Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21241 del 13/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/09/2017, (ud. 22/06/2017, dep.13/09/2017),  n. 21241

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 14694/2011 R.G. proposto da:

Irsap S.p.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Salvatore Taverna, con

domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Regina

Margherita, n. 262/264;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate;

– intimata –

e contro

Ministero dell’economia e delle finanze;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, n. 28/05/10 depositata il 12 aprile 2010;

e sul ricorso iscritto al n. 16833/2011 R.G. proposto da:

Irsap S.p.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Salvatore Taverna, con

domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Regina

Margherita, n. 262/264;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

e contro

Ministero dell’economia e delle finanze;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, n. 29/16/11 depositata l’8 aprile 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 22 giugno 2017

dal Consigliere Emilio Iannello;

udito l’Avvocato Luca Stevanato, per delega dell’Avv. S. Taverna;

udito l’Avvocato dello Stato Bruno Dettori;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Sorrentino Federico, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. All’esito di verifica fiscale condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria del Veneto, l’Agenzia delle entrate, Ufficio di Rovigo, emetteva nei confronti della Irsap S.p.A.: a) in relazione all’anno d’imposta 2001, avviso di accertamento Irpeg per Euro 41.755,00; b) in relazione all’anno d’imposta 2002, avviso di accertamento Irpeg per Euro 39.648,00; per entrambi gli anni erano irrogate sanzioni di pari importo.

Riteneva infatti l’Ufficio che la contribuente avesse determinato il reddito d’impresa soggetto a tassazione agevolata ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 466, art. 1, comma 1, (c.d. Dit, Dual Incom Tax, comportante l’applicazione dell’aliquota del 19 per cento, anzichè di quella ordinaria del 36 per cento, sul reddito complessivo netto per la parte corrispondente alla remunerazione ordinaria della variazione in aumento del capitale investito rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 30 settembre 1996, incrementata del 40 per cento) in misura superiore a quella consentita ai sensi dell’art. 3, comma 3, lett. c) medesimo testo normativo (a mente del quale la variazione in aumento “non ha effetto” fino alla concorrenza dell’incremento dei crediti di finanziamento nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 30 settembre 1996), in combinato disposto con la norma di cui alla L. 18 ottobre 2001, n. 383, art. 5, comma 1, lett. b), c.d. Tremonti-bis (a tenore della quale “i soggetti che alla data del 30 giugno 2001 abbiano già eseguito operazioni di variazione in aumento del capitale ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 466, continuano a fruire dei relativi benefici”).

Secondo quanto pacifico in atti, invero, la Irsap aveva erogato in favore della partecipata Rhoss S.p.A., nel corso del 2001, finanziamenti in sei tranches, quattro delle quali in data anteriore al 30 giugno 2001, le altre due in data successiva.

Nel corso dello stesso anno, ed esattamente il 28/12/2001, il finanziamento era stato però interamente rimborsato. Per tale ragione la società contribuente – ritenendo che l’azzeramento del credito da finanziamento ne escludesse la valenza riduttiva della base Dit (e ciò sia per l’anno d’imposta 2002, sia per il 2001, in quanto intervenuto entro la fine del relativo esercizio) – aveva applicato l’aliquota agevolata alla parte del reddito complessivo netto corrispondente alla remunerazione ordinaria della variazione in aumento di capitale investito risultante per quell’anno, senza in alcuna misura ridurla degli importi erogati alla partecipata sotto forma di finanziamento.

Secondo l’Ufficio invece tale base per il calcolo dell’imposta agevolata andava ridotta dell’intero importo finanziato alla società partecipata, in esso comprese anche le tranches erogate in data successiva al 30 giugno 2001, senza che di contro potesse attribuirsi rilievo alla restituzione dell’intero finanziamento in quanto successiva alla predetta data.

2. I ricorsi proposti dalla contribuente avviavano distinti procedimenti che venivano definiti in primo grado con il parziale accoglimento degli stessi e la conseguente riduzione della maggiore imposta dovuta e della corrispondente sanzione.

Riteneva infatti la C.T.P. che, ai fini della riduzione della base Dit, l’Ufficio avrebbe dovuto considerare i soli finanziamenti erogati alla partecipata entro il 30 giugno 2001, con esclusione dunque di quelli successivi, confermando per contro l’irrilevanza al detto fine dell’integrale rimborso del finanziamento intervenuto il 28 dicembre dello stesso anno.

3. Gli appelli interposti dall’Ufficio erano successivamente accolti dalla C.T.R. del Veneto, con le sentenze in epigrafe indicate, ritenendo i giudici d’appello pienamente corretta e legittima la determinazione della base cui applicare l’imposta agevolata così come operata negli avvisi di accertamento.

In parziale accoglimento degli opposti gravami della contribuente la C.T.R. escludeva per contro l’applicabilità delle sanzioni in considerazione delle obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme.

4. Avverso tali decisioni propone separati ricorsi per cassazione la società contribuente, nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’Agenzia delle entrate, entrambi sulla base di unico mezzo.

Le amministrazioni intimate non hanno svolto difese nel primo dei giudizi di cassazione; nel secondo invece l’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.

Nel primo giudizio la ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Chiamata la prima delle due cause (ricorso n. 14694/2011 R.G.) all’udienza del 19 gennaio 2017 la stessa è stata rinviata a nuovo ruolo per trattazione congiunta con la seconda (ricorso n. 16833/2011 R.G.).

Entrambe le cause sono state quindi chiamate all’odierna udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico e identico motivo posto a fondamento di entrambi i ricorsi la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 466, artt. 2 e 3 nonchè della L. 18 ottobre 2001, n. 383, art. 5 e ancora vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Sotto il primo profilo (violazione di legge) lamenta che erroneamente e, comunque, contraddittoriamente la C.T.R. ha interpretato la disposizione (sopra trascritta) di cui alla L. 18 ottobre 2001, n. 383, art. 5, comma 1, lett. b), nel senso che la stessa sia diretta ad escludere la rilevanza, ai fini del calcolo della base imponibile Dit, non solo – com’è pacifico – delle variazioni in aumento del capitale intervenute successivamente alla data ivi indicata del 30 giugno 2001 ma anche delle variazioni dell’ammontare dei crediti per finanziamenti erogati a società partecipate, limitatamente peraltro, quanto a queste ultime, a quelle favorevoli alla contribuente (e quindi limitatamente alla riduzione di tale ammontare, per effetto del rimborso) e non anche a quelle di segno opposto (erogazione di ulteriori finanziamenti).

Sotto il secondo profilo (vizio di motivazione) la ricorrente lamenta che, nel giungere a tale lettura delle norme, la C.T.R. ha attribuito immotivato e comunque ingiustificato rilievo vincolante a circolari emesse dalla stessa amministrazione finanziaria e ha altrettanto immotivatamente, con un salto logico, affermato potersi rilevare dal testo della norma citata la conclusione secondo cui, ai fini del calcolo della base “dittabile”, deve attribuirsi rilievo solo alle variazioni in aumento dei crediti da finanziamento intervenute successivamente alla data del 30 giugno 2001.

2. Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso iscritto al n. 16833/2011 R.G. a quello recante il più antico numero di ruolo, attesa l’identità delle questioni trattate.

3. Ancora in via preliminare va dichiarata l’inammissibilità di entrambi i ricorsi (in quanto) proposti nei confronti del Ministero dell’Economia e Finanze che non è stato parte in sede di merito.

Non avendo il Ministero svolto difese nel presente giudizio, non v’è luogo a provvedere sul regolamento delle spese.

4. L’unico motivo posto a fondamento dì entrambi i ricorsi – da esaminare pertanto solo in quanto proposti nei confronti dell’Agenzia delle entrate – è fondato, nei limiti e nei termini appresso precisati, nella parte in cui prospetta violazione di legge (non anche nella parte in cui prospetta anche vizio di motivazione, non potendo tale vizio configurarsi, com’è noto, in relazione a questioni di mero diritto, quali quelle nella specie dibattute).

La controversia ruota attorno alla interpretazione della norma di cui alla L. 18 ottobre 2001, n. 383, art. 5, comma 1, lett. b), a mente della quale – giova ripetere – “1. Le agevolazioni fiscali di cui alla tabella allegata alla presente legge (tra cui la c.d. Dit. Dual Incom Tax, di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 466), sono soppresse, salvo quanto segue:… b) i soggetti che alla data del 30 giugno 2001 abbiano già eseguito operazioni di variazione in aumento del capitale ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 466, continuano a fruire dei relativi benefici”.

Il quesito che si pone è, più precisamente, se la fissazione della data del 30 giugno 2001 come termine ultimo di rilevanza, ai fini dell’applicazione dell’aliquota agevolata ex D.Lgs. n. 466 del 1997, di “operazioni di variazione in aumento del capitale” comporti oppure no che non si possa tener conto nemmeno del venir meno, successivamente a tale data, di fatti che (a norma del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 466, art. 3, comma 3 lett. c), tale rilevanza escludono in chiave antielusiva e, segnatamente, della riduzione o, addirittura, come nella specie, dell’azzeramento di crediti da finanziamento nei confronti di partecipate.

La tesi negativa dell’Agenzia (espressa anche nella Circolare n. 4/E del 18 gennaio 2002), secondo cui la diminuzione dei crediti di finanziamento infragruppo, rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 30 settembre 1996, non può dar luogo ad incrementi della base imponibile Dit, si fonda sull’assunto (esplicito nella citata circolare: par. 9) che la detta norma transitoria di cui alla L. n. 383 del 2001, art. 5, comma 1, lett. b), opererebbe una sorta di congelamento, alla data del 30 giugno 2001, tale per cui “l’eventuale decremento dell’ammontare dei crediti di finanziamento rispetto all’importo iscritto nel bilancio dell’esercizio in corso al 30/09/1996 non può dare luogo ad incrementi della base Dit successivamente al 30 giugno 2001 medesimo. Viceversa, l’incremento di detti crediti dovrà essere computato in diminuzione del reddito “dittabile””. Assunto questo da leggersi unitamente alla affermazione, pure contenuta nella citata circolare, secondo cui la data del 30 giugno 2001 costituisce una sorta di data di chiusura “virtuale” del periodo d’imposta 2001.

Tale assunto e la lettura della norma transitoria che ne è posta alla base non trovano però riconoscibile fondamento, nè testuale, nè logico-sistematico.

Converrà al riguardo muovere da una breve disamina delle regole ordinarie dettate dal D.Lgs. n. 466 del 1997, sia per quel che riguarda in particolare l’ambito temporale cui ragguagliare la rilevanza, a fini Dit, delle variazioni in aumento del capitale, sia per quanto riguarda la previsione di inefficacia di queste ultime, in chiave antielusiva, contenuta negli artt. 2 e 3 del medesimo testo normativo, tenendo presente che si tratta di aspetti di disciplina che non sono stati in alcun modo modificati dal citato L. n. 383 del 2001, art. 5, comma 1, lett. b).

4.1. Quanto al primo di essi occorre rammentare che la remunerazione ordinaria delle variazioni in aumento di capitale, stabilita con apposito decreto ministeriale, è riferita all’anno solare e che proprio per tale motivo l’ultimo periodo del D.Lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 466, art. 1, comma 1 prevede che, nel caso in cui la durata del periodo d’imposta sia diversa da un anno, è necessario ragguagliare la variazione in aumento del capitale investito alla effettiva durata del periodo d’imposta.

Inoltre, secondo pacifica interpretazione dell’art. 1, comma 5 D.Lgs. cit. (a mente del quale “gli incrementi derivanti da conferimenti in denaro rilevano a partire dalla data del versamento”), i conferimenti rilevano in relazione al momento in cui sono eseguiti e rispetto alla durata effettiva del periodo d’imposta.

Non si è mai dubitato dunque che l’orizzonte temporale di riferimento cui rapportare la rilevanza ai fini Dit delle variazioni in aumento del capitale coincida, quanto al suo termine finale, con quello del periodo di imposta nel quale avviene il conferimento e, quanto ai successivi periodi d’imposta, con ciascuno di essi considerato nella sua interezza.

Come infatti precisato anche dal Ministero delle finanze (vds. Circ. M.F. n. 76/E del 6 marzo 1998), in virtù della disposizione da ultimo citata, i conferimenti in denaro “concorrono alla formazione dell’incremento in proporzione ai giorni che intercorrono tra la data di versamento e quella di chiusura del periodo d’imposta in cui sono stati effettuati…”, con la ovvia precisazione che “con riguardo ai periodi d’imposta successivi a quello in cui il conferimento di denaro è stato effettuato, il conferimento stesso continua ad avere rilevanza, ai fini dell’incremento del capitale investito, per il suo intero ammontare”. Scopo della norma è evidentemente quello di impedire che i conferimenti in denaro possano avere “piena rilevanza” (ossia concorrere alla formazione della variazione in aumento del capitale investito in misura pari alla somma versata) nel caso in cui l’ammontare versato non sia rimasto nella disponibilità della società conferitaria per l’intero periodo d’imposta in cui avviene il versamento – ma per un periodo inferiore (pari, al limite, anche soltanto a un giorno) – in quanto il versamento stesso è stato effettuato successivamente all’inizio del suddetto periodo.

Ciò posto appare evidente che tale finalità, nel caso che qui interessa di conferimento avvenuto nel corso dell’anno d’imposta 2001, anteriormente al 30 giugno, deve intendersi rispettata tutte le volte in cui la variazione in aumento del capitale investito risulti rimasta (dalla data del versamento e fino alla chiusura del periodo d’imposta in cui esso è effettuato o per l’intera durata dei periodi d’imposta successivi) effettivamente nella disponibilità della società fino alla chiusura del periodo d’imposta considerato e, dunque, nei casi che qui occupano: a) dalla data del conferimento fino al 31 dicembre 2001, per l’anno d’imposta 2001; b) per l’intero anno 2002, per l’anno d’imposta relativo; salve le riduzioni temporali derivanti, come appresso si dirà, dall’inefficacia di tali conferimenti in quanto coincidenti con l’incremento dei finanziamenti a partecipate.

Risulta pertanto priva di fondamento la tesi dell’amministrazione secondo cui la data del 30 giugno 2001 costituisca una sorta di data di chiusura virtuale del periodo d’imposta. Tale tesi di fatto ipotizza una deroga al regime ordinario previsto dalla Dit in assenza di alcun indice testuale che possa darvi copertura e in mancanza altresì di alcuna intellegibile ragione sistematica. Essa è inoltre palesemente contraddetta dall’affermazione secondo la quale occorrerebbe invece tener conto, per gli effetti riduttivi della base Dit, dei crediti erogati, ai sensi dell’art. 3, comma 3, successivamente al 30 giugno 2001: affermazione inspiegabile nella prospettiva fatta propria dall’amministrazione di un orizzonte semestrale per la valutazione della rilevanza dei conferimenti.

4.2. Occorre adesso passare a considerare il rilievo che, nella disciplina propria dell’agevolazione, occorre attribuire alla erogazione (e per converso anche alla restituzione) di finanziamenti in favore di partecipate.

Il D.Lgs. n. 466 del 1997, art. 5 comma 1, lett. b), dispone al riguardo testualmente: “La variazione in aumento… non ha… effetto fino a concorrenza:… c) dell’incremento dei crediti di finanziamento nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 30 settembre 1996”.

Appare evidente che la norma non assegna all’incremento dei crediti di finanziamento in favore di partecipate un ruolo diretto, equiparabile ai decrementi di capitale, ai fini della determinazione della base Dit, ma solo un ruolo indiretto, esplicantesi nel “privare di effetto” il conferimento eseguito.

Questo in coerenza con la chiara finalità antielusiva della norma (diretta evidentemente a impedire che l’aumento di capitale sia sottratto allo scopo perseguito di favorire l’aumento di capitali destinati ad un effettivo investimento nell’attività d’impresa, per essere invece destinato a finanziare società partecipate con possibili indebiti effetti moltiplicativi dell’agevolazione fiscale) e con le modalità che caratterizzano l’operatività di norme di tal genere (antielusive), le quali infatti sanzionano il comportamento elusivo con la inopponibilità (che è una forma di inefficacia relativa) degli stessi all’amministrazione.

Ciò all’evidenza colloca gli incrementi considerati dalla norma non già sul piano della “fattispecie”, ossia della concreta formazione della base Dit (solo per la quale, nella disciplina transitoria, è fissato il termine del 30 giugno 2001), bensì su quello della “produzione degli effetti”, ossia della valutazione dell’effettiva idoneità di tale base a produrre gli effetti agevolativi previsti: valutazione questa che, come detto, resta da compiersi nel più ampio orizzonte temporale rappresentato dall’anno solare.

Se così è, non vi è allora ragione di negare rilevanza, ai fini della determinazione della base Dit, alle variazioni (sia in aumento che in diminuzione) dell’ammontare dei crediti da finanziamento intervenute anteriormente alla chiusura del periodo d’imposta (31 dicembre 2001, per l’anno d’imposta 2001; 31 dicembre 2002, per l’anno d’imposta 2002), ancorchè successivamente alla data del 30 giugno 2001, posto che: a) tale variazione non riguarda la fattispecie (i conferimenti in denaro, quale dato fattuale cui viene riconnesso l’effetto agevolativo, sono e rimangono quelli effettuati anteriormente al 30 giugno 2001), ma solo la possibilità che ad essa venga effettivamente ricondotto detto effetto; b) ai fini di tale valutazione non muta, come detto, l’orizzonte temporale finale cui aver riguardo, che rimane quello rappresentato dal termine del relativo periodo d’imposta, rapportato all’anno solare.

4.3. Rimane però da precisare quale sia la rilevanza, sul piano dell’operatività della agevolazione, che occorre riconoscere a dette variazioni.

Quanto a quelle in aumento, esse a ben vedere non fanno altro che dimostrare che le risorse per esse impiegate in realtà non sono state destinate all’ampliamento o al potenziamento dell’attività d’impresa, perchè altrimenti non sarebbero state disponibili come liquidità da erogare sotto forma di finanziamento in favore delle partecipate.

Nella prospettiva antielusiva sopra detta esse impediscono che, al termine del periodo d’imposta considerato, ossia al momento nel quale occorre compiere la valutazione della sussistenza e della portata degli effetti agevolativi delle variazioni medesime, tali effetti possano riconoscersi per la parte corrispondente all’intero ammontare dell’incremento dei finanziamenti operati.

Da qui la correttezza dell’operato dell’amministrazione che considera anche i finanziamenti in favore di partecipate intervenuti successivamente al 30 giugno 2001 idonei a “privare di effetto” il conferimento in denaro ai sensi del D.Lgs. n. 466 del 1997, art. 3, comma 3, lett. c).

Posto che non vi è nella detta norma transitoria alcun limite temporale a tale rilievo dei finanziamenti e che l’attribuzione di efficacia alle variazioni in aumento del capitale deve avvenire, come detto, in rapporto all’intero periodo d’imposta, non può tale valutazione prescindere dai finanziamenti effettuati nel corso dell’intero periodo considerato.

4.4. La citata norma nulla dispone a ben vedere con riferimento all’ipotesi inversa, ossia alla restituzione dei finanziamenti.

Se si considera tuttavia che l’erogazione di finanziamenti in favore di partecipate è una modalità di impiego del danaro che ne prevede la restituzione – a differenza dell’erogazione operata sotto forma di capitale di rischio, quale conferimento – e che a tale differenza si correla evidentemente il diverso trattamento riservato dalla norma in esame all’una e all’altra ipotesi (inefficacia per la prima: art. 3, comma 3, lett. c); “riduzione” della variazione in aumento del capitale per la seconda: art. 3, comma 2), non può non concludersi che il rilievo dei rimborsi dei finanziamenti è solo, a ben vedere, quello di far cessare la situazione che, finchè pendeva, privava di effetto a fini Dit l’aumento del capitale.

Nessuna ragione testuale o logica può però far ritenere che tale cessazione abbia a considerarsi con effetto ex tunc: il rimborso non può invero far obliterare il dato che, lapalissianamente, fino al giorno prima che esso fosse operato, il denaro dato in prestito non era nella disponibilità della società erogante: dato questo di centrale rilevanza nella suesposta ratio della disposizione; dunque esso avrà effetto solo dal momento in cui il rimborso è effettuato e per il futuro.

In altre parole, solo da quel momento (ossia dal rimborso del finanziamento) l’aumento di capitale potrà produrre l’effetto previsto ai fini Dit, non da prima. Se il rimborso è stato fatto solo un giorno prima dell’anno d’imposta considerato, quell’effetto (di riduzione d’imposta) dovrà essere rapportato solo a 1/365 del periodo d’imposta.

Ciò precisato, occorre allora a questo punto chiedersi se il termine del 30 giugno 2001 fissato per l’operatività delle agevolazioni Dit valga a precludere tale riespansione di efficacia in data ad esso successiva.

La risposta anche in questo caso deve essere negativa, trattandosi di evento anch’esso tutto interno alla modulazione degli effetti di una fattispecie già interamente formatasi anteriormente al predetto termine.

Anche ai fini in esame non può, invero, non muoversi dalla constatazione che la L. n. 383 del 2001, art. 5, comma 1, lett. b), testualmente si limita a prevedere, quale eccezione alla statuita soppressione della Dit, la persistente sua applicabilità (“i soggetti… continuano a fruire dei relativi benefici”) per le operazioni di variazione in aumento del capitale eseguite fino al 30 giugno 2001, senza nulla disporre, nè tanto meno innovare, circa le modalità di applicazione della relativa disciplina e, in particolare, circa la modalità di applicazione delle norme antielusive di cui al D.Lgs. n. 466 del 1997, artt. 2 e 3 nè tantomeno porre dei limiti al rilievo attribuibile al rimborso di finanziamenti.

4.5. Non può pertanto riconoscersi pregio giuridico alla obiezione opposta dall’amministrazione, nel controricorso depositato nel secondo dei giudizi riuniti, secondo cui, “una volta entrata in vigore la Tremonti bis, le società controllanti che, come l’odierna ricorrente, avessero erogato dei prestiti alle controllate, ben avrebbero potuto farsi restituire i finanziamenti… ed utilizzare il relativo ammontare per investimenti idonei ad usufruire delle agevolazioni introdotte con il nuovo sistema; con ciò ottenendo, allo stesso tempo, il doppio vantaggio del riespandersi della vecchia agevolazione della d.i.t. e della fruizione della neo istituita agevolazione, mediante l’impiego della medesima quota di capitale; proprio quello che la L. n. 388 del 2001, art. 5, comma 1, lett. b), (Tremonti bis) voleva evitare”.

Alla luce della ricostruzione sopra operata non può, infatti, non concludersi che tale potenziale concorso delle due agevolazioni costituisce portato inevitabile, da un lato, dei diversi presupposti dell’una e dell’altra e, dall’altro lato, della disciplina dettata per regolare il passaggio dall’uno all’altro regime.

In disparte, infatti, l’ipotesi qui considerata dei finanziamenti alle controllate, prima erogati e poi restituiti, nulla a ben vedere può escludere che le variazioni in aumento del capitale investito intervenute anteriormente al 30 giugno 2001 (ossia il presupposto unicamente considerato dalla prima disciplina agevolatrice: Dit) si traducano in tutto o in parte nella disponibilità di maggiore liquidità che come tale rimanga anche successivamente a quella data e venga conseguentemente investita, dopo di essa, nell’acquisto di beni strumentali, così integrando il diverso presupposto della nuova agevolazione (consistente nella esclusione “dall’imposizione del reddito di impresa e di lavoro autonomo… (del)… 50 per cento del volume degli investimenti in beni strumentali realizzati nel periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge successivamente al 30 giugno e nell’intero periodo di imposta successivo, in eccedenza rispetto alla media degli investimenti realizzati nei cinque periodi di imposta precedenti, con facoltà di escludere dal calcolo della media il periodo in cui l’investimento è stato maggiore”: L. n. 383 del 2001, art. 4, comma 1).

E’ ben vero, dunque, che la citata previsione di cui alla L. n. 383 del 2001, art. 5, comma 1, persegue lo scopo di evitare sovrapposizioni tra le due agevolazioni, esso però è perseguito in concreto attraverso l’individuazione di un discrimine temporale esclusivamente riferito alla effettuazione di operazioni di variazioni in aumento del capitale investito, non anche all’impiego che dell’aumento di capitale così ottenuto venga fatto, dovendosi conseguentemente ritenere che, a ben vedere, nell’ipotesi fatta di acquisto di beni strumentali effettuato successivamente al 30 giugno 2001 con risorse tuttavia rinvenienti da variazioni in aumento del capitale sociale effettuati anteriormente, non di non consentita sovrapposizione delle due agevolazioni si tratti, ma di mero legittimo concorso delle stesse.

Anche in tale prospettiva, resta confermato che nessun rilievo può invece assegnarsi al fatto che le risorse investite successivamente al 30 giugno 2001, derivino dalla restituzione di finanziamenti anzichè dalla mera disponibilità di danaro conferito anteriormente al 30 giugno 2001, posto che anche nel primo caso non potrà quella restituzione parificarsi all’esecuzione di nuovi conferimenti (certamente esclusa dalla prima agevolazione: Dit), ma resterà risorsa a questi fini pur sempre imputabile alla operazione di aumento del capitale effettuata anteriormente alla detta data e come tale pertanto ad essa soggetta, sebbene con effetti limitati alla stregua di quanto sopra detto.

5. Tirando le fila del ragionamento fin qui condotto, può quindi affermarsi il seguente principio di diritto: la L. 18 ottobre 2001, n. 383, art. 5, comma 1, lett. b), (cd. legge Tremonti-bis), deve essere interpretato nel senso che assumono rilevanza, ai fini della persistente fruizione degli effetti agevolativi previsti dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 466 (c.d. d.i.t., dual incom tax), le operazioni di variazione in aumento del capitale eseguite fino alla data del 30 giugno 2001. Tali operazioni hanno effetto, ai sensi del D.Lgs. n. 466 del 1997, art. 1, comma 5, in proporzione ai giorni che intercorrono tra la data del conferimento in denaro e quella di chiusura del periodo d’imposta in cui esso è effettuato e, per il periodo d’imposta successivo, per l’intero loro ammontare. Detto effetto non si produce, ai sensi del D.Lgs. n. 466 del 1997, art. 3, comma 3, lett. c), fino alla concorrenza dei finanziamenti verso partecipate, ancorchè effettuati successivamente al 30 giugno 2001. Esso tuttavia si produrrà in caso di rimborso di detti finanziamenti, ancorchè intervenuto successivamente alla predetta data, nei limiti di detto rimborso e in proporzione al periodo intercorrente tra la data del rimborso medesimo e quella di chiusura del periodo d’imposta in cui è stato effettuato e, per il periodo d’imposta successivo, per l’intero suo ammontare (salvo che intervengano nuove variazioni in aumento o in diminuzione dei crediti da finanziamento da valutare, nei sensi sopra indicati, al termine del periodo d’imposta considerato).

6. In ragione e nei limiti delle considerazioni sopra svolte, entrambi i ricorsi riuniti vanno pertanto accolti. Entrambe le sentenze impugnate hanno infatti evidentemente deciso secondo regole difformi dai principi sopra enunciati; esse vanno conseguentemente cassate, con rinvio al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

riunisce al ricorso n. 14694/2011 R.G. quello iscritto al n. 16833/2011 R.G.; dichiara inammissibili i ricorsi in quanto proposti nei confronti del Ministero delle Finanze; accoglie entrambi i ricorsi, in quanto proposti nei confronti dell’Agenzia delle entrate, nei termini di cui in motivazione; cassa le sentenze; rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2017

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