Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21246 del 09/08/2019

Cassazione civile sez. II, 09/08/2019, (ud. 11/04/2019, dep. 09/08/2019), n.21246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28329/2015 R.G. proposto da:

P.S., rappresentato e difeso dall’avv. Costantino

Biello, con domicilio in Porto Torres, via Ettore Sacchi n. 22;

– ricorrente –

contro

D.F.A.E., e DE.EU., rappresentati

e difesi dall’avv. Mario Riviezzo, con domicilio eletto in Roma alla

Via Cassiodoro n. 19, presso lo studio dell’avv. Giancarlo Di

Mattia;

– resistenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Sassari n. 217/2015,

depositata in data 15.5.2015;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

11.4.2019 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.S., ha ottenuto il decreto ingiuntivo n. 1011/2011 per il pagamento di Euro 13.547,45, a titolo di pagamento dell’importo corrispondente alle rate del mutuo erogato dal CIS (Credito industriale Sardo) per la costruzione di un capannone.

Con scrittura privata datata 1.7.1979 il P. aveva venduto ai resistenti il terreno sito in (OMISSIS), unitamente al capannone industriale ivi esistente, per il prezzo di Lire 76.500.000, di cui Lire 7.000.000 consegnati alla stipula, Lire 28.000.000 da corrispondere dagli acquirenti alla società costruttrice del capannone e Lire 56.000.000 da impiegare per ripianare lo scoperto maturato sul conto corrente acceso presso la Banca Commerciale italiana.

Il venditore si era altresì impegnato a corrispondere agli acquirenti l’importo residuo del finanziamento e di quant’altro erogato dal Credito industriale sardo a fondo perduto, con assunzione da parte di questi ultimi dell’obbligo di versare le rate residue.

Con il ricorso monitorio il ricorrente aveva però dedotto di aver dovuto far fronte direttamente al pagamento delle rate e di aver definito in via transattiva ogni pendenza con il CIS, accollandosi oneri gravanti sui resistenti.

Gli ingiunti hanno proposto opposizione, lamentando che il P. non aveva consegnato l’importo del saldo del finanziamento (Euro 15.301,58) e delle somme erogate dal CIS a fondo perduto (Euro 8.263,31), chiedendo in via riconvenzionale il pagamento del dovuto. Il tribunale di Sassari ha respinto l’opposizione con sentenza parzialmente riformata in appello.

Dopo aver rigettato l’eccezione di nullità del decreto ingiuntivo, in quanto recante una data di deliberazione successiva a quella di deposito, la Corte distrettuale ha stabilito che:

– il ricorrente aveva ricevuto dagli acquirenti, a titolo di corrispettivo della vendita, l’importo complessivo di Lire 93.500.000 ma non aveva consegnato l’ammontare del finanziamento erogato dal CIS, pari a Lire 29.268.000, nè le somme percepite a fondo perduto, pari a Lire 16.000.000;

– non era provato l’inadempimento – da parte dei resistenti dell’obbligo di estinguere i debiti verso la società costruttrice e di ripianare lo scoperto del conto corrente acceso presso la Banca Commerciale italiana, nè infine che tale scoperto fosse maturato a causa di operazioni compiute dal D..

La cassazione della sentenza è chiesta da P.S. sulla base di due motivi, illustrati con memoria.

Gli intimati ha proposto controricorso ed hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 1362 e 1363 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza omesso di qualificare il contratto di cui alla scrittura datata 1.7.1979 o, comunque, per aver implicitamente ravvisato la sussistenza di contratti collegati senza accertare il collegamento causale e teleologico tra le diverse pattuizioni e la volontà dei contraenti di perseguire un risultato pratico ulteriore rispetto a quello tipico della vendita.

A parere del ricorrente gli obblighi assunti dalle parti, non strettamente funzionali al prodursi dell’effetto traslativo, erano oggetto di pattuizioni autonome e i crediti vantati dagli acquirenti si erano estinti per prescrizione, dato che, prima del giudizio, nessuna pretesa era stata avanzata, il che costituiva “una forma di manifestazione tacita di volontà corrispondente ad un contegno incompatibile con una volontà diversa da quella che si poteva dedurre dai fatti stessi”.

Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata ha rilevato che la scrittura datata 1.7.1979 aveva inteso regolare l’intero rapporto, inclusa la sorte del mutuo erogato dal Cis per la costruzione del capannone, disponendo che le somme oggetto del finanziamento dovevano essere trasferite agli acquirenti, con l’impegno, da parte di questi ultimi, di versare le residue rate di rimborso.

L’atto contemplava, inoltre, particolari modalità di versamento del prezzo della vendita, da eseguire in parte mediante la consegna di liquidità e, per il residuo, mediante il pagamento diretto dei debiti gravanti sul venditore nei confronti della società costruttrice del capannone e della Banca commerciale italiana.

Tale ricostruzione in fatto del contenuto del contratto non implicava, quindi, alcun collegamento negoziale tra le varie pattuizioni contemplate dalla scrittura ma, al contrario, prefigurava una regolazione unitaria di tutti rapporti scaturiti dalla vendita.

Per altro verso, l’insussistenza di negozi collegati non impediva ai resistenti, convenuti per il pagamento, di opporre in compensazione i propri controcrediti, pur se fondati su un titolo giustificativo del tutto autonomo rispetto alla vendita, al fine di ottenere la revoca dell’ingiunzione ed il pagamento della differenza.

La censura non è, quindi, decisiva, una volta accertato in fatto che i resistenti erano titolari di un controcredito di importo superiore a quello richiesto in via monitoria dal P..

1.1. Premesso inoltre che l’eccezione di prescrizione del credito oggetto della riconvenzionale era stata proposta in via subordinata (cfr. ricorso pag. 10), appare innegabile che il tribunale, respingendo l’opposizione per carenza di prova dell’inadempimento del P. riguardo all’obbligo versare le somme ricevute dal CIS, l’abbia ritenuta assorbita.

Il ricorrente, sebbene vincitore della lite in primo grado, era quindi tenuto a riproporla in appello allo scopo di evitare che l’eccezione potesse intendersi rinunciata (Cass. s.u. 7700/2016; Cass. s.u. 7940/2019) e ad indicare in ricorso se e quando avesse assolto all’onere imposto dall’art. 346 c.p.c., per cui, in mancanza, la censura appare inammissibile per difetto di specificità.

2. Il secondo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sostenendo che dalle deposizioni testimoniali (e segnatamente, dalle dichiarazioni del teste P.E.) era emerso che le somme spettanti agli acquirenti erano state versate dal CIS su un conto aziendale presso la Banca commerciale italiana di cui il D. aveva disponibilità quale co-firmatario, e che dette somme erano state incamerate dalla Banca per ripianare il saldo passivo del conto.

Tale circostanza escludeva l’inadempimento del P. o, comunque, configurava una causa estintiva dell’obbligazione gravante sul ricorrente, per impossibilità sopravvenuta non imputabile al debitore.

Il motivo non merita accoglimento.

La censura è evidentemente volta a sollecitare un diverso apprezzamento dei fatti dichiarati dai testi al fine di sostenere che il credito oggetto della riconvenzione era stato estinto con l’accredito delle somme su un conto aziendale.

La Corte ha però tenuto conto di tale circostanza ma ha escluso che il versamento avesse estinto i controcrediti dedotti in via riconvenzionale, avendo osservato che non vi era prova che lo scoperto sul conto acceso presso la Banca commerciale fosse maturato per effetto di operazioni compiute dal D..

Tale convincimento è pertinente al merito (essendo, come tale, insindacabile in cassazione sotto i profili dedotti in ricorso) e comunque esclude il vizio denunciato, poichè, ove sia censurata l’omessa valutazione di risultanze istruttorie non si configura la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 se la circostanza emergente dagli atti sia stata presa in esame, pur se la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie (Cass. s.u. 8053/2014).

Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, apri ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5300,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.

Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2019

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