Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21226 del 20/10/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 21226 Anno 2015
Presidente: VENUTI PIETRO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 6878-2013 proposto da:
RUSSO ROSANNA RSSRNN58H44A566R, FERRARESI ANNA MARIA
FRRNMR47P52G1860,

NOGARETTI

ANTENORINA

NGRNNR49H64G417P, PIVA ROSETTA PVIRTT64C42L020L,
GUICCIARDI NIVES GCCNVS53D53H912C, SALAMI ALBERTO
SLMLRT52C12G186E, tutti già elettivamente domiciliati
2015
2660

in ROMA, VIALE ANGELICO 45, presso lo studio
dell’avvocato FAUSTO BUCCELLATO, ( che lii rappresentAie
44(ylì
fdiféhde unitamentA7gli avvocati LUCA MARCHI, CORRADO
MAUCERI, giusta delega in atti e da ultimo domiciliati
presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

Data pubblicazione: 20/10/2015

CASSAZIONE;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA
RICERCA C.F. 80185250588, in persona del Ministro pro

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia, in
ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 445/2012 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 16/10/2012 R.G.N. 139/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2015 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAI SANO;
udito l’Avvocato ISETTA BARSANTI MAUCERI per delega
MAUCERI CORRADO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 16 ottobre 2012 la Corte d’appello di Brescia,
giudicando in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione che con sentenza n.
28124 del 2011 aveva cassato la sentenza della stessa Corte d’appello di
Brescia che aveva rigettato l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione,

Mantova n. 236/05 con la quale era stata accolta la domanda degli attuali
ricorrenti indicati in epigrafe intesa ad ottenere il riconoscimento nei ruoli
dello Stato, nei quali erano transitati provenendo da ente locale,
dell’anzianità maturata ai fini giuridici ed economici nei ruoli di
provenienza, con la conseguente condanna del Ministero dell’Istruzione,
Università e Ricerca all’adozione di tutti i provvedimenti conseguenti a
detto riconoscimento ed al pagamento di tutte le relative differenze
retributive, ha rigettato la domanda dei ricorrenti. La Corte territoriale ha
motivato tale pronuncia sulla base della legge 266 del 2005 che è stata
dichiarata costituzionalmente legittima dalla Corte Costituzionale con
sentenza n. 311 del 2009, e che stabilisce che il personale degli enti locali
trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario
statale (ATA) venga inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili
professionali dei corrispondenti ruoli statali sulla base del trattamento
economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento. La stessa
Corte ha poi ritenuto che la pronuncia in materia della Corte di Giustizia
non impone necessariamente il riconoscimento dell’anzianità pregressa, ma
prevede che al dipendente transitato ad altra amministrazione non debba
comunque derivare uji peggioramento retributivo sostanziale. Nel caso in
esame i ricorrenti non hanno dedotto né provato tale peggioramento.
Gli originari ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione avverso tale
sentenza affidato a tre motivi illustrati da memoria.

dell’Università e della Ricerca avverso la sentenza del Tribunale di

Resiste il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 8
della legge n. 124 del 1999 nonché della Direttiva 77/187/CEE, in relazione

trattamento che non sia meno favorevole di quello goduto prima del
trasferimento.
Con il secondo motivo si assume omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione con riferimento ad un fatto decisivo oggetto di discussione fra
le parti, e violazione dell’art. 36 della Costituzione.

Con il terzo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’alt. 6 e
dell’art. 1 prot. 1 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,
ratificata dall’Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848, in relazione all’art.
360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
I ricorrenti ripropongono inoltre la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1, comma 218 della legge n. 266 del 2005 recante interpretazione
autentica della legge n. 124 del 1999 nella parte in cui disciplina gli effetti
economici del trasferimento del personale ATA del Comparto della Scuola
Pubblica dagli Enti Locali alla Stato, per manifesta violazione dell’art. 1 li
della Costituzione e dell’art. 6 della CEDU.
I tre motivi vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi
riferendosi alla medesima questione.
Il ricorso è infondato.
La Corte territoriale, dopo avere dettagliatamente e correttamente
descritto ed interpretato la normativa sia nazionale che comunitaria

L

all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. con riferimento alla garanzia del

applicabile alla fattispecie ne ha tratto le conclusioni con riferimento
alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame.
In particolare il giudice dell’appello ha correttamente considerato la
nota pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea (Grande
sezione) emessa il 6 settembre 2011 (procedimento C-108/10), su

direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, e che ha statuito
che “quando un trasferimento ai sensi della direttiva 77/187 porta
all’applicazione immediata, ai lavoratori trasferiti, del contratto
collettivo vigente presso il cessionario e inoltre le condizioni retributive
previste da questo contratto sono collegate segnatamente all’anzianità
lavorativa, l’art. 3 di detta direttiva osta a che i lavoratori trasferiti
subiscano, rispetto alla loro posizione immediatamente precedente al
trasferimento, un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato
riconoscimento dell’anzianità da loro maturata presso il cedente,
equivalente a quella maturata da altri lavoratori alle dipendenze del
cessionario, all’atto della determinazione della loro posizione retributiva
di partenza presso quest’ultimo. È compito del giudice del rinvio
esaminare se, all’atto del trasferimento in questione nella causa
principale, si sia verificato un siffatto peggioramento retributivo. Il
giudice nazionale è quindi chiamato dalla Corte di giustizia ad accertare
se, a causa del mancato riconoscimento integrale della anzianità
maturata presso l’ente cedente, il lavoratore trasferito abbia subito un
“peggioramento retributivo”. In motivazione la Corte rileva che, una
volta inquadrato nel concetto di trasferimento d’azienda e quindi
assoggettato alla direttiva 77/187, al trasferimento degli ATA si applica
non solo il n. 1 dell’art. 3 della direttiva, ma anche il n. 2, disposizione
che riguarda segnatamente l’ipotesi in cui l’applicazione del contratto in
vigore presso il cedente venga abbandonata a favore di quello in vigore

<27 domanda di pronuncia pregiudiziale in merito all'interpretazione della presso il cessionario (come nel caso in esame). Il cessionario ha diritto di applicare sin dalla data del trasferimento le condizioni di lavoro previste dal contratto collettivo per lui vigente, ivi comprese quelle concernenti la retribuzione (punto n. 74 della sentenza). Ciò premesso, la Corte sottolinea che gli stati dell'Unione, pur con un margine di "nell'impedire che i lavoratori coinvolti in un trasferimento siano collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento" (n. 75, il concetto è ribadito al n. 77 in cui si precisa che la direttiva "ha il solo scopo di evitare che determinati lavoratori siano collocati, per il solo fatto del trasferimento verso un altro datore di lavoro, in una posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano precedentemente"). Tale principio deve trovare applicazione anche nella fattispecie in esame in ragione dell'analogia della vicenda che vede personale degli enti locali - insegnante tecnico pratico - trasferito nei ruoli dello Stato. Quindi, nella definizione della controversia, è necessario stabilire se si è in presenza di condizioni meno favorevoli. A tal fine, il giudice del rinvio deve osservare i seguenti criteri. ,i Quanto ai soggetti la cui posizione va comparata, il confronto è con le condizioni immediatamente antecedenti al trasferimento dello stesso lavoratore trasferito (così il n. 75 e al n. 77 si precisa "posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano prima del trasferimento". Idem nn. 82 e 83). Al contrario, non ostano eventuali disparità con i lavoratori che all'atto del trasferimento erano già in servizio presso il cessionario (n. 77). Quanto alle modalità, si deve trattare di "peggioramento retributivo sostanziale" (così il dispositivo) ed il confronto tra le condizioni deve essere "globale" (n. 76: "condizioni globalmente meno favorevoli"; n. 4 elasticità, devono attenersi allo "scopo della direttiva", consistente 82: "posizione globalmente sfavorevole"), quindi non limitato allo specifico istituto. Quanto al momento da prendere in considerazione, il confronto deve essere fatto "all'atto del trasferimento" (nn. 82 e 84, oltre che nel dispositivo: "all'atto della determinazione della loro posizione La Corte bresciana, dopo avere fatto un'astratta ricostruzione normativa riguardo alla questione a lei sottoposta, ha affermato che nel caso in esame non è dedotto né provato il peggioramento della posizione retributiva complessiva, che costituisce presupposto di fatto della domanda ed il cui onere probatorio incombe sui lavoratore che, nel caso in esame, non lo hafassolto. Tale motivo è sufficiente tgsupportare la decisione impugnata di rigetto. Il ricorso deve dunque essere rigettato. Nel caso in esame non è ammissibile una reiterazione della questione di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. in relazione ai vincoli derivanti dalla CEDU. La Corte costituzionale italiana, su sollecitazione di questa Corte di cassazione, si è già espressa sulla specifica questione con la decisione n. 311 del 2009, che, sebbene antecedente alla sentenza Agrati, considera i medesimi problemi, prendendo posizione non solo sulla sussistenza nel caso in esame dei motivi imperativi di interesse generale, ma anche, più in generale, sulla competenza a valutarli. Peraltro, rispetto al momento in cui è stata esaminata dalla Corte costituzionale, la questione si è fortemente attenuata anche in termini di rilevanza, in conseguenza della interpretazione conforme al diritto dell'Unione europea fornita dalla Corte di giustizia. I contrasti giurisprudenziali che si sono verificati a lungo nella materia in questione comportano la compensazione fra le parti delle spese del presente giudizio. retributiva di partenza"). P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso; Compensa fra le parti le spese di giudizio: Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo. Così deciso in Roma il 11 giugno 2015. ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

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