Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21247 del 09/08/2019

Cassazione civile sez. II, 09/08/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 09/08/2019), n.21247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14006-2015 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO

17/A, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO ARACHI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FAUSTO DONNO;

– ricorrente –

contro

COOPERATIVA AGRICOLA SILVIUM GIOVANNI XXIII s.r.l., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA VESCOVIO 21, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO

MANFEROCE, rappresentata e difesa dagli avvocati VITTORIO TARSIA,

DOMENICO RICCIARDELLI;

– controricorrenti –

e contro

P.M., F.G., F.L.,

FE.GI., F.S., F.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 770/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 21/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/04/2019 dal Consigliere SERGIO GORJAN;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale PATRONE

Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso ex art.

366 c.p.c..

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.R. chiese ed ottenne,nel giugno del 1993, decreto ingiuntivo avverso la Cooperativa agricola Silvum Giovanni XXIII a r.l. per la somma di Lire 208 milioni a titolo di saldo prezzo per la vendita di bene immobile – tre capannoni e terreno circostante – sito in (OMISSIS).

La società cooperativa proponeva opposizione, anche evocando in giudizio F.P., deducendo di avere versato l’intero prezzo pattuito parte al C. e parte al F., che appariva covenditore in forza del preliminare stipulato tra le parti.

Inoltre la società opponente denunziava l’esistenza di vizi che interessavano il bene ceduto, nonchè ritardo nella consegna dello stesso, sicchè proponeva domanda di pagamento della penale pattuita per il ritardo e ristoro dei danni. Resistevano il C., che contestava l’assunto attoreo, nonchè il F. che chiedeva il rigetto di ogni pretesa verso di lui diretta.

Il Tribunale di Bari, ad esito della trattazione istruttoria della questione, revocava il decreto ingiuntivo e condannava la società cooperativa a pagare al C. la somma di Lire 208 milioni ed il C. a pagare alla controparte, a titolo di caparra, la somma di Euro 208 milioni con compensazione dei reciproci crediti.

Inoltre il Tribunale condannava il F. a restituire alla società cooperativa la somma di Lire 150 milioni indebitamente ricevuta dopo la stipula del contratto definitivo.

Esponeva gravame principale il C. ed appello incidentale la società cooperativa, mentre il F. rimaneva contumace.

All’esito la Corte d’Appello di Bari accolse l’impugnazione incidentale della società cooperativa, statuendo che nulla era dovuto dalla stessa a titolo di saldo prezzo al C., mentre rigettava l’appello mosso da quest’ultimo poichè infondato.

Con relazione al gravame principale,svolto dal C., la Corte osservava come in presenza certa del ritardo nella consegna del bene venduto fosse dovuta la penale, siccome pattuita, poichè non assumeva alcun rilievo la gravità dell’inadempimento e come non concorreva ragione per ridurre l’ammontare della pattuita penale poichè l’inadempimento rilevante in ragione dell’interesse della parte acquirente all’osservanza dell’obbligazione assunta dal venditore.

Con relazione all’appello incidentale, sviluppato dalla società cooperativa, il Collegio pugliese rilevava come il pagamento effettuato al F. dopo la stipula del rogito con il solo C. impediva di ritenere il pagamento siccome effettuato a creditore apparente,mentre, in presenza di tempestiva denunzia dei vizi era sempre consentito, anche oltre i termini di prescrizione, al compratore eccepire in compensazione, nei riguardi del venditore richiedente il saldo prezzo, il credito conseguente ai vizi palesati dal bene immobile venduto.

Proponeva ricorso per cassazione C.R., con impugnazione articolata su tre motivi.

Resisteva con controricorso solamente la società cooperativa,mentre gli eredi F., benchè regolarmente citati, non si costituivano in questo giudizio di legittimità.

All’odierna udienza pubblica sentite le conclusioni del P.G. – rigetto del ricorso – e dei difensori delle parti presenti,questa Corte ha assunto decisione siccome illustrato in presente sentenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da C.R. s’appalesa privo di fondamento e va rigettato.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione delle regole di diritto ex artt. 1455,1382,1362,1366,1337 e 1218 c.c. nonchè illogica ed insufficiente motivazione circa il riconoscimento della debenza della pattuita penale.

Osserva l’impugnante come il Collegio barese abbia errato nel ritenere comunque dovuta la penale nonostante la segnalata scarsa gravità del ritardo nella consegna del bene immobile oggetto di vendita, in forza d’interpretazione secondo buona fede del contratto, e la rilevante circostanza che il ritardo nella consegna fu l’effetto della condotta tenuta dalla società acquirente.

La censura appare per parte priva di fondamento giuridico e per parte inammissibile.

Difatti la nuova formulazione della disposizione ex art. 360 c.p.c., n. 5 individua siccome vizio di legittimità denunziabile solo l’omesso esame di un fatto e non più l’illogica o contraddittoria motivazione,sicchè la censura relativa al vizio motivazionale risulta inammissibile.

Quanto alla violazione di regole giuridiche in effetti la critica portata in ricorso non supera la corretta osservazione della Corte pugliese che, in relazione alla penale pattuita, non assume rilievo la rilevanza dell’inadempimento – Cass. sez. 1 n 9532/00, Cass. sez. 1 n 1702/68 – risultando ragione sufficiente che concorra inadempimento a quanto pattuito, come accaduto nella specie.

Con la seconda ragione di doglianza, il C. lamenta violazione della norma ex art. 1384 c.c. e vizio di motivazione in ordine alla mancata riduzione dell’ammontare della penale da parte del Collegio barese.

Anche in relazione a detta articolata censura, inammissibile s’appalesa il dedotto vizio di motivazione per le ragioni dianzi illustrate nell’esaminare il primo motivo di ricorso.

Quanto poi alla statuizione della Corte territoriale di non ravvisare ragioni per avvalersi della facoltà di ridurre l’ammontare della penale, questa appare fondata su puntuale motivazione che ha tenuto conto dell’interesse palesato dalla parte acquirente al rispetto dei tempi di consegna del bene in relazione all’attività imprenditoriale esercitata – attività agricola -.

L’argomentazione critica svolta dal C. si compendia nell’enfatizzazione di un dato probatorio asseritamente non valutato adeguatamente dai Giudici di merito – ossia l’asserito iniziale ritardo nella consegna imputabile alla società cooperativa – che proprio perchè questione attinente alla valutazione degli elementi probatori non può configurare la fattispecie tipica del vizio di violazione di norme giuridiche, vizio che presuppone la non contestazione della ricostruzione fattuale della questione – Cass. sez. -1 n 3340/19 -.

Con il terzo mezzo d’impugnazione il ricorrente rileva violazione delle norme ex artt. 1667 e 1669 c.c. e vizio di motivazione in ordine all’applicazione del principio inadimplenti non est adimplendum, posto che la società cooperativa non ebbe a sollevare eccezione di inadempimento e, comunque, la Corte non ebbe a valutare la rilevanza degli opposti inadempimenti.

Con relazione al denunziato vizio di motivazione non possono che esser richiamate le argomentazioni già svolte al riguardo nell’esame dei precedenti motivi di ricorso.

Quanto alla dedotta violazione di legge, la doglianza appare non correlata alla decisione assunta sul punto dai Giudici pugliesi.

Difatti la decisione impugnata risulta fondata sulla norma ex art. 1667 c.c., comma 3 che espressamente riconosce la facoltà dell’acquirente, una volta che ha tempestivamente denunziato i vizi e difetti – come pacificamente nella specie -, di paralizzare la richiesta di pagamento del prezzo da parte del venditore con quanto dovuto a titolo di costo dell’emenda dei vizi e difetti denunziati.

Pertanto non assume rilievo la comparazione degli inadempimenti poichè nella specie ambedue le parti hanno chiesto l’adempimento delle obbligazioni di contratto e non già, la sua risoluzione.

Al rigetto del ricorso segue ex art. 385 c.p.c., la condanna del C. alla rifusione in favore della Cooperativa Silvum Giovanni XXIII a r.l., unico resistente costituito, in complessivi Euro 5.600,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario, siccome precisato in dispositivo.

Concorrono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla Cooperativa resistente le spese di questo giudizio di legittimità che si tassano in Euro 5.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2019

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