Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21232 del 09/08/2019

Cassazione civile sez. I, 09/08/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 09/08/2019), n.21232

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10898/2018 proposto da:

R.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via Giosuè Borsi n.

4, presso lo studio dell’avvocato Scafarelli Federica, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Durante Giovanni,

giusta procura in cale al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G.V., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Ovidio n. 32, presso lo studio dell’avvocato Malena Massimo,

rappresentata e difesa dall’avvocato Converso Attilio, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

C.N., S.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1634/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 23/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2019 dal cons. TRICOMI LAURA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale MISTRI

CORRADO che ha concluso per il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.G.V. (nata a (OMISSIS)) aveva proposto dinanzi al Tribunale di Bari una domanda di disconoscimento della paternità nei confronti del padre C.N. e contestualmente aveva agito per la dichiarazione di paternità nei confronti di R.L., a cui aveva chiesto anche il risarcimento dei danni patiti. La domanda di disconoscimento della paternità veniva accolta con sentenza emessa in data 16/2/2016, mentre tutte le altre domande venivano dichiarate inammissibili. R.L. spiegava appello chiedendo, in riforma di tale decisione, il rigetto della domanda di disconoscimento e di tutte le altre domande. La Corte di appello di Bari ha confermato la prima decisione, respingendo l’appello.

R.L. propone ricorso per cassazione con tre mezzi. C.G.V. replica con controricorso. C.N. e Rosa S. sono rimasti intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1.Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – come da rubrica – “Error in procedendo e violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 100 e 101 c.p.c., in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 164 c.p.c. in relazione all’assoluta incertezza e indeterminatezza dei requisiti di cui all’art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4”.

Il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia respinto l’appello da lui proposto sulla considerazione che la domanda di riconoscimento della paternità proposta nei suoi confronti era stata dichiarata inammissibile. Sostiene infatti che – contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale – ricorreva sia la legittimazione che l’interesse ad agire avendo interesse ad interloquire sul punto della relazione extraconiugale attribuitagli.

1.2. Il motivo è infondato.

1.3. Come questa Corte ha già affermato “La sentenza che accolga la domanda di disconoscimento della paternità, in quanto pronunciata nei confronti del P.M. e di tutti gli altri contraddittori necessari, assume autorità di cosa giudicata “erga omnes”, essendo inerente allo “status” della persona; pertanto, nè colui che è indicato come padre naturale, nè i suoi eredi, sono legittimati passivi nel relativo giudizio e la sentenza che accolga la domanda di disconoscimento è a loro opponibile, anche se non hanno partecipato al relativo giudizio” (Cass. n. 430 del 16/01/2012).

In linea si pone anche la recente decisione che ha affermato che “Nel giudizio di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità ex art. 263 c.c., il presunto padre naturale non è legittimato ad intervenire nel giudizio, nè in qualità di interveniente autonomo nè di interveniente adesivo, essendo egli portatore di un mero interesse di fatto all’esito del giudizio, e non di un interesse giuridico a sostenere le ragioni dell’una o dell’altra parte, direttamente correlato ai vantaggi ed agli svantaggi che il giudicato potrebbe determinare nella sua sfera giuridica” (Cass. n. 20953 del 22/08/2018).

Inoltre, come già è stato chiarito, tra il procedimento di disconoscimento della paternità legittima e quello instaurato per il riconoscimento della paternità naturale non sussiste un nesso di pregiudizialità, dal momento che il solo oggetto di quest’ultimo giudizio è costituito per il dedotto padre biologico dal suo diritto ad escludere la paternità naturale ex adverso pretesa, non anche da quello a vedere affermata la paternità disconosciuta nell’altro procedimento (Cass. n. 12167 del 09/06/2005): lo stesso discorso è valido anche per il rapporto tra il procedimento di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità ed il giudizio di riconoscimento della paternità naturale.

1.4. La decisione di primo grado, che ha dichiarato inammissibile la domanda di riconoscimento della paternità contestualmente proposta nei confronti del R., e la sentenza impugnata che ha rigettato l’atto di appello da questi proposto, rimarcando anche che il R. non aveva svolto domande riconvenzionali in primo grado, appaiono pertanto immuni da vizi ed il motivo va dichiarato infondato.

1.5. Ne consegue che il R. non era legittimato nemmeno ad interloquire sulla domanda di disconoscimento della paternità, nè potevano trovare ingresso e valutazione le censure proposte in merito all’indeterminatezza di tale domanda, alla decadenza per decorso del termine ex art. 244 c.c., al difetto della stessa quanto ai requisiti ex art. 235 c.c. da cui – nella sua prospettazione – sarebbe conseguita l’inammissibilità derivata dell’azione ex art. 269 c.c..

2. Sono assorbiti dal rigetto del primo motivo, i motivi secondo e terzo con i quali si denuncia: A) l’error in procedendo e la violazione degli artt. 100 e 101 c.p.c. in relazione agli artt. 232 e 269 c.c., concernenti il principio di presunzione di concepimento durante il matrimonio e la prova dell’adulterio, e B) l’error in procedendo e la violazione degli artt. 100 e 101 c.p.c. in relazione alla violazione dell’art. 244 c.c., nel testo originario, e degli artt. 2964,2968 e 2969 c.c., con riferimento alla dedotta decadenza dalla facoltà di esercizio dell’azione di disconoscimento della paternità ed all’ammissibilità delle prove testimoniale articolata in merito.

Giova comunque ricordare che “L’imprescrittibilità dell’azione di disconoscimento di paternità proposta dal figlio, introdotta dall’art. 244 c.c., comma 5, come riformulato dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, art. 18 si applica, in quanto non esclusa dalle disposizioni transitorie di cui all’art. 104, commi 7 e 9, medesimo D.Lgs., anche ai giudizi già pendenti alla data di entrata in vigore della nuova normativa” (Cass. n. 5242 del 21/02/2019).

3. In conclusione il primo motivo di ricorso va rigettato, assorbiti i motivi secondo e terzo.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza a favore della parte costituita.

Sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Va disposto che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio che liquida in Euro 4.000,00=, oltre spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15%, Euro 200,00= per esborsi ed accessori di legge a favore di C.G.V.;

Dispone che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2019

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