Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21228 del 08/10/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 21228 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 27096-2008 proposto da:
LANZA CARMELA ASSUNTA LNZCML69C48C351H
LANZA AGATINO LNZGTN34A01A056C
AVELLINO ROSA, VLLRS038S42A056V
tutti elettivamente domiciliati in Roma, Via Alessandro Vivenza 41,
presso lo studio dell’avvocato GARRETTO GIOVANNI, che li
rappresenta e difende, come da procura speciale a margine del ricorso;
ricorrenti contro
LEANZA ROSA LNZRS054H60C351J
CASTRO SALVATORE CST SVT 63D07 C351K
domiciliati in Roma, presso la cancelleria della Corte di cassazione,
Piazza Cavour, la prima rappresentata e difesa dall’avv. Salvatore
Castro, e il secondo rappresentato e difeso da se stesso, come da
procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti-

Data pubblicazione: 08/10/2014

avverso la sentenza n. 643/2008 della CORTE D’APPELLO di
CATANIA, depositata il 12/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/06/2014 dal Consigliere Ippolisto Parziale;
udito l’Avvocato Giovanni Garretto per le ricorrenti

SERGIO DEL CORE, che conclude per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Si tratta di apertura di una porta del vano scale tra due edifici
confinanti ed adiacenti, effettuata, tramite parziale demolizione del
muro perimetrale dell’edificio, dalla signora Lanza Carmela Assunta al
fine di favorire il passaggio tra il suo appartamento (sito al terzo piano
dello stesso condominio dell’attrice) con altro appartamento sito nel
condominio adiacente (avente accesso da altra via).
2. Nell’aprile del 1999 la signora Rosa Leanza, proprietaria
dell’appartamento al primo piano dello stesso stabile e comproprietaria
del vano scale, agiva nei confronti della Lanza Carmela, chiedendo
accertarsi l’insussistenza del diritto al passaggio con l’eliminazione della
porta e rimessione in pristino. Si costituiva la convenuta, affermando
che la porta in questione fu realizzata da suoi genitori (Agatino Lanza e
Avellino Rosa), proprietari degli immobili siti al secondo, terzo e
quarto piano dell’edificio.
3. Espletata c.t.u., il tribunale di Catania rigettava la domanda.
4. La Corte d’appello di Catania, adita nel gennaio del 2004, accoglieva
la domanda, dichiarando «illegittima l’apertura della porta di accesso al
pianerottolo del terzo piano del vano scala dell’edificio condominiale di Via
Canonino Bascetta 24 di Adrano e condanna gli appellati ad eliminare detta
apertura, ripristinando lo stato di fatto precedente».
Osservava la Corte locale che il vano scale, nel quale era stata realizzata
Ric. 2008 n. 27096 sez. 52 – ud. 20-06-2014

-2-

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

l’apertura della porta, doveva ritenersi parte comune, in mancanza di
una espressa esclusione della comproprietà nell’atto di acquisto
dell’appartamento sito al primo piano (atto pubblico del 20 luglio 1977,
appartamento acquistato dai genitori dell’attrice dal signor Agatino
Lanza). L’apertura era stata effettuata senza il consenso della

muro maestro perimetrale, di cui pure era comproprietaria la signora
Leanza. La Corte territoriale rilevava che non risultava “alcun
riscontro” della “ipotizzata destinazione particolare” del vano scala a
servizio esclusivo dei piani sovrastanti il primo e delle terrazze, né dagli
atti processuali né dai titoli di proprietà, non essendo sufficiente a tal
fine la sola riserva di proprietà della terrazza operata in sede di atto di
trasferimento.
5. Impugnano tale decisione i ricorrenti che articolano otto motivi.
Resiste con controricorso l’intimata, che chiede anche la condanna
della controparte ex art. 96 cod. proc. civ.. Parte ricorrente ha
depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e va rigettato per quanto di seguito si
chiarisce.
1. Col primo motivo di ricorso si deduce: «violazione e falsa applicnione
degli artt. 81 e 100 c.p.c. e 2697 c.c. (art. 360 c.p.c. n.3 e n.4) nullità della
sentenza e del procedimento».
Osservano i ricorrenti che «La signora Leana Rosa si è dichiarata
proprietaria dell’immobile sito in Adrano (C1), via Can Bascetta n. 24 e,
contrariamente a quanto dichiarato, ha affermato (sena mai produrlo) di avere
titolo all’azione in base ad un atto di acquisto dei genitori Leana Epifanio e
Trovato Angela». Di conseguenza, «La parte non ha provato, ex art. 2697
c. c., i fatti posti a fondamento della domanda. […] dagli stessi atti acquisiti al
Ric. 2008 n. 27096 sez. 52 – ud. 20-06-2014

-3-

comproprietà del vano scale, mediante la demolizione di parte del

processo non si ricava che Lean.za Rosa sia proprietaria del bene immobile e
comproprietaria delle parti condominiali oggetto di giudkio». Non si rinviene
alcuna coincidenza dell’attore col soggetto che è destinatario degli
effetti della pronuncia stessa.
Viene formulato il seguente quesito: «Ricorre violnione dei superiori artt.

dell’attore col soggetto destinatario degli effetti della pronuncia? Ricorre una ipotesi
di sentenza inutiliter data versandosi in situazione in cui è ictu oculi violato il
contraddittorio?»
1.1 — Il motivo è inammissibile.
La questione non è trattata dalla sentenza impugnata. Non risulta,
quindi, che sia stata specificamente contestata la qualità di proprietaria
in capo alla controricorrente.
Il motivo quindi difetta di specificità (essendo onere dei ricorrenti
indicare come, dove e quando tale questione sarebbe stata sollevata) ed
è nuovo e quindi inammissibile in questa sede.

2. Col secondo motivo di ricorso si deduce: «violazione e falsa applicaione
dell’art.102 c.p.c. anche in relckione all’art. 1058 c.c. (art. 360 cp.c., n. 3 e n.

Sussiste violazione del contraddittorio perché la sig. LEANZA Rosa
«ha inteso intraprendere un’actio negatoria servitutis con la quale non ha chiesto il
semplice accertamento dell’esisterka o inesistenza dell’altrui diritto, bensì il
mutamento di uno stato di fatto mediante demolkione di un manufatto» (la porta
comunicante tra due condomini adiacenti).
Aggiungono i ricorrenti che comunque la signora Leanza Rosa
«risulterebbe proprietaria insieme alla madre Trovato Angela ed ai fratelli Lean.za
Mirella e Leana Nicola, dell’appartamento sito nel condominio per il quale ha
rivendicato la comproprietà dei corpi condominiali e chiesto la demolkione del
manufatto (porta)».
Ric. 2008 n. 27096 sez. 52 – ud. 20-06-2014

-4-

81 e 100 c.p.c, in relazione anche all’art. 2697 c.c., non risultando coinciderka

Di conseguenza, (poiché nell’actio negatoria servitutis la domanda diretta al
mutamento di uno stato di fatto mediante la demolizione di manùfatti (la porta) o
costruzioni dà luogo ad un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i proprietari dei
beni interessati, l’azione doveva essere intrapresa da tutti i proprietari
dell’immobile, e non dalla sola signora Leanza Rosa, per non risultare inutiliter

Viene formulato il seguente quesito: «Risultando Trovato Angela, Leanza
Mirella e Leanza Nicola comproprietari dell’immobile sito in Adrano via Can
Bascetta 24 insieme alla attrice Leanza Rosa – nonché ipotetici comproprietari delle
parti condominiali interessate dalla demolizione della porta – andava disposta
l’integrazione del contraddittorio nei loro confronti, ricorrendo, in virtù della azione
intrapresa, un’ipotesi di litisconsonzio necessario? Essendo il giudizio svoltosi in
assenza dei proprietari dei beni interessati, occorreva integrare il contraddittorio,
pena la ricorrenza di una sentenza inutiliter data?».
2.1 — Il motivo è infondato. La signora Leanza agì nella qualità di
condòmina a tutela delle parti comuni dell’edificio, chiedendo anche la
rimessione in pristino. In tale situazione non sussiste la dedotta ipotesi
di litisconsorzio necessario (vedi Cass. n. 13064 del 1995, Rv. 495182;
Cass. n. 10219 del 2002).

3 – Col terzo motivo di ricorso si deduce: «violazione e falsa applicazione
dell’art. 1117 c. c. in relazione all’art. 360. n. 3 c.p.c». Secondo i ricorrenti,
correttamente «il giudice di prime cure aveva escluso, come leggesi in sentenza, la
condominialità dell’area del vano scala sito al terzo piano poiché, come
correttamente osservato, l’originario unico proprietario dell’edificio, riservandosi la
proprietà esclusiva della terrazza (e restando proprietario dei piani II e III) aveva
inteso escludere dalla condominialità l’area del vano scala superiore al piano primo
venduto a terzi». Di conseguenza, era stata esclusa l’operatività della
presunzione legale di cui all’art. 1117 c.c., posto che così risultava «sia
dal titolo (con cui il proprietario si era riservata la proprietà esclusiva della
Ric. 2008 n. 27096 sez. 52 – ud. 20-06-2014

-5-

data».

terraua) sia dalla obiettiva caratteristica funzionale che aveva la parte di vano
scala superiore al primo piano».
Viene formulato il seguente quesito: «Premesso che gli originari proprietari
dell’intero stabile si sono riservati la proprietà esclusiva della terra.ua. Premesso,
inoltre, che la porta è stata realivata nella por.zione di vano scala sita al teqo

ai proprietari del piano secondo, terzo e della terraua (originari proprietari
dell’intero stabile); ciò premesso, la presunzione di comunione di cui all’art. 1117
c.c. deve considerarsi superata avendo la destinazione particolare della scala (oltre il
primo piano) vinto la presunzione legale di comunione alla stregua di un titolo
contrario?».
3.1 — Il motivo è inammissibile. La complessiva argomentazione tende
ad escludere la condominialità del vano scale e del muro perimetrale
dell’edificio (nel quale è stato realizzato il passaggio) oggetto di
accertamento in fatto, adeguatamente motivato dal giudice dell’appello.
Non vi è invece alcuna violazione dell’art. 1117 cod. civ., di cui la
Corte locale ha fatto corretta applicazione, chiarendo adeguatamente i
motivi per i quali ha ritenuto che la presunzione di condominialità
contenuta in tale norma non fosse stata in concreto superata da chi ne
era onerato, non essendo sufficiente ad escluderla la riserva di
proprietà per la terrazza e la pretesa, ma non dimostrata, destinazione
“particolare” del vano scala.

4. Col quarto motivo di ricorso si deduce: «violazione e falsa applicazione
delle norme e dei principi del contraddittorio ex artt. 190 e 190 bis cp.c. in
relazione all’art. 360 n.3 e 4 c.p.c».
Secondo i ricorrenti «la Corte d’Appello è incorsa in violnione di legge per
avere preso in considerazione la “memoria conclusionale di replica” depositata da
Leana Rosa benché non avesse previamente depositato la comparsa conclusionale,
né provveduto alla comunica ione della memoria di replica all’avversario». Il
Ric. 2008 n. 27096 sez. 52 – ud. 20-06-2014

-6-

piano e che la pogione di vano scala superiore al primo piano è funionale soltanto

giudice dell’appello è incorso nella dedotta violazione, avendo
dichiarato rituale il deposito della memoria di replica e prendendola in
considerazione.
In ogni caso, «tale replica andava eventualmente considerata come comparsa
conclusionale fuori termine, e comunque stralciata, poiché il difensore chiesto la

repliche involge l’impossibilità che anche «la richiesta di distrckione delle spese possa
avere trovato, in linea, ingresso nel processo».
Viene formulato il seguente quesito: «nel nuovo rito, ove alle parti vengono
assegnati termini perentori di 60 giorni dalla rimessione della causa al collegio per il
deposito di comparse conclusionali e 20 per le memorie di replica, sena possibilità
di eventuale contraddittorio all’udienza collegiale (che invece, nel vecchio rito, seguiva
il deposito e lo scambio di comparse conclusionali e repliche), si viola il principio del
contraddittorio quando si replica alla comparsa conclusionale altrui, sena aver
previamente depositato la comparsa conclusionale? Si viola il principio del
contraddittorio dovendosi il deposito ritenere l’unica modalità di produzione
rilevante ai fini dell’acquiskione al processo? Se si viola il principio del
contraddittorio, possono le repliche avversarie ritenersi rituali e, conseguentemente,
possono essere prese nel giudkio de quo in considerafdone?».
4.1 — Il motivo è inammissibile per difetto di interesse. I ricorrenti non
chiariscono in che modo la Corte territoriale avrebbe preso in
considerazione la memoria di replica, né ulteriormente chiariscono in
che misura ciò avrebbe inciso sulla decisione impugnata.

5 — Col quinto motivo di ricorso si deduce: «violckione e falsa applica.zione
dell’art. 93 c.p.c»
La richiesta di distrazione delle spese a favore del difensore è stata
presentata oltre i termini comunemente previsti (precisazione delle
conclusioni e comparsa conclusionale). Viene formulato il seguente
quesito: «Può considerarsi rituale e tempestiva la domanda di distraRione delle
Ric. 2008 n. 27096 sez. 52 – ud. 20-06-2014

-7-

distraRione delle spese che non poteva richiederne le repliche». La ritualità delle

spese, nelle repliche, peraltro non comunicate all’avversario?».
5.1 — Il motivo è inammissibile per carenza di interesse. Riguarda la
distrazione alle spese chiesta dal difensore. É ormai principio
consolidato quello secondo il quale, il giudice può tener conto di tale
richiesta senza che per questo venga violato il divieto del “novum”

giudizio, non sussiste l’esigenza di osservare il principio del
contraddittorio, per difetto di interesse della controparte a contrastarla.
(Cass. n. 412 del 2006, Rv. 586438).

6 — Col sesto motivo di ricorso si deduce: «violazione e falsa applicazione
dell’art. 112 c.p.c. pronuncia ultra ed extra petita». Secondo i ricorrenti,
l’originaria attrice Leanza Rosa ha chiesto l’eliminazione della porta «nei
soli confronti della convenuta originaria Lana Carmela Assunta, e non anche nei
confronti dei chiamati Lana Agatino e Avellino Rosa». Tale domanda «è stata
testualmente riproposta anche nell’atto introduttivo di appello sena estensione
alcuna di carattere soggettivo». Di conseguenza, «la pronuncia della Corte di
Appello che, sena domanda, ha condannato insieme a Lana Carmela Assunta
anche i sig.ri Lana Agatino e Avellino Rosa, si pone in contrasto col principio
della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, incorrendo in vizio di ultra
petizione».
Viene formulato il seguente quesito: «incorre in vizio di ultra petizione il
giudice che, contrariamente alla manifesta perseverante volontà di richiedere la
condanna di un singolo soggetto determinato, emetta condanna nei confronti di
teqi?».
6.1 — Il motivo è infondato. I sig.ri Lanza Agatino e Avellino Rosa,
genitori della Lanza Carmela Assunta furono chiamati in causa quali
autori dell’illegittima apertura, sostennero le ragioni della figlia e
contrastarono le pretese attoree. Di qui la legittima condanna alle
spese.
Ric. 2008 n. 27096 sez. 52 – ud. 20-06-2014

-8-

posto che, per tale domanda, che è autonoma rispetto all’oggetto del

7 — Col settimo motivo di ricorso si deduce:

«viola.zione e falsa

applicaione degli arti. 10 e 15 cod. proc. civ. e dei criteri per la determinazione del
valore della controversia». La parte attrice ha dichiarato, all’atto
dell’iscrizione a ruolo dell’impugnativa, che il valore della causa è di €
5000. Secondo i ricorrenti, conseguentemente, la corte d’appello «ha

sena contenerle all’interno del valore della causa per come dichiarato dalla stessa
parte».
Viene formulato il seguente quesito: «avendo la parte dichiarato essere pari
ad euro 5000 il valore della causa, e non avendo la parte medesima fornito alcuna
indicckione della determinaRione del valore a norma dell’articolo 15 c.p.c., può
attribuirsi alla causa un valore indeterminato con la conseguente liquidaione delle
.spese?».
7.1 — Il motivo è inammissibile perché generico, non essendo stati
forniti elementi sufficienti per individuare i fatti sulla base dei quali è
stata articolata la censura.

8

Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce:

«viola ione e falsa

applicazione dell’articolo 91 c.p.c. (articolo 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.)».
Secondo i ricorrenti, la sentenza oggi impugnata «appare del tutto
infondata anche in ordine alla pronuncia sulle spese, laddove ha condannato i
ricorrenti al pagamento delle spese processuali, relative ad entrambi i gradi di
giudkio, in favore della signora Leana».
8.1 — Il motivo è inammissibile e comunque infondato. Inammissibile
perché carente del necessario quesito ex art. 366 bis cod. proc. civ.
Infondato perché la regolazione delle spese è avvenuta secondo il
principio della soccombenza, valutata secondo l’esito finale della lite.

9. É infondata infine e va respinta la domanda proposta dalla
controricorrente ex art. 96 cod. proc. civ. in carenza dei relativi
presupporti di mala fede e colpa grave.
Ric. 2008 n. 27096 sez. 52 – ud. 20-06-2014

-9-

errato ed è incorsa in viola ione dei citati articoli […] nel determinare le spese

10. Le spese seguono la soccombenza.

P.T.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di
giudizio, liquidate in 2.500,00 (duemilacinquecento) curo per compensi
e 200,00 (duecento) euro per spese, oltre accessori di legge.

L’ESTENSORE

Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 20 giugno 2014

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA