Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21240 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. III, 02/10/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 02/10/2020), n.21240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27552-2019 proposto da:

I.A., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LORENZO

TRUCCO;

– ricorrente –

contro

PROCURA GENERALE REPUBBLICA CORTE CASSAZIONE;

– intimata –

nonchè contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 314/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 18/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. I.A. cittadino proveniente dal Pakistan, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, domandando:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento della sua istanza dedusse di essere fuggito dal Pakistan per sottrarsi alle violenze da parte dei parenti della ragazza che si opponevano alla loro relazione. Infatti, denuncia A. che dopo essere stati scoperti dai fratelli della ragazza questi la uccidevano barbaramente mentre lui riusciva a scappare.

3. La Commissione Territoriale respinse l’istanza. Avverso tale provvedimento propose opposizione ex art. 702 bis c.p.c., dinanzi al Tribunale di Torino, che con ordinanza rigettò il reclamo.

Il Tribunale ha ritenuto:

a) il richiedente asilo non credibile;

b) infondata la domanda di protezione internazionale perchè il richiedente asilo non aveva dedotto a sostegno di essa alcun fatto di persecuzione;

c) infondata la domanda di protezione sussidiaria perchè nella regione di provenienza del richiedente asilo non era in atto un conflitto armato;

d) infondata la domanda di protezione umanitaria poichè l’istante non aveva nè allegato, nè provato, alcuna circostanza di fatto, diversa da quelle poste a fondamento delle domande di protezione “maggiore” (e ritenute inveritiere), di per sè dimostrativa di una situazione di vulnerabilità.

3.1. La Corte d’Appello di Torino con sentenza n. 314 del 18 febbraio 2019, ha confermato la statuizione di primo grado.

4. Avverso tale pronuncia I.A. ricorre per cassazione con 2 motivi. Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

5.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e/o erronea applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, anche in relazione alla mancata audizione del richiedente.

Denuncia che la Corte d’Appello di Torino ha valutato non credibile il ricorrente per pretese incoerenze nella sua narrazione e conseguentemente ha non ritenuto sussistere gli elementi previsti per la concessione dello status di protezione sussidiaria. Pertanto il giudice del merito avrebbe errato perchè da un lato ha evidenziato contraddizioni nel racconto del richiedente ma dall’altro ha negato l’audizione del medesimo impedendo in tal modo la possibilità di approfondire.

Il motivo è infondato.

La valutazione di (non) credibilità del ricorrente appare, difatti, rispettosa tout court dei criteri che questo stesso collegio ha specificamente ed analiticamente indicato con la pronuncia n. 8819/2020 essendo stata puntualmente condotta alla luce della necessaria disamina complessiva dell’intera vicenda riferita dal richiedente asilo, che lo ha visto, secondo quanto da lui dettagliatamente esposto, contraddire ripetutamente e irrimediabilmente se stesso.

L’analisi, analitica e approfondita (cfr. pag. 6, 7 e 8 del sentenza impugnata), di tutti gli elementi del racconto compiuta dal giudice di merito ne sottraggono la relativa motivazione alle censure mosse da parte ricorrente.

Conforme a diritto risulta pertanto la pronuncia impugnata.

5.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione ex art. 360, comma 1, n. 3 del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19, ed in relazione all’art. 10 Cost., comma 3..

Lamenta che la Corte territoriale avrebbe errato in quanto ha negato la sussistenza della protezione umanitaria affermando che mancava la condizione di vulnerabilità del ricorrente, che era comunque inattendibile e che l’inserimento sociale del ricorrente è irrilevante ai fini della concessione del permesso di soggiorno.

Il motivo è fondato.

In tema di protezione umanitaria, alla luce dell’insegnamento di cui a Cass. S.U. 29459/2019, i presupposti necessari ad ottenerne il riconoscimento devono essere esaminati del tutto autonomamente rispetto a quelli previsti per le due protezioni maggiori (Cass. 1104/2020; Cass. 8819/2020), non essendo le due valutazioni in alcun modo sovrapponibili, di tal chè i fatti funzionali ad un positivo giudizio sulla condizione di vulnerabilità ben potrebbero essere gli stessi già allegati per le protezioni maggiori (contra, non condivisibilmente Cass. 21123/2019 e Cass. 7622/2020), e senza che, in tale valutazione, incida, condizionandola ovvero impedendola, il giudizio negativo sulla credibilità del richiedente asilo, alla luce del recente insegnamento delle sezioni unite di questa corte (cui il collegio è vincolato ex lege), a mente del quale la valutazione della vulnerabilità del medesimo postula, esclusivamente, un giudizio di comparazione tra la situazione del paese di provenienza, al fine di accertare il livello di tutela ivi garantito ai diritti umani incomprimibili, ed il livello di integrazione raggiunto in Italia;

Il livello di integrazione in particolare, non può ragionevolmente intendersi come necessità di un pieno, il reversibile e radicale inserimento nel contesto sociale e culturale del paese bensì come ogni apprezzabile sforzo di inserimento della realtà locale di riferimento, attraverso la produzione di attestati di frequenza e di apprendimento della lingua italiana, di partecipazione ad attività di volontariato, di contratti di lavoro anche a tempo determinato.

Il giudizio in ordine ai presupposti richiesti per il riconoscimento della protezione umanitaria va condotto anche alla luce di valutazioni soggettive ed individuali, condotte caso per caso, onde impedire che il giudice del merito si risolva a declinare apodittiche e ripetitive valutazioni di tipo seriale, improntate a criteri opinabili e/o seriali incompatibili con valori tutelati dalla Carta costituzionale e dal diritto dell’Unione.

Il giudizio di bilanciamento funzionale al riconoscimento della protezione umanitaria, come scolpito dalle Sezioni Unite di questa Corte, che ne sottolineano il rilievo centrale, ha, pertanto, testualmente ad oggetto la valutazione comparativa tra il grado di integrazione effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, sub specie della mancata tutela, in loco, del nucleo essenziale dei diritti fondamentali della persona, al di là ed a prescindere da qualsivoglia valutazione della credibilità del richiedente asilo.

In tema di protezione umanitaria, quanto più risulti accertata in giudizio una situazione di particolare o eccezionale vulnerabilità, tanto più è consentito al giudice di valutare con minor rigore il predetto secondum comparaionis, costituito dalla situazione oggettiva del paese di rimpatrio, onde la conseguente attenuazione dei criteri rappresentati dalla privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale (principio affermato, con riferimento ad una peculiare fattispecie di eccezionale vulnerabilità, da Cass. 1104/2020).

Nel caso di specie il Giudice del merito non si è attenuto ai predetti principi. Non ha infatti effettuato alcuna comparazione sulla base dei criteri indicati dalle Sezioni Unite (cfr. sentenza pag. 10, 11, 12).

6. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia anche per le spese di questo giudizio alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia anche per le spese di questo giudizio alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

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