Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21232 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. I, 14/10/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 14/10/2011), n.21232

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Torre del Greco in persona del Sindaco, elettivamente

domiciliato in Roma, viale G. Mazzini 11, presso l’avv. Stella

Richter Paolo, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente e controricorrente –

contro

Edilprog società consortile a r.l. in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, via Borgognona 47,

presso l’avv. Brancadoro Gianluca, che la rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– controricorrente ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 1816/04 del

28.5.2004;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22.6.2011 dal Relatore Cons. Carlo Piccininni;

Uditi gli avv. Stella Richter per il ricorrente principale e

Brancadoro per il ricorrente incidentale;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e per l’inammissibilità o il rigetto per quello

incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di controversie insorte fra il Comune di Torre del Greco e la società consortile Edilprog a r.l., in relazione all’esecuzione di convenzione avente ad oggetto la realizzazione di dodici edifici scolastici, quest’ultima proponeva giudizio arbitrale.

All’esito del detto giudizio, definito con lodo del 14.7.1997, le parti in data 20.1.1998 stipulavano transattivamente un nuovo accordo, con il quale rinunciavano all’impugnazione e stabilivano una ulteriore regolamentazione dei loro rapporti, da formalizzare con la sottoscrizione di un atto aggiuntivo alla precedente convenzione. Il Comune, tuttavia, con provvedimento del commissario straordinario del 7.9.1998 deliberava di non dare seguito al detto impegno, in ragione dell’intervenuta condanna del titolare del 51% delle azioni della società consorziata ( R.R.) per il reato di corruzione, circostanza che induceva la Edilprog ad impugnare la delibera davanti al TAR Campania (che rigettava il ricorso) ed a notificare atto di accesso all’arbitrato.

All’esito del relativo giudizio gli arbitri escludevano la dedotta pregiudizialità del processo pendente davanti al TAR, rigettavano l’eccezione di nullità della convenzione, dell’atto aggiuntivo e della transazione – di cui escludevano l’efficacia novativa -, interpretavano la citata Delib. 7 settembre 1998 come atto di recesso unilaterale, rigettavano la domanda di risoluzione della transazione per inadempimento del Comune, accoglievano infine sia la domanda di quest’ultimo per la non buona esecuzione dei lavori della concessionaria, sia quella della Edilprog per il risarcimento dei maggiori oneri sostenuti. La Corte di Appello di Napoli, successivamente adita da entrambe le parti (dal Comune in via principale e dalla società in via incidentale), rigettava le due impugnazioni ritenendo, sui diversi punti sottoposti al suo esame: a) che gli arbitri non avevano rilevato la nullità della convenzione posta a base del primo giudizio, sicchè ogni eventuale esame sul punto sarebbe stato precluso e la transazione conclusa in epoca successiva sarebbe stata valida; b) che legittimamente non era stata disposta la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa della definizione di quello pendente davanti al TAR, così come correttamente, con valutazione di merito ritenuta non sindacabile, era stata affermata la legittimità della delibazione della contestata delibera del Commissario Straordinario (e ciò non già per effetto del potere di disapplicazione dell’atto da parte del giudice ordinario – come con imprecisione rilevato dagli arbitri -, ma piuttosto in ragione dei riflessi negoziali del detto atto solo formalmente amministrativo, che imporrebbe “di conoscere sul piano contrattuale la validità e gli effetti di un atto paritetico”); che la qualificazione della transazione come non novativa risultava condivisibile; che il preteso vizio di motivazione, individuato nel contrasto fra l’affermata natura conservativa della transazione e l’interpretazione della delibera del Comune del settembre 1998, da una parte, ed il rigetto della domanda di risoluzione dell’accordo per inadempimento del Comune, dall’altra, sarebbe stato insussistente;

che risultavano infine prive di pregio sia le doglianze relative alla violazione delle disposizioni in tema di collaudo, che quelle concernenti il mancato utile della Edilprog, per effetto del comportamento del Comune. Avverso la decisione il Comune proponeva ricorso per cassazione articolato in tre motivi, cui la Edilprog resisteva con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a due motivi, a sua volta resistito con controricorso dal Comune.

Entrambe le parti depositavano memoria.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 22.6.2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c. si osserva, per quanto riguarda quello principale, che il Comune ha rispettivamente denunciato: 1) violazione degli artt. 2909, 1418, 1421, 1422, 1423 c.c., con riferimento all’affermata inconsistenza della doglianza con la quale era stata dedotta la nullità per illiceità – in quanto conseguenza del reato di corruzione – della convenzione, dell’atto aggiuntivo e della transazione del 20.1.98.

Secondo la Corte di appello, infatti, l’illiceità dei vari contratti, ancorchè non dedotta, sarebbe stata conosciuta dal Comune e quindi dallo stesso deducibile sicchè, in mancanza di ogni rilievo in proposito, si sarebbe formato il giudicato implicito sul punto.

La statuizione tuttavia sarebbe errata poichè la Corte territoriale non avrebbe affrontato espressamente la questione relativa alla validità o meno della convenzione, e da ciò sarebbe disceso che solo il dispositivo della pronuncia (“cioè il diritto attribuito “, p. 6) sarebbe divenuto intangibile. In ogni modo, anche ad accedere alla non condivisa decisione della Corte di appello, il giudicato sarebbe configurabile esclusivamente in relazione alla convenzione originaria oggetto del precedente giudizio, ma non anche con riferimento ad atti successivi – nella specie la transazione -, in quanto tali estranei all’oggetto della causa. Per di più la nullità in questione sarebbe stata rilevabile di ufficio;

2) violazione degli artt. 1321 e 1325 c.c., nonchè vizio di motivazione, sotto i seguenti aspetti: la Corte avrebbe omesso di esaminare il rilievo secondo cui, contrariamente a quanto sostenuto dagli arbitri, la lite composta con la transazione non sarebbe stata parziale, ma si sarebbe estesa a tutto il rapporto; analogamente avrebbe trascurato il profilo relativo all’impegno della società di ultimare le sei scuole lasciate a metà, sintomatico della rinnovazione del rapporto; non avrebbe correttamente interpretato i dati esistenti, non avendo in particolare considerato che i termini di consegna, il prezzo e le penali sono di per sè elementi essenziali di un appalto, sicchè le ulteriori statuizioni adottate al riguardo sarebbero univocamente riconducibili alla stipulazione di un nuovo accordo;

3) violazione dell’art. 295 c.p.c., dell’art. 2909 c.c., nonchè vizio di motivazione, in ragione: della negata sospensione del processo in attesa della definizione di quello pendente davanti al TAR; della mancata considerazione della relativa pronuncia; della pretesa irrilevanza degli episodi di corruttela emersi (che avevano dato causa alla condanna in sede penale del R.), che avrebbero viceversa legittimato la risoluzione del rapporto.

Con il ricorso incidentale la Edilprog ha a sua volta denunciato violazione di legge e vizio di motivazione sotto i seguenti profili:

1) l’accertamento dell’intervenuta conclusione del rapporto per recesso unilaterale ed il carattere non novativo della transazione avrebbero dovuto far escludere valutazioni in merito alla risoluzione del contratto ed avrebbero dovuto invece indurre esclusivamente alla determinazione dei relativi danni. Il rigetto della relativa impugnazione (primo motivo dell’appello incidentale) da parte della Corte di appello sarebbe stato dunque erroneamente disposti;

2) analogamente errato sarebbe il rigetto del secondo motivo dell’appello incidentale, con il quale era stata denunciata l’improponibilità della domanda riconvenzionale di risarcimento avanzata dal Comune, viceversa accolta parzialmente, e ciò in quanto l’incontestata mancata effettuazione del collaudo non avrebbe consentito la formulazione di alcuna pretesa risarcitoria.

Osserva il Collegio che è fondato il primo motivo del ricorso principale attinente alla violazione dei limiti oggettivi della cosa giudicata sotto un duplice riflesso, circostanza da cui discende l’assorbimento delle altre censure.

Ed infatti va innanzitutto considerato in proposito che la cosa giudicata si determina in base all’oggetto del processo, identificato in base ai soggetti, al “petitum” e alla “causa petendi”.

Ciò premesso, si rileva che nella specie l’oggetto del primo giudizio arbitrale, il cui esito avrebbe dato luogo alla preclusione da giudicato, è individuabile nell’accertamento della fondatezza delle rispettive posizioni creditorie formulate, da parte dell’appaltatore, con riferimento al ritardo nella consegna delle aree e a riserve rappresentate in relazione ai lavori effettuati e, da parte del Comune, in relazione all’omessa ultimazione delle sei scuole in corso di costruzione ed al mancato inizio delle altre sei che l’Edilprog si era impegnata a realizzare. Se ne deve dunque dedurre che la questione relativa alla validità o meno del titolo (vale a dire la convenzione originaria), in esecuzione del quale le parti avrebbero maturato le rispettive pretese creditorie fatte valere nel giudizio arbitrale, non è stata prospettata all’organo giudicante, che pertanto nulla ha statuito al riguardo.

Nè può dirsi, che l’accertamento implicito concernente l’esistenza del titolo posto a base del credito azionato determini per questo solo fatto una preclusione da giudicato in ordine ad ogni eventuale ulteriore questione relativa alla sua validità (si richiama in termini C. 00/13815, nella quale è stato precisato che la sentenza dichiarativa della prescrizione non presuppone l’accertamento sull’esistenza del diritto), e ciò in quanto l’assenza di specifica domanda in proposito (C. 07/3380, nel senso che ai fini dell’accertamento circa l’esistenza del giudicato implicito occorre una concreta verifica sull’oggetto dell’indagine demandata al giudice) e la conseguente mancata delibazione al riguardo comportano che il detto accertamento sia intervenuto esclusivamente “incidenter tantum” (art. 34 c.p.c.), e pertanto senza alcun effetto di giudicato. La doglianza appare peraltro fondata, come già anticipato, anche sotto altro aspetto.

E’ invero principio indiscusso nella giurisprudenza di questa Corte quello per il quale, ove vi sia impugnazione avente ad oggetto una decisione esplicita che implicitamente ne presupponga un’altra, non è configurabile il passaggio in giudicato di quest’ultima statuizione.

Il giudicato implicito sulla questione pregiudiziale presuppone infatti il passaggio in giudicato di quella dipendente e pertanto, non essendo intervenuto il secondo, è da escludere in radice che possa essersi verificato il primo (C. 10/13833, C. 09/10027, C. 05/21490).

Nel caso in esame si controverte sulle questioni dipendenti e ciò dunque comporta, in applicazione dei principi sopra richiamati, che non possa essere configurato un giudicato relativamente alla validità della convenzione posta a base del rapporto fra le parti.

E’ viceversa inammissibile il ricorso incidentale. Per quanto concerne il primo motivo è sufficiente invero rilevare che la Edilprog ha sostanzialmente reiterato la censura avverso la decisione contenuta nel lodo già rappresentata davanti alla Corte di appello, senza dunque prospettare alcuno specifico argomento a sostegno della pretesa erroneità di quest’ultima statuizione, che risulta pertanto apoditticamente affermata.

Per di più la Corte di appello ha puntualmente motivato la propria decisione (rilevando in particolare: che il recesso avrebbe inciso sul rapporto di concessione fino alla data in cui era intervenuto;

che la transazione sarebbe stata estranea al recesso e da esso indipendente; che i successivi inadempimenti sarebbero stati riferibili al periodo successivo al recesso, ma comunque la causa di risoluzione non sarebbe stata grave) e la censura articolata dal ricorrente, rispetto alla quale la doglianza attinente alla mancata liquidazione di quanto spettante per il recesso risulta in ogni modo nuova, appare generica.

Considerazioni analoghe valgono poi per il secondo motivo di impugnazione, con il quale è stata denunciata l’improponibilità della domanda risarcitoria del Comune stante l’assenza di collaudo.

La Corte di appello, cui era stata sottoposta la medesima questione, ha infatti deciso in senso sfavorevole per l’appaltatore, ritenendo che la domanda di risarcimento del danno proposta dal committente non presupponesse, ai fini della sua procedibilità, l’intervenuto collaudo, mentre la doglianza non contiene alcuno specifico riferimento agli argomenti posti a base della relativa statuizione (rispetto alla quale ne è semplicemente ed apoditticamente affermata la non condivisione), ed è piuttosto incentrata su quanto prospettato e deciso nel giudizio arbitrale.

Conclusivamente, in accoglimento del primo motivo di ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di Napoli in diversa composizione per una nuova delibazione – non essendo nel concreto configurabile la ravvisata preclusione da giudicato sul punto – in ordine alla questione relativa alla validità o meno della convenzione del 18.2.1987 stipulata dal Comune di Torre del Greco con il raggruppamento di imprese, poi integrata con l’atto aggiuntivo del 25.7.1988, nonchè sulle ulteriori doglianze dedotte in sede di impugnazione dallo stesso Comune. Il giudice del rinvio provvederà infine anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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