Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21222 del 20/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 20/10/2016, (ud. 22/04/2016, dep. 20/10/2016), n.21222

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7005/2013 proposto da:

EUROPAM SRL, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore Presidente del C.d.A. Dott. C.M., elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio

dell’avvocato LUCIO NICOLAIS, che la rappresenta e difende giusta

procura in calce al ricorso;

ricorrente –

contro

L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

ANTONELLI 50, presso lo studio dell’avvocato FRANCO COSENZA, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati GUALTIERO GERRA,

SALVATORE CALTABIANO giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 514/2012 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 02/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito l’Avvocato GIULIA NICOLAIS per delega;

udito l’Avvocato ALESSANDRO LEPORE per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.A. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Piacenza la OPAM OIL S.p.A. (ora EUROPAM s.r.l.) chiedendo la risoluzione del contratto di locazione, sottoscritto dalle parti il (OMISSIS), per inadempimento della società conduttrice e la condanna della stessa al risarcimento dei danni, deducendo che la convenuta non aveva eseguito le prestazioni contrattualmente poste a suo carico relative all’ammodernamento dell’impianto di carburanti sito sull’immobile di proprietà dell’attore.

Costituitasi in giudizio, la società convenuta, nel contestare la domanda, chiedeva in via riconvenzionale la condanna del L. al risarcimento dei danni, previa risoluzione del contratto per inadempimento del locatore, il quale non aveva consentito il posizionamento nella sua proprietà di un palo della linea elettrica, impedendo così la realizzazione delle opere da parte della conduttrice.

Il tribunale adito respingeva la domanda attorea e, in accoglimento della riconvenzionale, dichiarava risolto il contratto di locazione per inadempimento del locatore, condannando il L. al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 121.000,00; riconosceva in favore di quest’ultimo l’importo di Euro 15.493,79 in virtù del mancato preavviso di recesso nonchè la somma di Euro 11.090,00 a titolo di risarcimento dei danni per costi di ripristino del piazzale dell’area locata.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 2 agosto 2012, in accoglimento del gravame proposto dal L., dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della società conduttrice, con conseguente caducazione della statuizione della sentenza di primo grado di condanna del L. al risarcimento del danno. Condannava la società EUROPAM al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Contro la tale decisione la EUROPAM s.r.l. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso L.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la EUROPAM s.r.l. denuncia “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3), per quanto attiene all’art. 1375 c.c. e art. 1575 c.c., comma 1, n. 2), (in relazione all’art. 1 del contratto di locazione ad uso commerciale (OMISSIS))”.

Deduce la ricorrente che la corte territoriale, nel dichiarare la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della società conduttrice, non aveva tenuto conto del fatto che il L. si oppose sin dall’inizio alla posa del palo dell’energia elettrica nella sua proprietà, impedendo così di fatto l’inizio dei lavori di miglioramento dell’impianto previsti dal contratto; per contro, la conduttrice si era attivata per adempiere ai propri obblighi contrattuali, richiedendo tempestivamente all’autorità comunale l’autorizzazione alla esecuzione dei lavori.

Con il secondo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3), con riferimento agli artt. 1581 e 1587 c.c.”.

Sostiene la ricorrente che la corte territoriale aveva errato nel ritenere che vi fosse stato un inadempimento di EUROPAM s.r.l. precedente rispetto all’inadempimento del L., nonostante la società conduttrice avesse correttamente adempiuto ai propri obblighi contrattuali con diligenza e si fosse attivata per risolvere i problemi insorti.

2. I due motivi, involgenti entrambi l’imputabilità dell’inadempimento, vanno esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati.

La corte territoriale ha evidenziato come l’art. 1 del contratto di locazione intercorso tra le parti prevedesse uno specifico obbligo di migliorie a carico della conduttrice, che si risolveva nel formulare idonea richiesta al Comune per le autorizzazioni necessarie entro la data del (OMISSIS) e nel consequenziale impegno a realizzare, entro 60 giorni dal rilascio delle autorizzazioni, le migliorie dettagliatamente indicate in contratto. Tanto premesso, i giudici di merito hanno rilevato che la domanda di concessione edilizia venne presentata solo il (OMISSIS), per difficoltà burocratiche (come indicato nella missiva che faceva seguito alla diffida del L.), mentre, nonostante il rilascio della concessione edilizia il (OMISSIS), la conduttrice non ebbe a rispettare il termine di 60 giorni previsto in contratto per la realizzazione delle migliorie.

Conseguentemente, la corte di appello ha fatto risalire alla fine del (OMISSIS) l’inadempimento della conduttrice, reputando ininfluenti ai fini della decisione le vicende successive alla già avvenuta risoluzione del contratto.

Le argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata, sopra sinteticamente riassunte, sono censurate dalla ricorrente con i richiamati motivi che, pur prospettando violazione o falsa applicazione di legge, si risolvono nella deduzione di vizi di motivazione, sulla base di una diversa lettura delle risultanze processuali così come accertate e ricostruite dalla corte di merito.

E’ principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360 c.p.c., n. 5, non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, sia pur sotto il profilo formale della violazione di legge – come auspicato, nella specie, dalla ricorrente consentendo alla Corte, di converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica – delle valutazioni compiute dal giudice del merito, al quale soltanto spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione.

Nella specie, la corte territoriale, con decisione congruamente motivata, insindacabile in sede di legittimità, ha accertato che la condotta della società conduttrice integrava inadempimento del contratto di locazione, di modo che l’intervenuta risoluzione del contratto rendeva giuridicamente irrilevanti le vicende successivamente verificatesi.

3. Con il terzo motivo si denuncia “violazione/falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3), con riferimento all’art. 116 c.p.c., in ordine alla valutazione delle prove acquisite”.

Deduce la ricorrente che le prove testimoniali assunte in primo grado avevano dimostrato che l’unico inadempimento contrattuale ravvisabile era da ascrivere alla condotta ostruzionistica del L..

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, avendo omesso la ricorrente di trascrivere il contenuto delle prove testimoniali che assume non valutate o erroneamente valutate.

4. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la ricorrente è tenuta al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 7.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 22 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2016

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