Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21241 del 02/10/2020
Cassazione civile sez. III, 02/10/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 02/10/2020), n.21241
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28445-2019 proposto da:
T.M., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
MARCO CAVICCHIOLI;
– ricorrente –
contro
PROCURA GENERALE C/O CORTE CASSAZIONE;
– intimata –
nonchè contro
MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 265/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 11/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/06/2020 dal Consigliere Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
1. T.M., cittadino proveniente dal Mali, ricorre, affidandosi a 3 motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Torino n. 265 del 11 febbraio 2019 che aveva respinto l’impugnazione proposta avverso l’ordinanza del Tribunale con la quale era stato confermato il provvedimento della Commissione territoriale di Biella che aveva negato la protezione internazionale richiesta, declinata in via gradata nelle fattispecie di “protezione sussidiaria e “protezione umanitaria”.
2. Il Ministero si è costituito tardivamente.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
3.1. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la “violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per mancato esperimento di attività istruttoria in relazione alle domande di riconoscimento della protezione sussidiaria.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la “violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 8 e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4. Lamenta il mancato rispetto delle norme sopra citate per avere il giudice di merito motivato il provvedimento impugnato in relazione al contenuto di rapporti internazionali allegati d’ufficio nel decreto senza previo contraddittorio con le parti e senza riportarne il contenuto effettivo.
4. Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366, n. 3.
Difatti, ai sensi del suddetto articolo il ricorrente è onerato di esporre, seppur sommariamente, i fatti oggetto di causa.
Il Collegio rileva che il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto – forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.
Il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti ed è pertanto inammissibile.
5. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la indefensio della parte pubblica.
5.1. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), a condizione che esso sia dovuto: condizione che non spetta a questa Corte stabilire. La suddetta norma, infatti, impone all’organo giudicante il compito unicamente di rilevare dal punto di vista oggettivo che l’impugnazione ha avuto un esito infruttuoso per chi l’ha proposta.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020