Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21240 del 08/10/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 21240 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 20266-2013 proposto da:
AZIENDA SANITARIA LOCALE 5 “SPEZZINO” – LA SPEZIA P.I.
00962520110, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI S.
COSTANZA 46, presso lo studio dell’avvocato MANCINI
LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente
2014

all’avvocato CARLO CIMINELLI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1803
contro

RINALDT GIUSEPPE C.P. RNLGPP43004H275D, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SESTO RUFO, 23, presso lo

Data pubblicazione: 08/10/2014

studio dell’avvocato TAVERNITI BRUNO, rappresentato e
difeso dall’avvocato VALETTINI ROBERTO, giusta delega
in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 374/2013 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/05/2014 dal Consigliere Dott. IRENE
TRICOMI;
udito l’Avvocato BUONANNO FRANCESCO per delega MANCINI
LUIGI;
udito

l’Avvocato

TAVERNITI

ATTILIO

per

delega

VALETTINI ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di GENOVA, depositata il 28/06/2013 r.g.n. 151/2012;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’Appello di Genova, con la sentenza n. 374 del 28 giugno 2013,
pronunciando sull’impugnazione proposta dall’Azienda sanitaria locale n. 5 “Spezzino”
nei confronti di Giuseppe Rinaldi, in ordine alla sentenza del Tribunale di La Spezia del
26 gennaio 2012, n.1, in parziale riforma di quest’ultima, riduceva gli importi

riconosciuti a Rinaldi dal Tribunale di quanto da lui percepito come medico
convenzionato dal Comune di Aulla dal 30 giugno 2010 al 31 gennaio 2011; dichiarava
compensate per un quarto le spese di primo grado; confermava nel resto; dichiarava
compensate per un quarto le spese d’appello; condannava l’Azienda sanitaria locale n. 5
spezzino a pagare a Rinaldi la quota residua, come liquidata.
2. Il Tribunale di La Spezia, con la sentenza appellata, aveva accertato il diritto
di Giuseppe Rinaldi ad essere riammesso in servizio con la qualifica, le mansioni e la
retribuzione di cui al contratto di lavoro del 3 novembre 2009, n. 205, a far tempo dal 1°
aprile 2010 e fino al compimento del settantesimo anno d’età, salvo il sopraggiungere
di autonome cause di risoluzione del rapporto, con diritto al pagamento delle
retribuzioni e delle differenze retributive medio tempore maturate, dalla suddetta data
alla riammissione in servizio, oltre la somma maggiore tra rivalutazione ed interessi,
nonché al versamento all’ente competente della relativa contribuzione previdenziale.
L’ASL aveva disposto la cessazione dal servizio del Rinaldi, proprio dirigente
medico, al compimento del sessantasettesimo anno d’età (1° aprile 2010) in ragione di
quanto previsto dall’art. 15-nonies del d.lgs. n. 502 del 1992 che, nel testo applicabile
ratione temporis, in combinato disposto con l’art. 16 del digs. n. 503 del 1992,
prevedeva anche per la dirigenza medica la possibilità di permanere in servizio per un
biennio oltre i miti di età per il collocamento a riposo.
L’ASL, con decorrenza successiva, poi riammetteva in servizio il Rinaldi in
ragione di quanto previsto dalla legge n. 183 del 2010, al fine di consentire allo stesso di
maturare il quarantesimo anno di servizio effettivo, non superando comunque il
settantesimo anno di età.
Il Tribunale nell’accogliere la domanda del Rinaldi aveva dato
un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina da applicare anche in
ragione di quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 90 del 1992, che
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aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, primo comma, del d.P.R. 20
dicembre 1979, n. 761, nella parte in cui non consentiva al personale ivi contemplato
che al raggiungimento del limite di età per il collocamento a riposo non avesse
compiuto il numero degli anni richiesti per ottenere il minimo della pensione, di
rimanere, su richiesta, in servizio fino al conseguimento di tale anzianità minima e,

comunque, non oltre il settantesimo anno di età.
3. La Corte d’Appello di Genova con ordinanza del 18 maggio 2012 ha sollevato
questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 38, secondo comma, e
3, primo comma, della Costituzione, dell’art.

15-nonies, comma 1, del decreto

legislativo n. 502 del 1992, in combinato disposto con l’art. 16, comma 1, primo
periodo, del decreto legislativo n. 503 del 1992, nella parte in cui non era prevista per i
dirigenti sanitari, anziché la facoltà di permanere in servizio, con effetto dalla data di
entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un
biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti (ossia, fino al
sessantasettesimo anno d’età), quella di permanere in servizio, su istanza
dell’interessato, fino al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo, con il
limite di permanenza del settantesimo anno di età ed il limite di non dar luogo ad un
aumento del numero dei dirigenti.
4. La Corte costituzionale con la sentenza n. 33 del 2013 ha dichiarato diskifara
l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 15 nonies, comma 1,

del d. lgs. n. 502 del 1992, e 16, comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 503 del 1992, —
nel testo di essi quale vigente fino all’entrata in vigore dell’art. 22 della legge n. 183 del
2010 — nella parte in cui non consentiva al personale ivi contemplato che al
raggiungimento del limite massimo di età per il collocamento a riposo non avesse
compiuto il numero degli anni richiesti per ottenere il minimo della pensione, di
rimanere, su richiesta, in servizio fino al conseguimento di tale anzianità minima e,
comunque, non oltre il settantesimo armo di età.
5. Per la cassazione della sentenza resa dalla Corte d’Appello di Genova ricorre
l’Azienda sanitaria locale n. 5 “Spezzino”, prospettando tre motivi di ricorso.
6. Resiste con controricorso Rinaldi Giuseppe.
7. Entrambe le parti hanno deposito memoria in prossimità dell’udienza.
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MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione delle
seguenti norme considerate singolarmente e nel loro combinato disposto:
art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 484 del 1997;
art. 15, comma 8, del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dall’art. 8 del

d.lgs. n. 254 del 2000;
art. 16 quinquies (commi 1 e 5), come inserito dal d.lgs. n. 229 del 1999 e
modificato dal d.lgs. n. 254 del 2000;
art. 15, commi 5, 6 e 7, del d.lgs. n. 502 del 1992;
art. 113 e.p.e.
1.1. Espone ik ricorrente che, in ragione della normativa richiamata, costituisce
requisito necessario, per l’accesso al secondo livello dirigenziale e l’attribuzione dello
svolgimento di incarichi dirigenziali di struttura complessa, il possesso dell’attestato di
formazione manageriale, conseguito a seguito della frequenza e del superamento degli
appositi corsi organizzati dalle Regioni. Tale attestato, qualora non conseguito non può
essere sostituito dalla valutazione avente ad oggetto la gestione delle risorse e il corretto
esercizio delle funzioni. Pertanto la Corte territoriale, in accoglimento della domanda
riconvenzionale avrebbe dovuto dichiarare il diritto dovere di essa ASL ad inquadrare
il Rinaldi nel primo livello dirigenziale, preso atto che essa ASL a seguito
dell’intervenuta decadenza, per la mancata partecipazione al corso, non aveva il potere
di inquadrare il Rinaldi al secondo livello e di affidargli un incarico di direzione di
struttura complessa.
Erroneamente, quindi, la Corte d’Appello, con riguardo alla riammissione in
servizio del Rinaldi, aveva ritenuto sufficiente lo svolgere l’incarico con valutazione
positiva e che questo, sulla base della mancata partecipazione, eventualmente avrebbe
dovuto essergli revocato con la procedura prevista.
In tal modo, peraltro, la Corte d’Appello, ha operato una illegittima sostituzione
di una fonte di diritto, costituita dalle norme richiamate nel motivo di ricorso, con una
diversa fonte interpretativa rappresentata da un proprio apprezzamento personale.

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2. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata la violazione e falsa
applicazione delle seguenti norme, considerate singolarmente e nel loro combinato
disposto:
art. 15, comma 8, del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal d.lgs. n. 254
del 2000;

art. 113 c.p.c.;
art. 15-ter, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal d.lgs. n.
254 del 2000;
art. 19, comma 1-ter, del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato dal d.lgs. n.
150 del 2009;
art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato dal d.lgs. n. 150
del 2009.
2.1. Deduce la ASL che l’esame delle disposizioni sopra richiamate evidenzia
che non è prevista alcuna procedura di revoca, in caso di mancata partecipazione ai
corsi di formazione ovvero di mancato superamento degli stessi, con la conseguente
decadenza ex lege dall’incarico. Erroneamente, quindi, la Corte d’Appello ha ritenuto,
così violando il principio di legalità della decisione giudiziaria sancito dall’art. 113
c.p.c., applicabile l’istituto della revoca.
3. Con il terzo motivo di ricorso è prospettata la violazione e falsa applicazione
delle seguenti norme, considerate singolarmente e nel loro combinato disposto:
art. 52, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato dall’art. 62 del
d.lgs. n. 150 del 2009;
art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato dal digs. n. 150
del 2009;
art. 15-ter, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, come sostituito per effetto
dell’entrata in vigore del d.l. n. 158 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge
n. 189 del 2012.
3.1. Ad avviso della ricorrente, poiché la struttura complessa

Clinical

Governance (diretta dal Rinaldi al momento del collocamento a riposo) era stata
soppressa, lo stesso non avrebbe potuto essere riammesso quale direttore di struttura
complessa, ma solo quale dirigente di primo livello, poiché sussiste uno stretto
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collegamento tra l’incarico e la struttura oggetto dello stesso. La Corte d’Appello, in
proposito, affermava che, quanto alla soppressione della struttura, non risultava che non
ve ne fosse altra da attribuirgli consona alla sua professionalità.
4. 1 suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro
connessione.

Gli stessi non sono fondati e devono essere rigettati.
5. ttricorrente censura la statuizione della Corte d’Appello che non ha accolto il
motivo di impugnazione relativo al mancato accoglimento della domanda
riconvenzionale formulata in primo grado, con la quale (come riportato a pag 7 del
presente ricorso) chiedeva «dichiarare il diritto-dovere di ASL 5 spezzino ad inquadrare
il ricorrente nel primo livello dirigenziale per la mancata partecipazione al corso di
formazione regionale di cui in narrativa».
Come questa Corte ha avuto modo di affermare, in tema di interpretazione della
domanda giudiziale, il giudice non è condizionato dalle formali parole utilizzate dalla
parte, ma deve tener conto della situazione dedotta in causa e della volontà effettiva,
nonché delle finalità che la parte intende perseguire (ex mullis, Cass., n. 6226 del 2014).
Dal contenuto dell’atto di costituzione della ASL davanti al Tribunale di La
Spezia, (riportato a pagg. 5, 6 e 7, del presente ricorso), si rileva che il resistente
contestava la possibilità di un’interpretazione adeguatrice, posta dal Rinaldi a
fondamento della propria pretesa, che consentisse, senza soluzione di continuità al
Rinaldi stesso di essere riammesso in servizio per proseguire il rapporto di lavoro sino
al settantesimo anno di età, e affermava, invece, che il Rinaldi andava riammesso in
servizio in ragione dello ius superveniens di cui all’art. 22 della legge n. 183 del 2010,
dalla data di entrata in vigore di quest’ultima, ovvero il 24 novembre 2010.
Detto art. 22, al comma 3, stabilisce «le disposizioni di cui al comma 1 dell’
articolo 15-nonies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato
dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche ai dirigenti medici e del ruolo
sanitario del Servizio sanitario nazionale in servizio alla data del 31 gennaio 2010»
Il citato art. 15-nonies, comma 1, primo periodo, prevede «il limite massimo di
età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio
sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al
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compimento del sessantacinquesimo anno di età, ovvero, su istanza dell’interessato, al
maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di
permanenza non può superare il settantesimo anno di età e la permanenza in servizio
non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti».
Quindi il petitum riconvenzionale di inquadramento del Rinaldi in incarico di

primo livello, si inscriveva in una domanda, come risultante anche dalla causa petendi,
e dal tenore complessivo della memoria di costituzione, come riprodotta nel presente
ricorso, di rigetto della domanda del Rinaldi in quanto, sia in ragione della normativa
vigente al momento della proposizione del ricorso, sia dello ius supervenins di cui alla
legge n. 183 del 2010, non era possibile trattenere in servizio il Rinaldi, senza soluzione
di continuità, e quindi occorreva procedere alla conclusione di un nuovo contratto, sul
cui oggetto — incarico dirigenziale di primo livello — la ASL chiedeva al Tribunale di
pronunciarsi.
Come anche la Corte costituzionale ha affermato, nella sentenza n. 33 del 2013,
nel valutare la rilevanza della questione, il provvedimento amministrativo di cessazione
dal servizio del Rinaldi dal 1° aprile 2010 si era ormai consolidato, e sullo stesso non
avrebbe potuto incidere lo ius superveniens.
Perciò, sul presupposto del dover porre in esser un nuovo contratto di
conferimento di incarico dirigenziale, in ragione di quanto previsto dalla legge n. 183
del 2010, la ASL chiedeva accertarsi la legittimità del conferimento di incarico di
primo livello.
In grado di appello (come si legge nei motivi di appello riportati nel presente
ricorso, in particolare p. 13) la ASL, poiché il Tribunale aveva dato un’interpretazione
costituzionalmente orientata per la permanenza in servizio del Rinaldi, senza soluzione
di continuità, chiedeva la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui la
sentenza di primo grado aveva condannato a corrispondere il trattamento retributivo e
contributivo relativo al periodo successivo al 10 aprile 2010, dal momento che la
novella introdotta dalla legge n. 183 del 2010 era entrata in vigore solo il 24 novembre
2010.
Pertanto, anche in sede di appello il petitum riconvenzionale si inserisce nella
più complessa domanda sopra delineata.
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Tanto premesso, correttamente, essendo venuto meno ex tunc, in ragione della
declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 33 del 2013 del Giudice
delle Leggi il presupposto giuridico del provvedimento di cessazione del servizio dal 1°
aprile 2010, la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Genova ha rigettato

statuito che il Rinaldi andava riammesso in servizio sin dal 1° aprile 2010, data in cui
era stato collocato a riposo e, fino al raggiungimento del settantesimo anno d’età e con
qualifica e mansioni e retribuzioni di cui al contratto individuale all’epoca vigente tra le
parti, come ritenuto dal primo giudice.
Né sarebbe stato possibile senza ampliare il thema decidendum fissato dalle parti
con i rispettivi atti di causa, proprio in ragione della conformazione della domanda
riconvenzionale della ASL, modificare l’originario contratto, salva la possibilità per
l’Amministrativa di adottare successivamente le determinazioni che avrebbe ritenuto
opportune, come affermato dalla Corte d’Appello, nel fare riferimento all’istituto
generale della revoca.
6. 11 ricorso deve esser rigettato.
7. Il complesso iter processuale della controversia fa ritenere sussistenti gravi e
giustificati motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio. Ai sensi dell’art. 13,
comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per
il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art.
13.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese di giudizio. Ai sensi
dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello
stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 21 maggio 2014.

l’impugnazione e dunque la domanda riconvenzionale dell’appellante, di cui sopra, e ha

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