Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21229 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. I, 14/10/2011, (ud. 21/06/2011, dep. 14/10/2011), n.21229

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

FALLIMENTO FORNI ED IMPIANTI INDUSTRIALI INGG. DE BARTOLOMEIS S.P.A.

(c.f. (OMISSIS)), in persona del Curatore Avv. F.C.

P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE DELLE GIOIE 13,

presso l’avvocato VALENISE CAROLINA, rappresentato e difeso

dall’avvocato LAGANI GIUSEPPE VITTORIO, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

A.C.S.A. – AZIENDA CONSORTILE SERVIZI AMBIENTALI CE/3 S.P.A. CASERTA,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SISTINA 121, presso l’avvocato CENTORE CIRO,

che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1915/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 08/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato VITTORIO GIUSEPPE LAGANI che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 15.12.1993, la S.p.A. Forni ed Impianti Industriali Ingg. De Bartolomeis adiva il Tribunale di S. Maria Capua Vetere chiedendo che il Consorzio Intercomunale per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, istituito tra vari Comuni del Casertano ed al quale subentrava nel giudizio d’appello l’Azienda Consortile Servizi Ambientali- CE/3 S.p.A. Caserta, fosse condannato al risarcimento dei danni (danno emergente e lucro cessante D.M. 29 maggio 1985, ex art. 20 e tabella prezzi Provveditorato OOPP) da lei subiti (Euro 2.088.478,22). La società deduceva che nel 1989, a seguito di gara pubblica indetta dal convenuto Consorzio intercomunale, si era resa aggiudicataria dell’appalto dei lavori di costruzione di un impianto di smaltimento dei rifiuti, che il 7.03.1991, quando già vi era stato un principio di esecuzione del contratto (la consegna della quarta parte di 45.000 mq di terreno e l’esecuzione di lavori di installazione), il Consorzio aveva ordinato la sospensione dei lavori, a seguito delle ordinanze nn. 84 e 85 del 1991, con cui il TAR Campania, su ricorso di alcuni gruppi ambientalisti, aveva sospeso i procedimenti espropriativi per l’acquisizione delle aree destinate all’ubicazione dell’impianto, site in località (OMISSIS), che con Delib. 2 marzo 1994, n. 1 il Commissario ad acta della Regione Campania aveva individuato in località (OMISSIS), la nuova area di costruzione dell’impianto ma che il Consorzio non aveva disposto la ripresa dei lavori nè le aveva consegnato tale diversa area.

Sosteneva che il Consorzio committente era sostanzialmente ed unilateralmente receduto dal rapporto ed era quindi tenuto ex artt. 345 L. n. 2248 del 1865, ex art. 345 e art. 1671 c.c., applicabile agli appalti pubblici, a tenerla indenne delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.

Nel corso del giudizio di primo grado la società attrice veniva dichiarata fallita ed il processo interrotto, veniva riassunto dalla Curatela fallimentare.

Con sentenza del n. 561 del 2001, l’adito Tribunale di S. Maria Capua Vetere, nel contraddittorio delle parti, respingeva la domanda introduttiva.

Con sentenza del 14.05-8.06.2004, la Corte di appello di Napoli respingeva il gravame del Fallimento della S.p.A. Forni ed Impianti Industriali Ingg. De Bartolomeis.

La Corte territoriale osservava e riteneva tra l’altro:

che doveva essere confermata la prima pronuncia, peraltro precisando le ragioni del rigetto della domanda introduttiva che tra le parti era stato in effetti stipulato un contratto d’appalto, nelle forme di cui al R.D. n. 2440 del 1920, artt. 4 e 16 – che l’azione esperita dalla società appaltatrice aveva natura contrattuale ed il comportamento tenuto dall’ACSA già Consorzio Intercomunale doveva essere qualificato come recesso giustificato dal contratto – che in particolare non poteva ravvisarsi il dedotto recesso ad nutum dal contratto da parte del Consorzio committente, giacchè la sospensione dei lavori del 7.03.1991 non era addebitatale al medesimo committente, essendo stata dallo stesso disposta per determinazione non libera ma conseguente all’ordinanza nn. 84 e 85 del 1991, pronunciata dal TAR Campania, di tal che si verteva in ipotesi d’impossibilità sopravvenuta, anche se l’adozione di una pronuncia risolutiva del contratto per tale causa era preclusa dalla mancanza della relativa domanda.

Avverso questa sentenza il Fallimento S.p.A. Forni ed Impianti Industriali Ingg. De Bartolomeis, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da memoria e notificato il 22.06.2005 all’ACSA Azienda Consortile Servizi Ambientali-CE/3 S.p.A., che ha resistito con controricorso notificato il 29.07.2005.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno disattesi i rilievi d’inammissibilità del ricorso, svolti nella memoria ex art. 378 c.p.c. dalla ricorrente curatela, giacchè la procura al difensore apposta a margine del controricorso (o del ricorso) deve considerarsi conferita, salvo diversa volontà, per il giudizio di cassazione e soddisfa perciò il requisito di specialità previsto dall’art. 365 cod. proc. civ. (cfr SU 1998/2641) e giacchè la firma del relativo conferente non è illeggibile, riconducendosi all’avv.to C.F., che dall’atto cui si riferisce risulta avere agito in qualità di legale rappresentante dell’Azienda Consortile. Inoltre, nel giudizio per cassazione, l’autosufficienza del controricorso è assicurata, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 2, che dichiara applicabile l’art. 366 c.p.c., comma 1, in quanto possibile, anche quando l’atto non contenga l’autonoma esposizione sommaria dei fatti della causa, ma si limiti a fare riferimento ai fatti esposti nella sentenza impugnata (cfr cass 201013140).

A sostegno del ricorso il Fallimento denunzia: (1. “Omissione e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere omesso l’esame e la valutazione di fatti e documenti decisivi in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2700 c.c.”.

Censura il rigetto della sua domanda risarcitoria ed in particolare che non si sia ravvisato il recesso unilaterale o ingiustificato del committente dal contratto e che si sia, invece, ritenuta ricorrente l’impossibilità sopravvenuta del compimento dell’opera appaltata, dolendosi che:

– non sia stata esaminata e valorizzata la Delib. 2 marzo 1994, n. 1 con cui il Commissario ad acta della Regione Campania aveva individuato in località (OMISSIS), la nuova area di costruzione dell’impianto, deliberazione che aveva comportato il superamento dell’ostacolo costituito dalla pronuncia del TAR di sospensione dei procedimenti espropriativi per l’acquisizione delle aree originariamente destinate all’ubicazione dell’impianto, site in località (OMISSIS). – il provvedimento del 1994 aveva privato di efficacia la pronuncia del TAR, fatto cadere tutto l’impianto dell’impugnata sentenza e dimostrato l’insussistenza dell’impossibilità sopravvenuta nell’esecuzione dell’opera.

2. “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 c.p.c. n. con riferimento all’art. 1671 c.c. e all’art. 1672 c.c. e alla L. n. 2248 del 1865, art. 345”.

Censura la ravvisabilità di un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta e l’inapplicabilità dell’art. 1671 c.c. (L. n. 2248 del 1865, art. 345), sostenendo che si verteva in caso di recesso del committente dal contratto, in relazione al quale i motivi non hanno rilevanza, sono insindacabili dall’appaltatore e non possono comunque individuarsi nelle ordinanze del TAR del 1991 perchè:

a) tali ordinanze sospendevano la procedura ma non rendevano impossibile la costruzione dell’impianto su area diversa;

b) dal Commissario ad acta era stata individuata ed approvata una nuova area;

c) non ricorreva l’ipotesi dell’art. 1672 c.c. dell’impossibilità di esecuzione dell’opera, in quanto l’opera era ridiventata possibile, oltre che necessaria ed urgente, tramite la citata deliberazione commissariale;

d) costituisce recesso unilaterale e ingiustificato il non avere il consorzio ordinato la ripresa dei lavori, e consegnato la nuova area.

3. “Omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5” con riguardo alla ravvisata impossibilità sopravvenuta.

I tre motivi del ricorso, che essendo connessi consentono esame congiunto, non hanno pregio.

L’impugnata sentenza si rivela ineccepibile, anche per il profilo motivazionale, congruo ed appagante, atteso che alcun recesso ad nutum risulta essere stato formalmente espresso dal committente nè correlabile alla sospensione dei lavori, legittimamente disposta quale corollario del factum principis, costituito dalle ordinanze rese dal TAR, di contenuto impediente l’esecuzione della discarica sul sito per essa originariamente individuato e contemplato nel contratto d’appalto. D’altra parte, non emerge che il decisum amministrativo fosse stato successivamente riformato o che, comunque, avesse avuto efficacia solo transitoria poi venuta meno, sicchè, ben potendosi inferire la permanenza nel tempo delle ragioni di forza maggiore che avevano inizialmente legittimato la sospensione dei lavori da parte del committente, a questi non era nemmeno addebitabile la dedotta, protratta inerzia nel disporre la ripresa dei medesimi lavori, mentre di contro, come giustamente evidenziato dalla Corte distrettuale, in tale contesto si sarebbe potuta ravvisare la liberazione del committente per impossibilità definitiva, estintiva dell’obbligazione (art. 1256 cod. civ., D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 30), peraltro estranea all’ambito controverso.

Nè la Delib. 2 marzo 1994, n. 1con cui il Commissario ad acta della Regione Campania, aveva individuato in località (OMISSIS), la nuova area di costruzione della discarica, poteva assumere alcuna decisività contraria alle conclusioni espresse dai giudici di merito, posto che a tale atto, emanato pure a notevole distanza di tempo dalla sospensione in argomento, disposta nel 1991, ben avrebbe potuto essere attribuita valenza probatoria di conforto della sopravvenuta impossibilità di portare a compimento la diversa opera originaria, di analoga natura, progettata su diverso sito ed appaltata alla società Forni ed Impianti Industriali Ingg.

De Bartolomeis.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del Fallimento soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso condanna e condanna il Fallimento S.p.A. Forni ed Impianti Industriali Ing. De Bartolomeis a rimborsare all’Azienda Consortile Servizi Ambientali- CE/3 S.p.A, le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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