Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2122 del 29/01/2010

Cassazione civile sez. I, 29/01/2010, (ud. 14/10/2009, dep. 29/01/2010), n.2122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25506/2004 proposto da:

D.M.R. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ATTILIO FRIGGERI 106, presso l’avvocato TAMPONI MICHELE,

che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA U.S.L. N. (OMISSIS) DI SASSARI (c.f. (OMISSIS)), in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALESSANDRIA 26, presso l’avvocato CIFARIELLO ANDREA, rappresentata e

difesa dall’avvocato PORCU SALVATORE, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 295/2004 della SEZ. DIST. di SASSARI – CORTE

D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 14/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/10/2009 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato MICHELE TAMPONI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso,

previa correzione della motivazione della sentenza impugnata e

compensazione delle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Sassari con sentenza del 30 ottobre 2000 rigettava la domanda del Dott. D.M.R., già dipendente della USL (OMISSIS) di Tempio Pausania, con la qualifica di primario di laboratorio presso il locale ospedale (OMISSIS), che aveva partecipato ad un concorso indetto dalla USL (OMISSIS) di Sassari per la copertura del posto vacante di primario del primo laboratorio di analisi chimico – cliniche e microbiologia, risultandone vincitore e prendendo servizio nella nuova sede il 29 dicembre 1988; e che tuttavia aveva successivamente perduto oltre che il primo incarico anche quest’ultimo posto presso la USL (OMISSIS) perchè il Consiglio di Stato, con sentenza del 20 novembre 1992, su ricorso di altro candidato, aveva annullato il concorso. Riteneva infatti che quest’ultima Azienda, di cui il professionista aveva chiesto la condanna al risarcimento del danno, non era incorsa in alcun illecito, nè contrattuale nè extracontrattuale, perchè i riflessi negativi sul piano patrimoniale e morale lamentati dall’attore erano collegabili al mancato soddisfacimento di aspettative di mero fatto circa il buon esito della partecipazione ad un concorso o ad una selezione pubblici.

L’impugnazione del D. è stata respinta dalla Corte di appello di Cagliari, sez. dist. di Sassari, con sentenza del 14 maggio 2004, la quale ha osservato: a) che nel caso non era stato violato alcun diritto soggettivo di quest’ultimo e d’altra parte i diritti tutelabili ex art. 2043 c.c., nella ipotesi di lesione di interessi legittimi erano unicamente quelle primari attinenti al bene della vita; b) che in ogni caso l’azione risarcitoria nei confronti della p.a. postula atti o comportamenti di quest’ultima non soltanto illegittimi, ma anche illeciti; per cui, gli errori dalla stessa commessi nella conduzione di un concorso non potevano perciò solo tradursi in una condotta illecita della stessa lesiva di diritti soggettivi del professionista, che peraltro aveva lasciato liberamente il precedente incarico; c) che la sola posizione giuridica protetta era quella del candidato che aveva fatto ricorso al giudice amministrativo ed era stato ingiustamente privato del posto.

Per la cassazione della sentenza il Dott. D. ha proposto ricorso per due motivi, cui resiste la USL (OMISSIS) con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il Dott. D., deducendo violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., censura la sentenza impugnata per avere addebitato ad esso ricorrente la mancata conservazione del precedente posto di lavoro (presso la USL di Tempio Pausania), peraltro negando che costituisse un bene della vita, senza considerare che le norme sull’impiego pubblico richiedevano che egli si dimettesse dal precedente incarico per ricoprire quello nuovo, cui aspirava; e che egli, all’atto delle dimissioni aveva il buon diritto di confidare nella regolarità della procedura concorsuale, invece annullata non già per fatti ad esso imputabili, ma esclusivamente per errori procedurali e valutativi commessi dalla USL. Si duole altresì che la Corte di appello si sia limitata a ribadire le considerazioni dei primi giudici, omettendo di esaminare le proprie doglianze e di considerare che egli era titolare di preesistenti diritti soggettivi (durante il precedente impiego), che non sarebbero stati lesi ove non fossero intervenute le illegittime deliberazioni della USL di Sassari.

Con il secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 2043 c.c., si duole che la Corte territoriale sia pervenuta alla conclusione che egli non fosse titolare nè di diritti soggettivi, nè di interessi legittimi, malgrado dopo le note decisioni del 1999 delle Sezioni Unite, la responsabilità della p.a. sia ravvisabile per qualsiasi lesione di interessi giuridicamente rilevanti a prescindere dalla qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto danneggiato, purchè risulti leso l’interesse al bene della vita al quale gli stessi si correlano, e che nella specie era costituito dalla titolarità del posto in precedenza ricoperto. Addebita alla sentenza impugnata di avere in tal modo disconosciuto l’interesse del cittadino all’osservanza da parte della P.A. delle norme che disciplinano l’attività amministrativa relativamente ai concorsi per l’accesso ai pubblici uffici, nonchè al rispetto delle relative norme di condotta ed all’applicazione delle regole di correttezza, imparzialità e buona amministrazione;e quello proprio sia in ordine al trasferimento in esito ad un giusto e corretto procedimento amministrativo, sia in merito alla conservazione del precedente impiego; oltre alle numerose e rilevanti illegittimità riscontrate dal Consiglio di Stato, ai fini della piena configurabilità dell’illecito denunciato.

Il ricorso è infondato, pur se va corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la motivazione con cui la Corte di appello ha respinto analoghe doglianze formulate dal ricorrente contro la decisione sfavorevole emessa dai primi giudici.

Il ricorrente, infatti, incorre in una evidente confusione concettuale tra vicende giuridiche distinte e destinate a restare tali sul piano della fenomenologia giuridica, quali l’originario rapporto di lavoro intercorrente con la USL n. (OMISSIS) presso la quale ricopriva il ruolo di primario di laboratorio dell’Ospedale (OMISSIS) e la nuova funzione di primario del 1^ laboratorio di analisi chimico – cliniche e microbiologia presso una diversa U.S.L. – quella n. (OMISSIS) di Sassari – cui egli aspirava, avendo detta Azienda con Delib. 23 marzo 1988, n. 421, messo il posto a concorsole presso la quale si era trasferito, dopo essere risultato vincitore del concorso, prendendo servizio il 29 dicembre 1988.

Ora è indubbio che il Dott. D. avesse un diritto soggettivo perfetto al posto di lavoro ove aveva prestato servizio fino a tale data, alla qualifica rivestitaci mantenimento dei medesimi, e quindi a percepire la relativa retribuzione;ma detto diritto sussisteva esclusivamente nei confronti dell’amministrazione originaria datrice di lavoro – USL n. (OMISSIS) di Tempio Pausania – contro i cui provvedimenti pregiudizievoli egli avrebbe avuto un interesse (c.d. oppositivo) rivolto al mantenimento ed alla conservazione di ciascuno di siffatti diritti; per cui se detta USL avesse adottato un provvedimento illegittimo, lesivo di taluno di detti diritti, quali quello di sospensione dall’impiego, di licenziamento, di trasferimento, di soppressione del posto, poi annullato dal giudice amministrativo, avrebbe trovato applicazione il principio invocato dallo stesso secondo il quale la accertata illegittimità della condotta tenuta da detta USL ne comportava automaticamente l’obbligo al risarcimento del pregiudizio cagionatogli per avere leso l’interesse alla conservazione del bene suddetto (il posto ricoperto) con tutte le situazioni di vantaggio derivanti.

Ma nel caso, tanto la sentenza impugnata, quanto il D. hanno escluso la ricorrenza di taluna di queste situazioni, avendo riferito che era stato lo stesso professionista a chiedere il trasferimento presso la USL (OMISSIS) di Sassari, a partecipare al concorso di cui si è detto ed a prendere servizio in data 29 dicembre 1988 presso la nuova sede;per cui la Corte territoriale ha rettamente concluso che mancava il nesso di causalità tra la perdita del precedente incarico da lui svolto ed il comportamento di ciascuna delle USL presso cui lo stesso ha prestato servizio:da intendersi, come è noto, non già quale sussistenza di un qualsiasi generico rapporto di dipendenza o di semplice occasionalità, come mostra di ritenere il ricorrente, bensì quale relazione rispondente ad un criterio di adeguatezza obbiettiva o di regolarità o tipicità causale, nel senso che riguardo ad un dato effetto si considera causa efficiente solo quella – pur se indiretta o mediata – dalla quale, in ordine di consequenzialità, esso di regola deriva.

In tali termini nessun nesso eziologico poteva configurarsi con comportamenti della USL (OMISSIS) di Tempio Pausania, neppure prospettati dal ricorrente, che peraltro nessun addebito le ha mai mosso; e neppure – ed a maggior ragione – con la condotta della USL (OMISSIS) di Sassari, che essendo ad esso estranea non poteva interferire – e non ha di fatto interferito in alcun modo – sul rapporto di impiego tra costui e l’altra Azienda sanitaria: essendosi la stessa limitata dapprima ad adottare la Delib. n. 421 del 1988, per la copertura di un posto vacante di primario del laboratorio di analisi chimico – cliniche e microbiologia presso le proprie strutture e successivamente ad espletare il relativo concorso, nonchè ad accogliere la domanda di trasferimento presso la propria struttura avanzata dal ricorrente, senza che nessuno di detti atti abbia avuto una qualche attitudine ad incidere sulla perdita del precedente impiego: “abbandonato” invece dallo stesso professionista, come egli ha finito per riconoscere nel ricorso (pag. 15) “per il ragionevole e legittimo convincimento che la USL (OMISSIS) avesse ritualmente svolto il procedimento concorsuale”, e quindi, come osservato dalla sentenza impugnata, per una scelta discrezionale dello stesso professionista (quali che ne siano stati i motivi) e non in seguito ad atti o provvedimenti autoritativi provenienti dall’Azienda controricorrente.

La condotta di quest’ultima, ha inciso, invece, sul concorso di primario presso le proprie strutture dalla stessa espletato per essere incorsa nelle irregolarità definitivamente accertate dal giudice amministrativo, che in conseguenza di esse ne ha disposto l’annullamento, e perciò ledendo l’aspettativa del Dott. D. (non già al mantenimento del precedente posto, bensì) al regolare svolgimento di detto procedimento concorsuale, nonchè al conseguimento del nuovo incarico. Con la conseguenza che per il principio della causalità materiale regolato dagli artt. 40 e 41 c.p., la responsabilità della USL (OMISSIS) è astrattamente configurabile non già per la cessazione dal precedente incarico, cui detta Azienda è rimasta estranea, ma per aver causato l’annullamento del concorso di primario bandito con la menzionata Delib. n. 421 del 1988, ed in tal modo pregiudicato l’interesse tutelato del professionista, che è soltanto quello a ricoprire il nuovo incarico da lui privilegiato in luogo di quello svolto alle dipendenze della USL (OMISSIS).

A tal fine numerose decisioni di questa Corte, ormai lontane nel tempo, hanno riconosciuto ai partecipanti ad un concorso (o ad una gara) una posizione di mero interesse legittimo al suo regolare svolgimento nonchè alla sua conclusione per la scelta del contraente privato ed enunciato il principio nelle variegate fattispecie in cui uno o più atti della procedura concorsuale siano stati annullati dal giudice amministrativo, pur se l’amministrazione non abbia provveduto a rinnovarli, omettendo comunque di portare a compimento la gara o il concorso, che il giudicato amministrativo di annullamento non ha il potere di modificare nè di ampliare la consistenza della situazione soggettiva fatta valere in giudizio che rimane di interesse legittimo quando era tale prima del giudizio di annullamento; per cui in questa ottica si escludeva che potesse determinare responsabilità precontrattuale o extracontrattuale il comportamento dell’ente pubblico che, banditi l’uno o l’altra, prima del loro espletamento o della loro conclusione e, quindi, della individuazione del concorrente vincitore, avesse proceduto alla soppressione del concorso o della gara, ovvero se l’uno o l’altra fossero stati annullati dal giudice amministrativo.

Quest’orientamento è mutato a seguito delle note sentenze 500 e 501/1999 delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali hanno introdotto la tutela risarcitoria anche in caso di lesione di interessi legittimi, affermando che ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana in capo all’autore di un fatto lesivo di interessi giuridicamente rilevanti non assume rilievo determinante la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto danneggiato, poichè la tutela risarcitoria è assicurata solo in relazione alla ingiustizia del danno, che costituisce fattispecie autonoma, contrassegnata dalla lesione di un interesse giuridicamente rilevante”. Ed hanno quindi ritenuto ammissibile la risarcibilità degli interessi legittimi quante volte risulti leso, per effetto dell’attività illegittima e colpevole della p.a., l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla, e sempre che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo.

Ma il nuovo corso non ha introdotto affatto una equazione in forza della quale il giudice ordinario tutte le volte in cui riscontri la presenza di una posizione di interesse legittimo in capo al privato debba procedere automaticamente ed indiscriminatamente al risarcimento del danno che il privato assuma essergli stato provocato dalla P.A., in quanto la sussistenza di una situazione in tal senso qualificata è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., per la quale occorre anzitutto che l’interesse legittimo sia stato leso da un provvedimento ovvero da un comportamento illegittimo dell’amministrazione, e quindi attraverso l’esplicazione illegittima e colpevole della funzione amministrativa. Ed è necessario, altresì, che l’attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione al bene della vita al quale l’interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento (Cass. sez. un. 22 06/2005; Cons. St. Ad. plen. 7/2005).

Quanto a quest’ultimo, è stata ribadita la tradizionale divisione tra interessi oppositivi ed interessi pretensivi che, benchè in eguale modo meritevoli di tutela, determinano, come espressamente chiarito nella motivazione delle menzionate decisioni, una diversa tecnica di accertamento della esistenza della lesione secondo un principio che, per gli interessi legittimi oppositivi, riconosce il danno ingiusto nella lesione dell’interesse alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio, prodotta dall’illegittimo esercizio del potere pubblico; e, per gli interessi pretensivi, in una lesione che concretandosi gli stessi m una istanza di sviluppo frustrata dal diniego o ingiustificato ritardo del provvedimento richiesto, presuppone un giudizio prognostico sulla fondatezza o meno della istanza, in funzione della esigenza di accertare se il pretendente fosse titolare non già di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, ma di una situazione soggettiva di oggettivo affidamento circa la sua favorevole conclusione: e, cioè, di una situazione che, secondo la disciplina applicabile, era destinata, secondo un criterio di normalità, ad un esito favorevole e, ancorchè non acquisita alla sfera soggettiva del soggetto, doveva considerarsi, quindi, giuridicamente protetta (Cass. 2771/2007; 2705/2007).

Nel caso, l’odierno ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno, subito per l’annullamento del concorso nel quale era risultato vincitore, allegando che esso aveva provocato la perdita del posto di lavoro; e deducendo l’illegittimità non del provvedimento che lo aveva provocato, ma del comportamento dell’amministrazione nello svolgimento del concorso, in relazione al quale si duole che i giudici di merito non abbiano esaminato questo punto, indicato come decisivo, perchè, secondo il suo assunto, sufficiente a fondare la domanda.

Sennonchè, la lesione da lui lamentata concerne un interesse tipicamente pretensivo, quale è quello all’attribuzione dell’incarico di primario, e più in generale del nuovo posto di lavoro, che egli poteva ottenere con il regolare svolgimento del concorso, e sul punto la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso che la lesione degli interessi pretensivi va accertata per mezzo del giudizio prognostico di cui si è appena detto, da condurre in base alla normativa applicabile, circa la fondatezza o meno della richiesta di parte onde stabilire se la parte fosse titolare di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, o di una situazione che, secondo un criterio di normalità, era destinata ad un esito favorevole (8097/2 006; 7228/2006, – 2705/2005; 19570/2003).

Ne consegue che, all’opposto di quanto pretende con il ricorso, il punto dell’illegittimità del comportamento della USL (OMISSIS) non era da solo decisivo per l’accoglimento della domanda di risarcimento, avendo il D. l’onere che nè dalla sentenza nè dal ricorso risulta mai assolto – di allegare e provare che egli si trovava in una situazione soggettiva destinata, secondo un criterio di normalità, ad un esito favorevole del concorso, ove questo si fosse svolto regolarmente. Solo questo elemento – che postula un’approfondita illustrazione delle ragioni dell’annullamento del concorso, e non è dimostrato dalla mera circostanza dell’annullamento per violazione di legge imputabile all’amministrazione, sulla quale il ricorrente fonda tutte le spese difese – avrebbe consentito di istituire un nesso causale tra illegittimità dell’azione amministrativa e mancata attribuzione del secondo incarico con conseguente perdita del posto di lavoro. Laddove il D. non ha mai dubitato che l’incarico suddetto spettasse al Dott. N., che era il concorrente pretermesso che aveva impugnato il bando di concorso ed il suo svolgimento davanti al giudice amministrativo, conseguendone l’annullamento (Cass. 19570/2003 cit.); e non ha contestato le conseguenti conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito (pag. 13 sent.) che l’unica posizione soggettiva lesa nella vicenda fosse quella del candidato suddetto, ingiustamente privato del posto di primario cui in base alla normativa sanitaria ed alla regolamentazione dello specifico concorso, aveva diritto a preferenza del ricorrente (successivamente riammesso nella posizione funzionale originaria di primario di laboratorio di ruolo, sia pure con collocazione in soprannumero: pag. 4); per cui, pur in base a queste considerazioni la decisione impugnata sfavorevole al ricorrente deve essere confermata.

Il Collegio deve osservare per completezza che alla medesima conclusione si perviene collegando il danno prospettato dal ricorrente al mero esercizio illegittimo della funzione pubblica (svolgimento irregolare del concorso) in quanto a prescindere da ogni considerazione in ordine all’individuazione del bene in tal caso tutelato, in applicazione dei principi ripetutamente enunciati da questa Corte, la responsabilità della P.A., ai sensi dell’art. 2043 c.c., non è configurabile sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità dell’azione amministrativa in quanto attività di esecuzione volontaria di un atto amministrativo illegittimo e, quindi, il relativo accertamento non può limitarsi alla constatazione dell’illegittimità dell’atto, giacchè ciò si risolverebbe in una inammissibile presunzione di colpa. L’imputazione della responsabilità, da parte del giudice ordinario che del relativo giudizio sia investito, deve invece avvenire in base ad una più complessa valutazione, estesa all’accertamento della colpa e della connotazione dell’azione amministrativa denunciata come fonte di danno ingiusto, desumibile sia dai principi costituzionali in punto di imparzialità e buon andamento, sia dalle norme di legge ordinaria in punto di celerità, efficienza, efficacia e trasparenza, sia dai principi generali dell’ordinamento, in punto di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza (Cass. 6005/2007; 2705/2007, – 15259/2006; 20358/2005).

Nessuna delle relative violazioni è stata invece prospettata dal ricorrente, il quale ha insistito esclusivamente sulle numerose illegittimità riscontrate dal Consiglio di Stato nello svolgimento del concorso per cui è causa, nella ricordata decisione che ne ha disposto l’annullamento (senza neppure trascriverne il contenuto), dalle stesse traendo l’automatica non consentita conseguenza della sussistenza della “illecita condotta della USL” per averlo indotto non soltanto a presumere che il concorso era stato, invece, ritualmente espletatola anche ad accettare il trasferimento presso detta USL, con conseguente perdita del precedente impiego.

La peculiarità delle questioni trattate, che ha provocato due decisioni difformi da parte del giudice amministrativo, induce il Collegio a dichiarare interamente compensate tra le parti le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2010

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