Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21231 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. I, 14/10/2011, (ud. 21/06/2011, dep. 14/10/2011), n.21231

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TEMPIO DI GIOVE 21, presso l’Avvocatura

Comunale, rappresentato e difeso dall’avvocato AVENATI FABRIZIO,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.B., P.G., PU.BR., P.

M., PU.MA., P.R., S.A.,

P.D., PU.RO., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE MAZZINI 11, presso l’avvocato STELLA RICHTER PAOLO, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato DI RIENZO PASQUALE,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2112/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 6.11.2001, B., Br., D., Ro., Ma., M. e P.R. nonchè S.A. e P.G. adivano la Corte di appello di Roma e premesso che il Comune di Roma, con ordinanza sindacale del 10.07.2001, aveva espropriato, per la realizzazione del Sistema Direzionale Orientale ((OMISSIS)) il loro terreno con annesso fabbricato, distinto in catasto al F. 602, p.lle 148, 1040 e 320, per complessivi mq 3.679, chiedevano che fosse determinata la giusta indennità di espropriazione, incongruamente stimata in sede amministrativa. Costituitosi in giudizio, il Comune di Roma contestava le avverse pretese, assumendo la congruità dell’offerta somma di L. 159.746.380 per l’area e di L. 24.500.000 per i fabbricati.

Con sentenza n. 2112 del 2.03- 16.05.2005, la Corte di appello di Roma, all’esito della disposta CTU, in accoglimento della domanda introduttiva, – determinava l’indennità di espropriazione nella complessiva somma di Euro 413.866,00, con interessi legali dal decreto di esproprio, ordinandone all’ente locale il deposito presso la Cassa DDPP, previa detrazione di quanto già versato allo stesso titolo – determinava, inoltre, in complessivi Euro 12.653,00 la somma dovuta agli attori a ristoro del valore del soprassuolo, con interessi legali dalla domanda al saldo.

La Corte territoriale, riteneva:

– che dovesse farsi riferimento ai criteri previsti dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis per le aree edificabili;

che per il terreno espropriato dovesse essere recepita la stima dell’indennizzo effettuata dal CTU, senza procedere all’abbattimento del 40%;

che anche l’indennizzo per le costruzioni esistenti sul terreno espropriato poteva essere stimato in aderenza alle conclusioni del CTU e, dunque, in complessivi Euro 12.653,00, somma corrispondente alla valutazione effettuata dal Comune ed offerta agli espropriati.

Avverso questa sentenza, notificata il 10.06.2005, il Comune di Roma ha proposto ricorso per cassazione notificato il 23.09.2005 ed affidato ad un unico motivo. Gli espropriati hanno resistito con controricorso notificato il 31.10.2005. All’udienza pubblica del 3 maggio 2011 la causa è stata rinviata all’odierna udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso il Comune di Roma denunzia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto in tema di determinazione dell’indennità di esproprio. Omessa ed insufficiente motivazione su alcuni punti decisivi della controversia. Contraddittorietà ed illogicità della motivazione”. Il motivo non ha pregio.

Il Comune ricorrente addebita ai giudici di merito errori valutativi che si risolvono o in inammissibili apodittiche, generiche critiche, o in rilievi smentiti dal contenuto dell’avversata pronuncia, che vi ha dato pertinente ed esauriente risposta, o ancora fondati su circostanze di fatto non valutabili perchè nuove e, comunque, prive di richiami ad eventuali, già emersi elementi anche documentali, di riscontro in tale senso decisivo, non altrimenti desumibili. Inoltre, non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca “per relationem” le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui dichiari di condividere il merito; pertanto, per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, tale motivazione è necessario che la parte alleghi – evenienza nella specie non avveratasi -le critiche mosse alla consulenza tecnica d’ufficio già dinanzi al giudice “a quo”, la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione; al contrario, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità (cfr.

cass. n. 10222 del 2009). Giova aggiungere che in tema di indennità di espropriazione, la sentenza n. 348 del 2007 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, commi 1 e 2 convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1992, n. 359, produce i suoi effetti nei giudizi pendenti alla data della sua pubblicazione, ma il giudice dell’impugnazione non può determinare la misura dell’indennità in misura maggiore rispetto alla sentenza di merito impugnata dalla sola amministrazione espropriante, stante il divieto della “reformatio in peius”. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del Comune soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune di Roma a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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