Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21224 del 13/09/2017

Cassazione civile, sez. trib., 13/09/2017, (ud. 28/04/2017, dep.13/09/2017),  n. 21224

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 256-2013 proposto da:

AZIENDA TERRITORIALE EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA PROVINCIA DI

ROMA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA RUGGERO DI LAURIA 28

presso lo studio dell’avvocato FRANCO BARTOLOMEI, che la rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GROTTAFERRATA, elettivamente domiciliato in ROMA P.LE

CLODIO 18, presso lo studio dell’avvocato MARCIANO PETRILLO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 297/2012 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 24/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

Fatto

RITENUTO

CHE:

1.L’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica della Provincia di Roma (ATER) impugnava l’avviso di accertamento e liquidazione dell’imposta ICI per l’anno 2004, notificato dal Comune di Grottaferrata, sostenendo l’infondatezza e l’illegittimità dell’obbligazione tributaria pretesa dal Comune. La CTP di Roma accoglieva il ricorso dell’ATER. La sentenza veniva appellata dal Comune di Grottaferrata innanzi alla CTR del Lazio, che accoglieva il gravame, ritenendo l’ATER soggetto passivo di imposta. L’ATER propone ricorso per la cassazione della sentenza, in epigrafe indicata, svolgendo tre motivi. Il Comune di Grottaferrata ha presentato controricorso, illustrato con memorie.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2.Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata denunciando in rubrica: “(art. 360 c.p.c., n. 3). Violazione o falsa applicazione di norma di diritto in relazione alla L. n. 865 del 1971, art. 27, comma 8 e art. 35, art. 1350 c.c., n. 2 e art. 2643 c.c., n. 2, ed in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 3”.

Parte ricorrente lamenta che la decisione impugnata sia stata assunta in palese violazione di legge, in quanto gli immobili ERP, oggetto dell’avviso di accertamento ICI, sono stati realizzati dall’ATER su terreni di proprietà del comune stesso, da concedere ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 35 in diritto di superficie all’Azienda, per i quali successivamente alla delibera comunale di concessione all’Ente, istituzionalmente affidatario del compito di realizzare gli immobili di ERP destinati all’assistenza alloggiativa pubblica, non è mai stata stipulata la convenzione tra il Comune concedente e l’ATER, indispensabile L. n. 865 del 1971, ex art. 35 alla costituzione in favore di quest’ultimo del diritto di superficie sulle aree oggetto delle edificazioni di ERP, anche ai sensi del più generale disposto dell’art. 1350 c.p.c., n. 2, (per il quale occorre lo scritto ad substantiam, a pena di nullità, per i contratti che costituiscono diritti di superficie) rispetto al quale la L. n. 865 del 1971, art. 35 costituisce una specifica applicazione. Con la conseguenza che in mancanza di una convenzione non si è mai costituito il diritto di superficie sull’area di edificazione.

2.1. La censura è infondata per le considerazioni che seguono.

a) Parte ricorrente si duole che il giudice di appello abbia ravvisato la sussistenza del presupposto dell’imposta ritenendo essa Azienda soggetto passivo, come titolare del diritto reale previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 3 perchè divenuto superficiario dei terreni e con essi dei fabbricati ivi edificati, e ciò senza che fosse stato costituito con atto scritto un diritto reale di superficie.

Precisa in ricorso che gli immobili sono stati realizzati dall’ATER della Provincia di Roma su terreni di proprietà del Comune stesso, da concedere ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 35 in diritto di superficie all’Azienda, per i quali, successivamente alla delibera comunale di concessione all’Ente, istituzionalmente affidatario del compito di realizzare gli immobili E.R.P. destinati all’assistenza alloggiativa pubblica, non è mai stata stipulata la convenzione tra il Comune concedente e l’ATER indispensabile L. n. 865 del 1971, ex art. 35 alla costituzione in favore di quest’ultimo del diritto di superficie sulle aree oggetto delle edificazioni di ERP, anche ai sensi dell’art. 1350 c.c., n. 2.

Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, stabilisce all’art. 1 che presupposto dell’imposta comunale sugli immobili è il possesso di fabbricati e di aree fabbricabili siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ed all’art. 3 che soggetti passivi dell’imposta sono il proprietario degli immobili, ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nella concessione di aree espropriate dai Comuni (o in nome e per conto dei comuni) per la realizzazione di programmi di edilizia residenziale pubblica, in base alla L. 18 aprile 1962, n. 167, art. 10 come sostituito dalla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35 l’ente territoriale concede il diritto di superficie per la costruzione di case di tipo economico popolare e dei relativi servizi urbani.

Ne consegue che nello schema tipico della concessione di aree ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 35 che è incontroverso essere intervenuta fra il Comune e lo IACP (poi ATER), sussiste l’attribuzione del diritto di superficie, ovvero di facoltà riconducibili al diritto di superficie, sulle aree su cui il concessionario costruisce gli alloggi di edilizia economica e popolare.

c) Ebbene deve rilevarsi che in tema di ICI la concessione ad una Azienda, istituzionalmente affidataria del compito di realizzare immobili destinati all’assistenza alloggiativa pubblica, di aree comunali per la realizzazione di programmi di edilizia residenziale, attribuisce, di per sè, all’Azienda medesima, il diritto di superficie ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 35, sulle aree sulle quali la concessionaria costruisce gli alloggi di edilizia economica e popolare, e rende, quindi, quest’ultima soggetto passivo dell’imposta del D.Lgs. n. 504 del 1992 e art. 3 (Cass. n. 15447/10). Ed invero, contrariamente all’assunto della ricorrente, non occorre, a tal fine, un ulteriore atto costitutivo del diritto di superficie, da redigersi in forma scritta, ai sensi dell’art. 1350 cod. civ.. Va considerato, infatti, al riguardo che una volta realizzati gli immobili da destinare ad alloggi economici e popolari, essi non tornano in disponibilità del comune concedente, ma restano in proprietà dell’ATER che li ha edificati, fino al momento della traslazione definitiva del diritto dominicale in favore dei singoli acquirenti (Cass. n. 6763 del 2010). Ne consegue che non può certo configurarsi, nella vicenda in esame, il conferimento da parte del Comune concedente di un mero diritto personale di godimento a favore dell’Azienda in questione (Cfr. Cass. 22757 del 2004, Cass. n. 24498 del 2009, Cass. n. 15447 del 2010, Cass. 7349 del 2012, Cass. n. 4683 del 2012, Cass. n. 3512 del 2012), ma piuttosto la costituzione di un diritto reale di superficie dal quale consegue, pertanto, l’acquisto a favore dell’ATER, a norma dell’art. 952 cod. civ., della proprietà dell’immobile costruito sull’area concessa in superficie.

d)Questa Corte ha, infatti, affermato che: “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la concessione all’IACP di aree espropriate dai comuni per la realizzazione di programmi di edilizia residenziale pubblica ai sensi della L. n. 167 del 1962, art. 10 come sostituito dalla L. n. 865 del 1971, art. 35 attribuisce al medesimo IACP il diritto di superficie, ovvero le facoltà ad esso riconducibili, sulle aree su cui il concessionario costruisce gli alloggi di edilizia economica e popolare, e rende, quindi, quest’ultimo soggetto passivo dell’imposta, D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 3 non occorrendo, a tale fine, un ulteriore atto costitutivo del diritto di superficie, in quanto l’incontro delle volontà dei due soggetti rileva su un diverso piano” (Cass. n. 15447 del 2010).

3.Con il secondo motivo, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Illegittimità delle sanzioni applicate. Per violazione e mancata applicazione della causa di non punibilità di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2 e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3”, atteso che la CTR ha immotivatamente omesso di rilevare la illegittimità dell’atto impositivo del Comune di Grottaferrata in ragione della mancata applicazione da parte dello stesso comune della causa di non punibilità di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 in conseguenza della quale l’inadempimento tributario dell’ATER non avrebbe potuto e dovuto essere sanzionato con l’applicazione delle maggiorazioni previste dalle norme ordinarie in materia per omesso o ritardato pagamento dell’imposta.

Parte ricorrente deduce di avere sempre ritenuto, in mancanza di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, di non essere ricompresa tra i soggetti passivi ICI, in assenza della titolarità di un diritto reale, ai sensi della L. n. 504 del 1992, artt. 1 e 3.

4.Con il terzo motivo, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “(art. 360, n. 5) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, costituito in particolare dalla contraddittorietà palese, rilevabile nella motivazioni della sentenza di appello, tra il richiamo in esse contenuto alla modificazione dell’orientamento della giurisprudenza della cassazione sul punto principale di diritto oggetto del giudizio avanti le commissione tributarie dei due gradi di merito, quale motivazione principale dell’accoglimento dell’appello del comune, ed il mancato accoglimento, e/o la mancata pronuncia sul punto ribadito in appello dall’Azienda, del motivo di opposizione agli avvisi costituito dalla mancata applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, che dispone la non applicazione di sanzioni (causa di non punibilità del contribuente inadempiente) nelle ipotesi in cui si sia in presenza di “obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono””. Parte ricorrente lamenta che la contraddittorietà, la illogicità della sentenza di appello risiede appunto nel fatto di non aver valutato che la non univocità della decisioni giudiziali era la causa degli inadempimenti tributari dell’Azienda contribuente ed espressione della obiettiva incertezza interpretativa.

5.I due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per connessione logica, sono infondati, sulla base delle seguenti considerazioni:

a) Va premesso che il terzo motivo di censura è inammissibile, atteso che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass. Sez. 5, n. 21152 del 2014).

b)Quanto alle invocate “obiettive condizioni di incertezza ” si osserva che il potere delle commissioni di disapplicare, quando tali condizioni ricorrano, le sanzioni amministrative per la violazione delle norme tributarie, potere conferito dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, ribadito, con più generale portata, dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, e poi dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, deve ritenersi sussistente, secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui il collegio aderisce, “quando la disciplina normativa si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per l’equivocità del loro contenuto derivante da elementi positivi di confusione” (Cass. n. 11233 del 2001). L’onere di allegare la ricorrenza di tali positivi elementi di confusione, se esistenti, grava sul contribuente (Cass. n. 14476 del 2003, Cass. 6252 del 2003; Cass. n. 22890 del 2006; Cass. n. 7502 del 2009; Cass. n. 3512 del 2012).

Nella specie, parte ricorrente non ha articolato in tale modo il motivo di censura, ossia con riferimento alla sussistenza di elementi normativi positivi di confusione, limitandosi ad argomentare la mancanza di un consolidato indirizzo giurisprudenziale sulla questione.

c)Orbene, contrariamente a quanto affermato in ricorso, per quanto concerne la pretesa obiettiva incertezza della normativa in materia di ICI in relazione al diritto di superficie delle aree da destinare ad edilizia popolare ed economica, va osservato che in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l’incertezza normativa obiettiva, che costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della stessa norma tributaria, ossia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione. Tale attività interpretativa, volta a chiarire il significato della disposizione tributaria, non è, tuttavia, riferibile ad un generico contribuente, nè ai soggetti capaci di un’interpretazione qualificata e tanto meno all’Ufficio finanziario, bensì esclusivamente al giudice, in quanto rappresenta l’unico soggetto dell’ordinamento investito del potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione normativa (Cass. n. 24670 del 2007).

d)Con riferimento al caso di specie, deve rilevarsi che in ordine al significato da attribuirsi alle norme (L. n. 504 del 1992, artt. 1 e 3) in materia di assoggettabilità ad ICI dei suoli comunali concessi in superficie ad aziende o istituti, per la realizzazione di immobili di edilizia economica e popolare, non può ritenersi sussistente alcuna incertezza interpretativa, nè può assumere genericamente rilievo il fatto che la giurisprudenza di legittimità non avesse ancora affrontato la questione, circostanza che non risponde al vero, atteso che si era già formato un indirizzo consolidato della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 6809/99, Cass. 7273/99, Cass. 5802/99, Cass. 10137/00, Cass. 18062/02), in punto di atteso che si era già formato un indirizzo consolidato della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 6809/99, Cass. 7273/99, Cass. 5802/99, Cass. 10137/00, Cass. 18062/02), in punto di determinazione dei presupposti di applicabilità del tributo ed individuazione dei soggetti passivi, in epoca ben precedente all’annualità di imposta in discussione (anno 2004).

Ne discende, dunque, che la normativa in parola non poteva considerarsi oggettivamente incerta, nel senso suindicato, ai fini dell’applicabilità dell’esimente di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6.

6. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso proposto dall’ATER deve essere rigettato, con conseguente condanna dell’Azienda ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della parte controricorrente, liquidate come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso, condanna la parte soccombente alla rifusione delle spese di lite a favore della parte controricorrente che liquida in complessivi Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2017

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