Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21219 del 02/10/2020

Cassazione civile sez. II, 02/10/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 02/10/2020), n.21219

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20410-2019 proposto da:

C.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO N.

38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI 2020 PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8295/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2020 dal Consigliere GORJAN SERGIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.B. – cittadino del Gambia – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Roma avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’aver lasciato il suo Paese poichè due suoi fratelli furono arrestati in quanto ebbero a partecipare – quali militari – a tentativo di colpo di stato; inoltre anche i suoi genitori furono arrestati per aver criticato l’arresto dei figli.

Il Tribunale romano ha rigettate il ricorso ritenendo non ricorrenti situazioni di persecuzione proprie dell’asilo e nemmeno le condizioni fattuali previste per il riconoscimento degli istituti di protezione invocati.

Avverso il provvedimento del Tribunale il richiedente asilo ha proposto gravame avanti la Corte d’Appello di Roma,che ha rigettato l’impugnazione poichè effettivamente non credibile il racconto dell’appellante e,comunque, la situazione socio-politica interna del Gambia non connotata da violenza diffusa ed indiscriminata verso i civili.

Il C.B. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza resa dalla Corte capitolina articolato su quattro motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, s’è costituito a resistere con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto da C.B. s’appalesa siccome inammissibile.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce omessa pronunzia sul motivo d’appello – punto 5 – afferente la nullità dell’ordinanza emessa dal Tribunale capitolino che rigettava la sua istanza tesa ad ottenere il riconoscimento della protezione umanitaria, relativamente al qual punto di appello alcunchè argomenta la Corte capitolina.

Con la seconda doglianza il ricorrente lamenta nullità della sentenza impugnata per omessa motivazione circa il richiesto riconoscimento della protezione umanitaria,avendo la Corte romana omesso financo di richiamare nella sentenza la formulazione del relativo motivo d’appello.

Con il terzo mezzo d’impugnazione il richiedente asilo deduce violazione di più norme ex D.Lgs. n. 251 del 2007 e D.Lgs. n. 25 del 2008, nonchè vizio di motivazione e travisamento dei fatti, sempre in relazione al mancato accoglimento della protezione umanitaria, poichè la Corte capitolina non ebbe ad esaminare i dati fattuali afferenti la questione introdotti in atti ovvero ad acquisirne ulteriori mediante la necessaria collaborazione istruttoria.

Con la quarta doglianza il ricorrente rileva violazione delle norme D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 e art. 19, posto che la Corte capitolina ha ritenuto non ricorrere alcuna condizione di vulnerabilità in capo suo e ciò contrariamente ai dati fattuali in atti ed insegnamento di questo Supremo Collegio.

I primi due motivi di ricorso per cassazione appaiono correlati al medesimo vizio ossia l’omessa pronunzia sul motivo d’appello attinente alla domanda relativa al riconoscimento della protezione umanitaria, anche se in astratto antitetici.

Difatti se vi è stata omessa pronunzia consegue necessariamente l’omessa motivazione, altrimenti se concorre motivazione manchevole non vi può essere vizio di omessa pronunzia; tuttavia detti vizi possono concorrere laddove la sentenza impugnata non evidenzi con chiarezza se la questione dedotta con il motivo di gravame venne esaminata.

Nella specie, dalla stessa argomentazione critica sviluppata dal ricorrente anche con relazione alle ulteriori ragioni di censura,appare come in effetti il Collegio capitolino ebbe a pronunziare sulla questione proposta nei limiti della specificità del motivo di gravame in concreto svolto dall’appellante.

Difatti, esaminando il motivo d’appello indicato dal ricorrente siccome pretermesso – possibile a questa Corte Suprema trattandosi di denunzia di error in procedendo – s’apprezza come l’argomento critico svolto si compone in richiami legislativi o giurisprudenziali, atti a lumeggiare le situazioni nelle quali in astratto sia doveroso il riconoscimento della protezione umanitaria e l’attivazione della collaborazione istruttoria ed il ricorso a valutazione attenuata dell’onere probatorio, ma non risulta in alcun modo proposta una critica specifica alla statuizione adottata sul punto dal Tribunale.

Di conseguenza, in presenza di motivo di gravame aspecifico e quindi inammissibile non rileva l’omesso rilievo del vizio da parte della Corte d’Appello poichè questo può esser apprezzato in sede di legittimità – Cass. sez. 1 n 2080/01, Cass. sez 1 n 12412/06, Cass. sez. 1 n 22784/18.

Inoltre,come s’apprezza dalla stessa argomentazione critica portata nei motivi successivi di ricorso, in effetti la Corte capitolina ha puntualmente valutato la questione afferente la non credibilità del racconto fatto del richiedente asilo circa le ragioni del suo abbandono del Gambia, nonchè l’attuale situazione – mutata in meglio – socio-politica del Gambia,per concludere che il rientro nel suo Paese non esponeva il C. ad alcun rischio di possibile violazione dei suoi diritti fondamentali.

Dunque da un lato il motivo di gravame svolto appariva affetto dal vizio di genericità e dall’altro le questioni – ancorchè proposte in modo astratto – risultano esaminate dalla Corte capitolina, ancorchè con specifica relazione agli altri motivi di gravame.

La terza ragione d’impugnazione s’appalesa siccome inammissibile poichè, anzitutto, risultano svolti promiscuamente più e tra loro antitetici vizi di legittimità, quindi concorre difetto di specificità, posto che v’è apodittica affermazione di mancato esame di elementi fattuali e giuridici afferenti la domanda di protezione umanitaria senza anche precisare se di dette questioni s’era operato cenno nel motivo di gravame,come dianzi visto in effetti astratto e privo di specificità.

La quarta censura palesa le medesima ragione d’inammissibilità dianzi indicata, posto che il ricorrente lamenta mancata valutazione della sua situazione di vulnerabilità e della incidenza sulla tutela dei suoi diritti umani rappresentata dalla situazione socio-politica in atto nel suo Paese d’origine.

Ma, come dianzi precisato, il ricorrente non ha affatto proposte dette questioni nel suo motivo di gravame e comunque la Corte capitolina ha puntualmente esaminato la situazione interna socio-politica del Gambia per escludere il ricorrere di situazione connotata da violenza diffusa ovvero di una situazione istituzionalizzata di violazione dei diritti fondamentali.

Anzi ha posto in evidenza tutti i progressi in tale campo messi in essere negli ultimi anni, siccome desumibile dai rapporti stilati al riguardo da Organismi internazionali.

In definitiva anche detta censura è inammissibile poichè generica.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione costituita,liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Amministrazione resistente le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello,ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma nell’Adunanza in Camera di Consiglio, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2020

 

 

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