Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21225 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. I, 14/10/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 14/10/2011), n.21225

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.M. (c.f. (OMISSIS)), R.L.

R.R. (c.f. RCCRNT56P20I535D), R.L.R.A.

(C.F. RCCRNG49L70I535V), RI.LA.RO.RO. (C.F.

RCCRTT52H30I535O), R.L.R.G. (C.F.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CRESCENZIO

76, presso l’avvocato DE VINCENTI ANGELO, rappresentati e difesi

dall’avvocato CANNATA ALFONSO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI SCICLI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 14, presso l’avvocato DE ROSA

DANIELA, rappresentato e difeso dall’avvocato RUTA CARMELO, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1011/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 19/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 25 marzo 1985, P. M., R.L.R.A., R.L.R. G., Ri.La.Ro.Ro. e R.L.R.R. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Modica il Comune di Scicli, chiedendo la condanna al risarcimento dei danni conseguenti alla illegittima occupazione di un tratto di terreno in comproprietà, sito all’interno del perimetro urbano del comune.

Esponevano a riguardo che l’occupazione, disposta inizialmente con decreto prefettizio, era divenuta illegittima nel 1975; di avere impugnato dinanzi al Tar di Catania i provvedimenti emanati dal Comune e che di recente il suolo era stato trasformato e destinato irreversibilmente alla realizzazione di una piazzetta. Il Comune si costituiva ed eccepiva l’inammissibilità ed improponibilità della domanda, nel merito l’infondatezza.

Il Tribunale accoglieva la domanda degli attori e condannava il Comune al pagamento dell’importo di L. 434.141.136, ivi compresi rivalutazione ed interessi sino al 1999, oltre gli accessori a decorrere dal 1 gennaio 2000, nonchè al pagamento delle spese del giudizio.

Avverso tale decisione proponeva appello il Comune, eccependo in via preliminare la prescrizione del diritto degli attori, essendo trascorsi circa 11 anni dalla asserita ultimazione dei lavori, avvenuta il 15 luglio 1974; nel resto, rilevava che la domanda di risarcimento danni andava dichiarata inammissibile o improponibile e che in subordine la valutazione del bene era eccessiva. Gli appellati si costituivano.

La Corte d’appello di Catania, con sentenza depositata in data 19 ottobre 2004, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza del Tribunale, rigettava la domanda proposta dagli attori, compensando integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio. La Corte del merito ha accolto l’eccezione di prescrizione rilevando: che risultava che il prefetto di Ragusa, con decreto del 14 giugno 73, aveva autorizzato in favore del Comune l’occupazione temporanea dei terreni occorrenti per i lavori di costruzione delle vie (OMISSIS), per la durata di anni due dalla data di immissione in possesso, immissione avvenuta in data 19 luglio 1973, e cioè entro il termine prescritto nel decreto prefettizio; che i lavori riguardanti la costruzione della strada e la sistemazione della via (OMISSIS) erano stati portati a termine il 15 giugno 1974 (vedi la certificazione del Direttore dei lavori del 29/3/1975); che dalla c.t.u. risultava che i lavori di sistemazione dell’area avevano interessato l’intera superficie della particella di proprietà degli appellati; che l’occupazione del terreno era divenuta sicuramente illegittima a decorrere dal 14 giugno 1975, non avendo l’Amministrazione entro tale termine portato a compimento la procedura ablativa; che il termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da occupazione temporanea decorre dall’irreversibile trasformazione che non coincide con l’ultimazione dell’opera pubblica, ma con la modifica dello stato anteriore; che risultava provato nel caso che la irreversibile trasformazione del terreno si era verificata prima della scadenza del termine di occupazione legittima, così come attestato dal certificato di ultimazione dei lavori; che non smentiva tale dato il richiamo alle Delib. Comunali del 1978 e del 1984, con cui erano stati disposti i lavori per l’ulteriore sistemazione del largo (OMISSIS) e delle aree adiacenti, posto che in considerazione della natura dell’opera realizzanda, sistemazione delle già indicate vie, la destinazione dell’area all’opera di interesse pubblico si era già perfezionata con i lavori di sistemazione e perimetrazione effettuati nel 1974; che pertanto gli appellati avrebbero dovuto far valere il loro diritto entro cinque anni dal 14 giugno 1975 e, poichè l’atto di citazione risultava notificato in data 25 marzo 1985, la domanda andava rigettata per compiuta prescrizione;

Avverso detta pronuncia propongono ricorso per cassazione P. ed altri sulla base di un unico articolato motivo.

Il Comune si difende con controricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con l’unico articolato motivo di ricorso per cassazione, i ricorrenti denunciano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia;

erronea decorrenza del termine prescrizionale ex art. 2947 c.c.;

omesso esame di documenti decisivi in ordine alla irreversibile trasformazione del terreno occupato.

Secondo i ricorrenti, il percorso logico argomentativo seguito dalla Corte etnea è gravemente carente e viziato, per essersi la stessa attenuta alle risultanze di un certificato riferito genericamente ad un gruppo di lavori riguardanti anche la via (OMISSIS), senza indicazione della tipologia ed entità dei lavori effettivamente eseguiti; lo stesso C.t.u. aveva affermato che la superficie sistemata con i lavori del 1973 era delimitata da “ciglio di calcare forte”, rappresentando quindi che detti lavori si erano limitati alla perimetrazione dell’area con materiale che il Tribunale ha denominato basole, definendo tale intervento “risibile”; il semplice certificato di conclusione dei lavori è inidoneo a fondare la presunzione probatoria in relazione all’irreversibile trasformazione, in difetto della specifica indicazione dei lavori eseguiti e della loro attitudine a provocare la radicale trasformazione del bene; quanto alle delibere del Consiglio comunale, la Corte del merito si è limitata a ritenere che si sia trattato di “ulteriori” lavori, ma non è dato sapere se detti successivi interventi abbiano o meno assunto i connotati della radicale ed irreversibile trasformazione, a cui ancorare la decorrenza del termine di prescrizione dell’azione risarcitoria.

La motivazione, concludono i ricorrenti, è lacunosa, incoerente e solo apparente.

2.1.- Il primo motivo, con il quale i ricorrenti hanno inteso censurare, sotto i diversi profili dedotti, la decisione della Corte del merito, per avere fissato la decorrenza del termine di prescrizione al 14/6/1975, allo scadere del periodo di occupazione legittima, ritenendo l’opera realizzata entro detto periodo, va accolto, per i motivi di seguito esposti.

Trova nel caso applicazione l’orientamento espresso nelle pronunce 9620/2010 e 12863/2010, ed in precedenza nelle sentenze 20543/2008 e 22407/08, secondo il quale, in tema di occupazione appropriativa, avendo il Legislatore riconosciuto, seppure indirettamente, gli effetti dell’istituto per la prima volta soltanto con la L. n. 458 del 1988, è a partire da questo momento che deve farsi decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno insorto in epoca anteriore, dovendo la decorrenza della prescrizione essere riferita, ai sensi dell’art. 2935 c.c., alla possibilità legale di esercizio del diritto, requisito che non può ritenersi soddisfatto in una situazione, come quella anteriore alla legge citata, caratterizzata dalla mancanza di un riconoscimento legislativo e giurisprudenziale dell’istituto dell’occupazione appropriativa, e non potendo conseguentemente porsi a carico del titolare del diritto al risarcimento le conseguenze del mancato esercizio di esso in tale periodo.

In definitiva, il momento di sicura emersione dell’istituto in questione può individuarsi in quello di entrata in vigore della L. n. 458 del 1988, che ha dato concreta attuazione all’elaborazione giurisprudenziale formatasi in materia (Cass. 20543 del 2008). Nel caso in esame, alla data di scadenza dell’occupazione legittima in cui si è consumato l’illecito, individuata dalla Corte d’appello al 14 giugno 1975, non erano ancora entrate in vigore le norme sopra citate e neppure vi era la sicura emersione dell’istituto a livello giurisprudenziale.

In tale situazione caratterizzata dalla mancanza di riconoscimento sia legislativo che giurisprudenziale dell’istituto e quindi del diritto ad esso ancorato in modo specifico, non possono porsi a carico dei ricorrenti le conseguenze del mancato esercizio nel periodo precedente e collocare alla data del 14/6/1975 la decorrenza della prescrizione che, per le considerazioni fin qui svolte, va individuata nel giorno di entrata in vigore della L. n. 458 del 1988, e quindi nel caso, in data addirittura successiva alla proposizione della domanda introduttiva del presente giudizio. Alla stregua del detto principio, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione, che si uniformerà al principio sopra indicato, procedendo all’esame della controversia nel merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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