Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21225 del 20/10/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 21225 Anno 2015
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: DORONZO ADRIANA

SENTENZA
sul ricorso 19243-2011 proposto da:
COMUNE AFRAGOLA C.F. 01547311215, in persona del
Sindaco pro tempore, già elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA VASARI 4, presso lo studio dell’avvocato
ROBERTO SCETTI, rappresentato e difeso dall’avvocato
ALESSANDRO MARINO, giusta delega in atti e da ultimo
2015
2639

domiciliato presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE;
– ricorrente contro

IORIO LUIGI C.F. RIOLGU38S20A064P, domiciliato in

Data pubblicazione: 20/10/2015

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato FERDINANDO DEL MONDO, giusta delega in
atti;
– controricorrente

di NAPOLI, depositata il 14/07/2010 r.g.n. 1376/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/06/2015 dal Consigliere Dott. ADRIANA
DORONZO;
udito l’Avvocato DEL MONDO FERDINANDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 4343/2010 della CORTE D’APPELLO

Udienza del IO giugno 2015
Presidente Roselli
Relatore Doronzo
R.G. n. 19243/11
Comune Afragola c/lorio

Ragioni di fatto e di diritto della decisione
/.Con sentenza depositata in data 14 luglio 2010 la Corte d’appello di
Napoli, in parziale accoglimento dell’appello proposto da Luigi Iorio,
lavoratore dipendente del Comune di Afragola con la qualifica e le mansioni
di custode, condannava il Comune al pagamento in suo favore della somma
di € 6.123,97, oltre interessi legali dalla maturazione dei singoli crediti sino
all’effettivo pagamento.
2. La Corte osservava che non vi era contestazione sul fatto che il
dipendente avesse svolto attività di custodia in favore del Comune nelle
domeniche e nei giorni festivi e che non avesse goduto dei riposi
compensativi. Riteneva che, ai sensi dell’art. 17 del d.p.r. 13/5/1987, n. 268,
relativo alla disciplina del comparto degli enti locali, al lavoratore spettava
la maggiorazione del 20% sul lavoro domenicale svolto, nonché la
retribuzione per i giorni di riposo compensativo non fruiti; che, nel
regolamentare la remunerazione della giornata destinata al riposo
settimanale con la retribuzione ordinaria unitamente alla maggiorazione del
20%, la norma assolveva unicamente ad una funzione retributivocorrispettiva, e non anche risarcitoria, con la conseguenza che al lavoratore
spettava la retribuzione per i riposi compensativi non fruiti, parametrati al
lavoro svolto di domenica con la maggiorazione del 20%, nonché il
risarcimento del danno da usura psico-fisica per il mancato godimento dei
riposi compensativi, che liquidava ex art. 1226 facendo ricorso all’importo
della paga giornaliera, non contestata nella sua entità, per ogni giornata di
riposo non goduta.
3. Contro la sentenza il Comune di Afragola propone ricorso per cassazione,
articolato in tre motivi, cui resiste con controricorso lo Iorio.
4. Con il primo di ricorso il Comune censura la sentenza per violazione e
falsa applicazione degli art. 2697 c.c., 115 c.p.c. e 17 d.p.r. 13/5/1987, n.
268, nonché per contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio. Reputa che l’assunto della Corte territoriale circa la
natura non risarcitoria della maggiorazione sancita dall’art. 17 del d.p.r.
citato non rispetta il dettato normativo e, comunque, non è stato
adeguatamente motivato.
5. Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione
delle medesime norme di diritto, cui aggiunge l’art. 36 Cost., e la
contraddittorietà della motivazione, assume l’erroneità della sentenza nella
parte in cui ha ritenuto che il danno alla salute derivante dalla mancata
fruizione del riposo compensativo oltre il sesto giorno consecutivo di lavoro
non ha necessità di essere provato.
6. Con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione di norme
di diritto (artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c.), nonché la contraddittoria motivazione
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Udienza del IO giugno 2015
Presidente Roselli
Relatore Doronzo
R.G. n. 19243/11
Comune Afragola dlorio

circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, nella parte in cui la
sentenza ha ritenuto non contestati i conteggi allegati dal lavoratore e sulla
cui base ha determinato l’importo al cui pagamento l’ha condannato.
8. I primi due motivi, che si affrontano congiuntamente in quanto involgono
la medesima questione della disciplina legale e contrattuale del riposo oltre
il sesto giorno lavorativo, sono infondati.
La giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di ribadire che la
fattispecie di prestazione di lavoro domenicale senza riposo compensativo
non può essere equiparata a quella del riposo compensativo goduto oltre
l’arco dei sette giorni, atteso che una cosa è la definitiva perdita del riposo
agli effetti sia dell’obbligazione retribuiva che del risarcimento del danno
per lesione di un diritto della persona, altra il semplice ritardo della pausa di
riposo; e, in questa seconda ipotesi (ove non sia consentita, dalla legge e dal
contratto, una deroga al principio che impone la concessione di un giorno di
riposo dopo sei di lavoro), il compenso sarà dovuto a norma dell’art. 2126
c.c., comma 2, che espressamente gli attribuisce natura retribuiva, salvo
restando il risarcimento del danno subito, per effetto del comportamento del
datore di lavoro, a causa del pregiudizio del diritto alla salute o di altro
diritto di natura personale (cfr. Cass., 26 novembre 2013, n. 26398, che
richiama Cass., 3 luglio 2001, n. 9009).
9. Nello stesso solco, si è poi affermato che, in relazione al lavoro prestato
oltre il sesto giorno consecutivo, va tenuto distinto il danno da “usura psicofisica”, conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di
lavoro, dall’ulteriore danno alla salute o danno biologico, che si concretizza,
invece, in una “infermità” del lavoratore determinata dall’attività lavorativa
usurante svolta in conseguenza di una continua attività lavorativa non
seguita dai riposi settimanali. Nella prima ipotesi, il danno sull'”an” deve
ritenersi presunto e il risarcimento può essere determinato spontaneamente,
in via transattiva, dal datore di lavoro con il consenso del lavoratore,
mediante ricorso a maggiorazioni o compensi previsti dal contratto
collettivo o individuale per altre voci retributive; nella seconda ipotesi,
invece, il danno alla salute o biologico, concretizzandosi in una infermità
del lavoratore, non può essere ritenuto presuntivamente sussistente ma deve
essere dimostrato sia nella sua sussistenza sia nel suo nesso eziologico, a
prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente
dall’illecito contrattuale (Cass., 20 agosto 2004, n. 16398; Cass., 16 gennaio
2004, n. 615; Cass., 3 aprile 2003, n. 5207; Cass., 4 marzo 2000, n. 2455; 3
luglio 2001, n. 9009; Cass., 12 marzo 1996, n. 2004).
10. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di questi principi, dal
momento che ha riconosciuto la somma di € 2.824,23 non già a titolo di
risarcimento del danno biologico o esistenziale, bensì a titolo di
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risarcimento del danno per la mancata fruizione dei riposi compensativi,
dovendosi inoltre condividere l’affermazione secondo cui, per un verso, il
riposo dopo sei giorni di lavoro consecutivo costituisce un diritto
irrinunciabile del dipendente, garantito dall’art. 36 Cost. e dall’art. 2109
c.c., e, per altro verso, risponde ad una nozione di comune esperienza che
l’attività lavorativa, come qualsiasi impegno delle energie psicofisiche, se
protratta senza interruzioni, risulta via via più onerosa con il trascorrere
delle giornate e il riposo che sopraggiunge dopo un arco di tempo più ampio
rispetto alla normale cadenza settimanale non può, di per sé, compensare
tale crescente disagio (in tal senso Cass., 30 maggio 2001, n. 7359).
11. Il terzo motivo è inammissibile. Premesso che la Corte ha ritenuto di
liquidare il danno da mancata fruizione dei riposi compensativi usando
come paramente la retribuzione giornaliera, ritenuta “non contestata”, era
onere del ricorrente indicare con esattezza in che termini ed in quale atto
difensivo o verbale di causa avrebbe contestato tale specifico dato — e non
genericamente “in toto il prospetto contabile allegato al ricorso” -,
precisando altresì dove l’atto o il verbale sarebbero attualmente rinvenibili
nel presente giudizio. Con tali omissioni non risulta assolto il duplice onere
imposto, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 366, primo comma,
n. 6, c.p.c., e, a pena di improcedibilità, dall’art. 369, secondo comma, n. 4,
c.p.c. di indicare esattamente in quale fase processuale ed in quale fascicolo
si trovi l’atto in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o
riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di
legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere
all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (v. da ultimo, Cass., 12 dicembre
2014, n. 26174; Cass., 7 febbraio 2011, n. 2966).
12. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente
condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, da distrarsi in
favore del difensore dell’intimato, per la dichiarazione resa ex art. 93 c.p.c.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio, che liquida in € 100,00 per esborsi e € 3.000,00 per
compensi professionali, oltre spese generali e altri accessori di legge,
disponendone l’integrale distrazione in favore dell’avvocato Ferdinando Del
Mondo, anticipatario.
Roma, 10 giugno 2015
Il Presidente
Dott. Federico Roselli

Udienza del 10 giugno 2015
Presidente Roselli
Relatore Doronzo
R.G. n. 19243/11
Comune Afragola d’ori°

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