Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21248 del 09/08/2019

Cassazione civile sez. II, 09/08/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 09/08/2019), n.21248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11269-2015 proposto da:

P.O., M.L., P.P., P.F.,

B.G., elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO TRIESTE 185, presso

lo studio dell’avvocato RAFFAELE VERSACE, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIOVANNI VERSACE;

– ricorrenti –

contro

S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GRANITO DI

BELMONTE 19 – OSTIA, presso lo studio dell’avvocato ALDO PIRAS, che

lo rappresenta e difende;

F.C., PR.MA.ED., BA.SI.FR.,

F.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 57,

presso lo studio dell’avvocato MARCELLO GRECO, che li rappresenta e

difende;

– controricorrenti –

e contro

FA.DO.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1581/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/04/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

udito l’Avvocato Marcello Greco.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.P. citava davanti al Tribunale di Roma P.D., P.O. e le rispettive mogli M.L. e B.G. esponendo di aver ricevuto dai convenuti, proprietari di un terreno in località (OMISSIS), l’incarico di seguire le vicende del fondo e, in particolare, di: a) reperire acquirenti b) costituire una situazione di fatto tutelabile al fine di evitare l’esproprio da parte del Comune; c) lottizzare e vendere i lotti.

Quale compenso per le suddette attività secondo il S. gli venivano promessi n. 4 lotti, oltre ad un compenso pari al 50% di quanto realizzato con un minimale di 50 milioni di lire per l’intera operazione.

L’attore esponeva di aver evitato l’espropriazione per pubblica utilità del fondo e di aver stipulato numerosi contratti preliminari di vendita di singoli lotti, tuttavia, i convenuti proprietari, avevano poi rifiutato la formalizzazione notarile di alcune vendite, pur avendo riscosso i relativi prezzi, e avevano negato, sia di aver rilasciato all’attore una procura scritta, sia di aver concordato i compensi di cui sopra.

Il S. deduceva che la procura e la scrittura riguardante il corrispettivo convenuto e alcuni contratti preliminari erano scomparsi in occasione di un suo incontro con i convenuti nell’ufficio di uno di loro, chiedeva, pertanto che, previa ricostruzione di tali documenti, gli fossero trasferiti in proprietà i lotti promessi e la condanna dei convenuti al pagamento dell’ulteriore compenso pattuito, da determinarsi nel minimo in lire 50.000.000, con rivalutazione e interessi, nonchè la condanna dei medesimi al risarcimento dei danni

e al rimborso delle spese sostenute per lo svolgimento dell’incarico, sempre con rivalutazione e interessi.

1.2 Con autonomo atto di citazione F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed. citavano davanti allo stesso Tribunale di Roma P.D. e S.P., esponendo che ognuno di loro aveva concluso con il S., il quale aveva agito in nome del primo, un contratto preliminare di vendita per un lotto del terreno suddetto. Tutti i compromessi erano stati stipulati nello studio di P.D. in Ostia con la previsione che l’atto pubblico doveva avvenire entro e non oltre il 30 dicembre 1986. Tale termine, nonostante i solleciti, veniva contestato da P.D. che, tramite legale, con raccomandata del 30 maggio 1986, comunicava di non aver mai conferito mandato a vendere al S. e di non aver mai ricevuto alcuna somma quale acconto sulla futura stipula di terreni. Gli attori chiedevano pertanto la condanna di P.D. alla restituzione del doppio della caparra versata, ove fosse risultato che era stato validamente rappresentato da S.P., o altrimenti la condanna di quest’ultimo al risarcimento dei danni, in misura pari all’ammontare delle caparre versate.

1.3 I due giudizi venivano riuniti.

2. All’esito dell’istruzione, il Tribunale respingeva le istanze istruttorie formulate da S., respingeva le domande del medesimo nei confronti dei convenuti P. tese alla ricostituzione di documenti, nonchè la domanda proposta ex art. 2932 c.c., accoglieva la domanda proposta dal S. volta al riconoscimento delle provvigioni per l’attività di intermediazione e per l’effetto condannava P.D., P.O., M.L. e B.G. in solido al pagamento in suo favore della somma di Euro 25.822 con gli interessi legali dalla domanda al saldo.

Respingeva la domanda di risarcimento danni e accoglieva le domande proposte da F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed. e condannava S.P., P.O., P.D., M.L. e B.G. in solido al pagamento: della somma di Euro 20.660 in favore di F.C., Euro 20.660 in favore di Ba.Si., Euro 18.592 in favore di Fa.Do. Euro 18.592 in favore di Pr.Ma., con interessi legali per tutti a decorrere dalle rispettive domande.

3. Avverso la suddetta sentenza proponevano appello P.O., P.D., M.L. e B.G. si costituiva l’appellato S., proponendo a sua volta appello incidentale. Si costituivano anche gli altri appellati F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed. chiedendo il rigetto dell’appello e ribadendo al tempo stesso tutte le domande avanzate in primo grado.

4. La Corte d’Appello di Roma, accoglieva l’appello principale e dichiarava la nullità della sentenza nella parte in cui condannava P.O., P.D., M.L. e B.G. al pagamento di somme in favore di F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed., respingeva tutte le domande proposte da S.P. e lo condannava a pagare: Euro 10.329,13 oltre agli interessi a F.C., Euro 10.329,13 oltre agli interessi a Ba.Si., Euro 9.296,22 oltre agli interessi a Fa.Do. e Euro 9.296,22 oltre agli interessi a Pr.Ma.Ed..

5. F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed. nonchè S.P., proponevano ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma.

6. Questa Corte, riunite le due impugnazioni, con sentenza n. 22291 del 2010 in accoglimento dei due ricorsi cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa a diversa sezione della Corte d’Appello di Roma.

In particolare, per quel che ancora rileva, questa Corte accoglieva i primi sei motivi addotti a sostegno del ricorso di S.P. che riguardavano la domanda proposta nei confronti di P.D., P.O., M.L. e B.G..

Il ricorrente sosteneva, sotto diversi profili, che erroneamente e ingiustificatamente la Corte d’appello aveva rigettato la domanda, trascurando le risultanze istruttorie che deponevano invece nel senso del suo accoglimento.

Questa Corte riteneva erronea l’argomentazione dei giudici del gravame secondo la quale non competeva al S. alcun compenso trattandosi di attività di mediazione, non essendo questi equidistante tra le parti. A parere della Corte bisognava accertare quale fosse la corretta qualificazione giuridica da dare al rapporto dedotto in causa e spiegare le ragioni per cui l’opera in questione dovesse intendersi prestata a titolo gratuito anzichè oneroso.

Sarebbe stato, inoltre, necessario tenere conto, sia pure in ipotesi per escluderne la sussistenza o la decisività, delle varie ammissioni che secondo il ricorrente erano state effettuate, in sede sia giudiziale sia stragiudiziale, da P.D. e P.O. a proposito dell’incarico di curare i loro interessi conferito a S.P., in relazione alla lottizzazione del fondo in oggetto.

6.1 Non erano invece accoglibili le critiche rivolte alla Corte d’Appello relative al rigetto delle richieste istruttorie in quanto le facoltà attribuite al giudice dagli artt. 257 e 240 c.p.c., in tema rispettivamente di audizione dei testimoni e di deferimento del giuramento suppletorio, sono espressione di poteri eminentemente discrezionali, il cui mancato esercizio non può formare oggetto di alcun sindacato in sede di legittimità, neppure sotto il profilo dei vizi della motivazione (Cass. 4 maggio 2009 n. 10239, 2 aprile 2009n. 8021).

6.2 Venivano accolti anche i restanti due motivi di ricorso con i quali S.P. lamentava di essere stato condannato a rimborsare le somme versate da F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed. in esecuzione dei contratti preliminari con loro conclusi, pur se esse erano state incassate da P.D., P.O., M.L., B.G. in rappresentanza dei quali egli aveva agito in forza della procura poi sottrattagli nello studio degli stessi, insieme ai documenti attestanti anche gli incarichi affidatigli e i compensi pattuiti per il loro espletamento.

La sentenza impugnata si basava sul rilievo dell’inammissibilità della domanda di S.P., in quanto diretta ad ottenere una pronuncia esulante dai poteri del giudice, come la “ricostruzione di un documento”. L’evidente improprietà di questa locuzione non avrebbe dovuto impedire alla Corte d’Appello di esplorare la possibilità di attribuire eventualmente all’istanza un senso giuridicamente plausibile, in particolare alla luce del disposto dell’art. 2724 c.c., n. 3, che consente di provare con ogni mezzo il contenuto di un negozio, anche se richiedente la forma scritta ad substantiam, quando il contraente abbia perduto senza sua colpa il documento, come S.P. assumeva essere avvenuto nella specie.

6.3 Questa Corte, nella citata sentenza, di cassazione con rinvio accoglieva anche il primo motivo del ricorso di F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed. con il quale questi avevano dedotto che erroneamente il giudice di secondo grado, a causa della mancanza di un loro gravame incidentale avverso la sentenza del Tribunale, aveva ritenuto precluso l’esame della loro domanda di condanna di P.D., in alternativa a S.P., al rimborso delle somme che avevano versato per l’acquisto dei lotti loro promessi in vendita: domanda che avevano espressamente ribadito, nel costituirsi nel giudizio di appello.

Infatti, nel caso in cui una domanda proposta alternativamente nei confronti di due soggetti, anche se in base a fatti e argomenti parzialmente diversi, venga accolta in primo grado relativamente a uno soltanto dei convenuti, il gravame di quest’ultimo non vale a devolvere al giudice ad quem la cognizione della pretesa rivolta dall’attore anche verso l’altro, tuttavia, per investirne utilmente il giudice di appello non occorre una formale impugnazione incidentale da parte dello stesso attore, essendo sufficiente che egli riproponga la propria domanda ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (Cass. 7 gennaio 2009 n. 65).

7. S.P. riassumeva il giudizio dinanzi la Corte d’Appello di Roma con citazione notificata il 13 ottobre 2011, chiedendo la riforma della sentenza di primo grado e l’accoglimento delle domande proposte.

Si costituivano P.D., P.O. M.L., B.G., chiedendo il rigetto delle pretese dell’attore riassunzione.

Si costituivano i convenuti appellati F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed. per chiedere in riforma della sentenza di primo grado che venisse accertata la presenza della procura del P. al S. con condanna di questi a restituire il doppio della caparra ricevuta, in subordine per la condanna del S. a risarcire il danno subito pari alle caparre già versate.

8. La Corte d’Appello affermava che a seguito del rinvio gli era stata rimessa la decisione sull’appello incidentale del S. con riferimento al rigetto delle sue domande di ricostituzione dei documenti sottratti, di adempimento specifico ex art. 2932 c.c. nonchè per la domanda di integrale pagamento del compenso maturato per la sua attività di procuratore dei fratelli P.. Tali domande dovevano essere accolte alla luce dei risultati dell’istruttoria espletata davanti al Tribunale di Roma dove era stato accertato che il S. aveva sempre agito in virtù di procura rilasciata dal P., documento che seppure non più rinvenuto, doveva essere considerato come effettivamente formato tra le parti prima dell’inizio dell’attività svolta dal rappresentante.

Una volta accertata l’esistenza tra le parti del rapporto di rappresentanza, il suo contenuto e la sua esecuzione, doveva negarsi la gratuità dell’incarico conferito e, dunque, non poteva essere negato il diritto al compenso pattuito. Non risultava sufficientemente provata, invece, la specifica pattuizione riguardante l’entità del compenso previsto, non potendo ritenersi fondata la pretesa dell’attore di vedersi attribuito ex art. 2932 c.c. il trasferimento della proprietà di quattro lotti. Ciò comportava che, una volta affermata la fondatezza della domanda del S., doveva determinarsi il compenso in aggiunta a quello forfettario di Lire 50 milioni che per effetto dell’inadempimento da parte dei mandanti si era trasformato in diritto al risarcimento del danno. La Corte d’Appello determinava, pertanto, l’entità del danno sia per il mancato guadagno che per il lucro cessante.

8.1 Con riferimento alla seconda questione oggetto del giudizio di rinvio la Corte d’Appello riteneva che, alla luce dell’esistenza del rapporto di mandato con rappresentanza tra i P. e il S., doveva ritenersi infondato l’appello proposto da P.D., P.O., M.L. e B.G. avverso la sentenza del Tribunale perchè l’obbligo di restituire la caparra gravava unicamente su di loro, rimasti inadempienti agli obblighi assunti tramite l’attività del loro procuratore, mentre doveva restare indenne il S., non avendo agito per interesse personale e non avendo violato i limiti del mandato ricevuto dai P. che erano gli unici responsabili dell’inadempimento contrattuale e di conseguenza tenuti a restituire il doppio di quanto ricevuto a titolo di caparra confirmatoria.

9. Avverso la suddetta sentenza propongono ricorso per cassazione P.P. e P.F. in qualità di erede di P.D., P.O., M.L. e B.G. sulla base di quattro motivi di ricorso.

10. Resistono con controricorso S.P., F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Maria Edmea.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c., violazione dell’art. 384 c.p.c. e violazione dell’art. 345 c.p.c. con riferimento alla posizione del S..

Secondo i ricorrenti l’attore in riassunzione avrebbe mutato radicalmente le proprie conclusioni, rispetto alle domande proposte in sede di merito, sulla scorta di un’erronea interpretazione della pronuncia di cassazione con rinvio.

Sostiene il ricorrente che sono domande nuove, non conformi a quelle formulate nel giudizio di merito, le richieste del S. di: qualificare l’incarico conferito quale mandato, di dichiararne l’onerosità, di riconoscere la sua attività svolta nei confronti del promittente acquirente come espletamento di tale mandato e di ricondurre gli effetti degli affari trattati in capo ai mandanti al fine di liquidare il rimborso delle spese supportate e di emettere sentenza ex art. 2932 c.c. in favore del S.; tali domande non conseguono alla cassazione della precedente sentenza della Corte d’Appello.

Il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato non può essere eluso nel giudizio di rinvio e, dunque, la Corte d’Appello di Roma con la sentenza impugnata avrebbe violato il combinato disposto degli artt. 394 e 345 c.p.c. nella misura in cui ha consentito l’illegittimo mutamento delle domande del S. in sede di riassunzione e ha violato l’art. 384 c.p.c., comma 2, non disponendo ulteriori accertamenti di merito, limitandosi a rivedere le risultanze probatorie già in atti.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c.con nullità della sentenza impugnata, relativamente alle domande dei signori F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed. in rapporto alla condanna dei ricorrenti diversi dal signor P.D., stante l’extra petizione già avvenuta in primo grado e riconosciuta dalla sentenza della Corte d’appello poi cassata.

I ricorrenti eccepiscono che F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed. avevano chiesto fin dal principio la richiesta di condanna in danno del solo P.D. e già la sentenza della Corte d’Appello aveva statuito sul punto.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 si deduce la violazione l’art. 2724 c.c., n. 3, nella misura in cui la Corte d’Appello di Roma ha dato per scontata l’esistenza del documento assunto smarrito, senza preventiva indagine sui presupposti processuali necessari per procedere in tal senso.

A parere dei ricorrenti tutte le domande del S. avevano come presupposto la ricostruzione dei documenti assunti come scomparsi e recanti il mandato e la pattuizione del compenso. L’art. 2724 c.c., n. 3, non poteva trovare applicazione, non avendo dato il S. prova della perdita incolpevole del suddetto documento.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 viene dedotta la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e dell’art. 111 Cost., con nullità della sentenza impugnata, in quanto la Corte d’Appello di Roma non ha motivato, o lo ha fatto solo all’apparenza, il presunto accertamento dell’esistenza di una procura.

A parere dei ricorrenti la sentenza impugnata ha affermato che era stato accertato che il S. aveva sempre agito in virtù di una procura rilasciata dai P. ma sul punto la motivazione sarebbe solo apparente, con un richiamo generico ai testimoni escussi e alle dichiarazioni rese dai P. in sede di interpello.

4.1 Il primo, terzo e quarto motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono infondati.

La sentenza di cassazione con rinvio di questa Corte dava specifico mandato al giudice del merito di qualificare la natura giuridica del rapporto contrattuale insorto tra il S. e i P., non potendosi condividere la motivazione della sentenza cassata secondo la quale la mancanza di equidistanza tra le parti impediva di qualificare il rapporto come di mediazione. Inoltre, si chiedeva di rivalutare le risultanze istruttorie e di tenere conto anche delle ammissioni giudiziarie ed extragiudiziarie dei convenuti.

Ne consegue che il S. non ha prospettato alcuna domanda nuova e, tantomeno, la Corte d’Appello ha violato gli artt. 345e 394 c.p.c. nel qualificare il rapporto intercorso tra il S. e i ricorrenti come di mandato con rappresentanza, che si presume a titolo oneroso.

La Corte d’Appello, infatti, ha correttamente ritenuto che gli era stata rimessa la decisione sull’appello incidentale del S. con riferimento al rigetto delle sue domande di ricostituzione dei documenti sottratti, di adempimento ex art. 2932 c.c. e di integrale pagamento del compenso maturato per la sua attività di procuratore dei fratelli P.. Tali domande, alla luce dei risultati dell’istruttoria espletata davanti al Tribunale di Roma, dovevano essere dichiarate in parte fondate in quanto era accertato che il S. aveva sempre agito in virtù di procura rilasciata dal P.. Tale documento, anche se non più rinvenuto, doveva essere considerato come effettivamente formato tra le parti prima dell’inizio dell’attività svolta dal rappresentante.

La Corte d’Appello ha fondato la decisione sulle testimonianze raccolte, sulle dichiarazioni rese in sede di interpello da P.O. e sul contenuto del documento in data 8 gennaio 1981 dal quale si ricavava l’esistenza della procura non più reperita. Tali elementi probatori, unitariamente valutati, consentivano di ritenere provato l’esistenza di un contratto di mandato con rappresentanza tra i P. e il S. per la gestione dell’affare immobiliare relativo al terreno di (OMISSIS). Risultava provata anche l’esecuzione del mandato da parte del S. come dimostrato dalla documentazione in atti (fotocopie di matrici di assegni e ricevute di spese fatte per l’urbanizzazione del terreno). Pertanto, negata ogni gratuità dell’incarico non poteva essere negato al S. il diritto al compenso pattuito.

4.2 Quanto alla violazione dell’art. 2724 c.p.c., comma 3, sulla prova dell’esistenza della procura e alla relativa mancanza di motivazione, deve osservarsi che non risulta in alcun modo contestata la mancanza di diligenza da parte del S. nella conservazione del documento e, dunque, si tratta di una circostanza del tutto nuova non oggetto di discussione tra le parti. Peraltro, la prova dell’esistenza della procura è del tutto ininfluente in relazione alla domanda del S. di pagamento del compenso, risultando in ogni caso provata l’esistenza del contratto di mandato per il quale era stato previsto il compenso poi in parte riconosciuto dalla Corte d’Appello. A tal proposito deve osservarsi che l’art. 2724 c.c., n. 3, espressamente richiamato dal capoverso dell’art. 2752 si applica solo ai contratti per i quali la legge esige la forma scritta a pena di nullità mentre l’incarico a trattare finalizzato ad individuare possibili compratori per un compendio immobiliare non richiede, diversamente dalla procura a vendere, la forma scritta ad substantiam (Sez. 2, Ord. n. 11655 del 2018). In tal caso pertanto il contratto non doveva essere provato necessariamente con la forma scritta, ad substantiam ovvero ad probationem, bensì anche mediante testimoni o altra documentazione.

5. Resta da esaminare il secondo motivo di ricorso che è fondato.

La Corte d’Appello di Roma ha accolto la domanda di F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed. di restituzione del doppio della caparra ricevuta in occasione della stipula dei rispettivi contratti preliminari con condanna di P.D., P.O., M.L. e B.G. al pagamento di Euro 20.660 in favore di F.C., di Euro 20.660 in favore di Ba.Si., di Euro 18592 in favore di Fa.Do. e di Euro 18.592 in favore di Pr.Ma.Ed..

In tal modo la Corte d’Appello è andata oltre la domanda originariamente proposta con l’atto di citazione da parte degli attori; tale domanda, infatti, era rivolta esclusivamente nei confronti di P.D. e S.P. e la sentenza deve essere cassata senza rinvio in relazione a tale condanna per violazione dell’art. 112 c.p.c. (Cass. n. 22598/14).

6. In conclusione la Corte rigetta il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, accoglie il secondo e cassa la sentenza impugnata in relazione alla condanna di P.O., M.L. e B.G. al pagamento di Euro 20.660 in favore di F.C., di Euro 20.660 in favore di Ba.Si., di Euro 18592 in favore di Fa.Do. e di Euro 18.592 in favore di Pr.Ma.Ed..

7. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione nei confronti di S.P., spese che liquida in Euro 4.500 più Euro 200 per esborsi e compensa le spese nei confronti di F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed..

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso, accoglie il secondo e cassa senza rinvio la sentenza impugnata in relazione alla condanna di P.O., M.L. e B.G. al pagamento di Euro 20.660 in favore di F.C., di Euro 20.660 in favore di Ba.Si., di Euro 18592 in favore di Fa.Do. e di Euro 18.592 in favore di Pr.Ma.Ed., condanna i ricorrenti al pagamento a S.P. delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 4.500 più Euro 200 per esborsi, e compensa le spese nei confronti di F.C., Ba.Si.Fr., Fa.Do. e Pr.Ma.Ed..

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2019

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