersi affetta da contraddittorietà perchè, se da un lato aveva riconosciuto la proprietà della particella in capo alle sigg.re C., dall’altro lato, invece, aveva impedito alle reali proprietarie di ottenere la voltura catastale e la trascrizione immobiliare in loro favore di quanto abusivamente frazionato.

3. Rileva il collegio che il formulato motivo è fondato e, perciò, merita accoglimento.

Invero, procedendo alla esatta individuazione del contenuto del petitum originariamente proposto e alla effettiva sequenza dello svolgimento processuale (tenendo, perciò, conto anche delle difese delle parti convenute in primo grado), deve ritenersi errata, in punto di diritto, la valutazione che ha operato la Corte territoriale nell’impugnata sentenza – e, quindi, la conseguente decisione – in ordine alla domanda concretamente dedotta in giudizio (così pervenendo ad una sua inappropriata qualificazione giuridica), avendola ricondotta a quella di mero accertamento di una nullità contrattuale, anzichè a quella implicante la proposizione di un’azione di rivendicazione, così incorrendo nella denunciata violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato previsto dall’art. 112 c.p.c..

In effetti, per come evincibile dal contenuto della domanda iniziale (specificamente riportato anche nel ricorso), deve considerarsi che le originarie attrici (oggi ricorrenti) avevano richiesto, sul presupposto del preventivo accertamento della nullità dell’atto pubblico di compravendita nella parte in cui era stata trasferita anche la particella n. (OMISSIS) di proprietà di terzi (ovvero delle stesse attrici), che venisse dichiarata l’insussistenza di qualsiasi diritto delle convenute sulla particella stessa (oltre all’ottenimento del ripristino della situazione catastale). E, del resto, la individuazione del petitum in tali termini è confermata dalla stessa linea difensiva che le convenute ebbero ad adottare in sede di costituzione nel giudizio di primo grado, le quali – senza addurre di avere un titolo contrario a quello richiamato dalle attrici – si erano limitate solo ad eccepire di aver posseduto il fondo di cui alla particella n. (OMISSIS), frutto di un frazionamento, per un tempo utile all’usucapione, senza, peraltro, proporre propriamente domanda riconvenzionale per l’accertamento dell’acquisto della relativa proprietà ex art. 1158 c.c..

Pertanto è da escludere – come, invece, erroneamente ritenuto dalla Corte di appello salentina – che la domanda delle C. fosse stata limitata ad ottenere la declaratoria di nullità dell’atto di vendita nei richiamati sensi, dovendo, invece, ritenersi che le stesse avevano richiesto che – sulla base di questo preventivo accertamento – venisse dichiarata l’insussistenza di qualsiasi diritto petitorio sulla controversa particella, di cui si rivendicava, perciò, la proprietà in capo alle allora attrici (nella cui relativa azione, oltretutto, non deve ritenersi che – a carico delle odierne ricorrenti, già attrici in rivendicazione – dovesse applicarsi il rigido onere di assolvere alla c.d. “probatio diabolica”, per effetto – in dipendenza della contrapposta eccezione di usucapione del bene controverso – della riduzione di detto onere consistente, per chi agisce in rivendicazione, nel fornire la prova di un valido titolo di acquisto da parte sua e dell’appartenenza del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possedere, nonchè alla prova che quell’appartenenza non è stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte del convenuto: v., ad es., Cass. n. 12327/2001 e Cass. n. 5161/2006).

Risulta, quindi, del tutto inconferente la riconduzione – operata dal giudice di secondo grado – della controversa vendita intercorsa tra terzi ed i convenuti originari a quella di una vendita in nome proprio di cosa altrui, rilevandosi, peraltro, come nello stesso atto pubblico si fosse solo dichiarato che la particella risultava intestata a C.F. (il che non implica che quest’ultimo ne fosse anche certamente proprietario) e che la legittimazione dei terzi a vendere la controversa particella era stata fondata solo sulla scorta della loro attestazione di averla posseduta pacificamente per oltre venti anni.

4. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente esposte, il ricorso va accolto, con la conseguente cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Lecce, che provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra Sezione della Corte di appello di Lecce.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2019

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